12/11/2014 - Sono passati 53 anni dai tragici giorni di Kindu, prima missione internazionale che l’aeronautica militare, con il personale e i mezzi della 46^ brigata aerea di Pisa, affrontava dopo il secondo conflitto mondiale.

Con quella missione, che cercava di riportare l’ordine nel Congo sconvolto dalla guerra civile, sotto l’egida dell’ONU, cominciavano a concretizzarsi quella serie di interventi di tipo umanitario, oggi genericamente identificati nelle attività di “peace-keeping”. L’aeronautica militare, per l’impegno profuso in quella operazione, senza risparmio di uomini e mezzi, raccolse il plauso internazionale.

In quel fatale 11 novembre 1961, tuttavia, la forza armata pagò un alto prezzo in termini di vite umane: 13 aviatori, equipaggi di due velivoli C-119 della 46^ brigata aerea, furono catturati ed uccisi dai soldati congolesi, che li avevano scambiati per mercenari belgi coinvolti nel conflitto.

La notizia del brutale massacro colse il Paese di sorpresa. I drammatici resoconti, le cronache giornalistiche del raccapricciante massacro fecero inorridire e sussultare la Nazione, che si strinse idealmente alle famiglie dei caduti, in un’incredibile gara di solidarietà.

Per l’aeronautica militare, ricordare l’eccidio di Kindu è sempre motivo di commozione e, al tempo stesso, orgoglio. I 13 aviatori, i primi a cadere in una missione al servizio della comunità internazionale dopo la seconda guerra mondiale, costituiscono ancora oggi un simbolo dell’impegno e del sacrificio che la lotta per la pace richiede.

Fonte: Aeronautica Militare