21/05/2015 - Quasi al centro di Siena si trova un grandissimo giardino, alberi immensi e fiori ovunque; i bambini che giocano spensierati nell'innocenza della loro tenera età. Penso a chissà quanti bambini venivano a giocare tra queste altalene e ora, da adulti, si trovano a lavorare nell'edificio di fronte.
La caserma Bandini è la sede del 186° Reggimento Paracadutisti Folgore e i bambini non potevano scegliere vicinato migliore.
La vita e il lavoro dei parà hanno da sempre un fascino misterioso. Si lanciano dagli aerei, li trovi nelle situazioni più complicate, corrono sotto il sole di mezzogiorno con l'immancabile zaino zavorrato e l'arma. Sono quelli che gridano "Folgore!" e li senti a due isolati di distanza.
Il comandante del Reggimento senese - il colonnello Trubiani - accetta di raccontarmi (e spiegarmi) un po' del "loro mondo", quello che fanno e come vivono.
Comandante, qual è il lavoro del paracadutista e come viene impiegato sul terreno?
"Le unità paracadutisti sono organizzate, equipaggiate ed addestrate per essere immesse nella zona obiettivo mediante aviosbarco effettuato con aviolancio e/o avioassalto, per condurre una operazione avioportata. Ci lanciamo da un aereo o da un elicottero nelle zone dove è richiesto il nostro intervento.
La nostra specialità è considerata una entry force, dunque siamo impiegabili con poco preavviso e in zone in cui nella maggior parte dei casi non sono arrivate ancora altre forze militari.
Lavoriamo per predisposizione naturale in combinazione con l'Aeronautica - senza la quale sarebbe difficoltoso muoversi - e in assetti multinazionali.
Proprio per la peculiarità dei teatri dove operiamo, l'addestramento e la preparazione in Italia devono essere al massimo delle nostre potenzialità.
Fin da subito inizia a delinearsi una chiara linea di impiego di queste unità, un compito non facile quello di aprire nuovi teatri operativi.
L'ignoto fa paura a tutti e lavorare in ambienti in cui l'incognita è il pane quotidiano richiede uno sforzo, non solo fisico ma sopratutto d'animo, per superare timori e limiti e portare a casa il risultato richiesto".
Quali sono dunque le linee guida che il paracadutista segue quando opera in Italia e all'estero?
"Il paracadutista nasce e cresce con uno spirito combattivo, che non vuol dire violento ma vuol dire "tenace", vuol dire credere nel proprio lavoro e portarlo avanti sempre a testa alta.
La versatilità e coesione nei nostri reparti è d'obbligo. Non sapendo in quale parte del mondo sarai paracadutato se non ti adatti non funziona. Gli uomini con cui lavoriamo diventano una seconda famiglia e sopratutto la nostra protezione. La motivazione ci spinge ad essere uniti ed a resistere.
Lo spirito del paracadutista, la sua etica - che lo segue sempre anche quando è in borghese - costituiscono il nerbo di questa specialità.
La disciplina per noi non è cieca obbedienza ma è consapevolezza di affidarsi al proprio comandante e ai nostri compagni per essere guidati. Questo ci migliora costantemente come Soldati e come Uomini.
Lo spirito di corpo e l'iniziativa sono i tratti che ci distinguono.
L’addestramento ci fa paracadutisti, ci tempra per le sfide che dovremo affrontare e superare, ci rende uniti nelle difficoltà amalgamando tutti i capisaldi sopracitati.
Il personale e le loro famiglie sono la più grande delle nostre risorse ed è nostro compito far si che queste non si sentano mai abbandonate. E' parte dello spirito della Brigata non lasciare nessuno indietro, famiglie comprese".
Fare il paracadutista non è cosa per tutti.
I casi sono due: o sei paracadutista perché hai il sangue amaranto e kaki oppure lo diventi a furia di superare i tuoi limiti. Non esistono altri modi.
Tuttavia anche i più fortunati, quelli che per predisposizione naturale sono paracadutisti nell'indole devono superare l'iter richiesto. Numero di brevetto e stelletta si conquistano sul campo.
Come si diventa paracadutisti?
"Iniziamo con il dire che se non superi le varie fasi addestrative, non si diventa paracadutisti.
Per il tipo di lavoro che facciamo sono richiesti degli standard minimi indispensabili e delle capacità di base che sono assimilate tramite vari corsi. Inoltre la formazione mentale del paracadutista e il lavoro di squadra nascono e si sviluppano al reparto.
Il primo modulo è chiamato 'modulo KA': è il primo sbarramento per entrare alla Folgore e dura 8 settimane. Tempra il fisico e - sopratutto - la mente ed inizia a mettere in chiaro come si lavora da noi. Si svolgono attività tra le più diverse: dalle marce zavorrate a quella topografiche, sia diurne che notturne, lavori da solo o in gruppo, a squadre o in quartine in una sorta di progressione di difficoltà. Vieni addestrato al MCM - metodo di combattimento militare - smontaggio armi, mascheramento, BLS (Basic Life Support - tecnica di primo soccorso, ndr) e qualsiasi altra attività utile all'assolvimento del compito richiesto.
Una volta superato il corso - dove si viene valutati continuamente anche con test teorici - si approda al secondo modulo.
Il 'modulo KSP' è il pane del paracadutista. Questo corso prepara il futuro paracadutista al lancio con il paracadute e dura 4 settimane. Vengono insegnate le tecniche per saltare senza problemi dalla carlinga, tecniche di atterraggio (si capisce da soli il perché sono fondamentali) e ovviamente si spiega come risolvere eventuali problemi in volo o malfunzionamenti.
Al termine del corso sono obbligatori tre lanci - con cui si prende l'abilitazione - per il brevetto militare sono obbligatori due ulteriori lanci con zaino rigorosamente zavorrato e arma al seguito.
Se arrivi alla fine il brevetto non te lo toglie nessuno, ti si cuce addosso".
E' tutto intriso di sudore e fatica, qui non si regala nulla a nessuno.
Ho capito che il paracadutista è così: conquista tutto pagando di tasca propria e dove non arriva il singolo arriva il gruppo.
Su queste basi si crea una macchia funzionante in ogni scenario. La versatilità e l'impegno hanno permesso alla Folgore di mettere piede in ogni teatro operativo e in ognuno di essi si è distinta per professionalità, affidabilità e senso del dovere.
Quando la Brigata non è impiegata all'estero si esercita in simulazioni particolarmente realistiche su territorio nazionale. In questo contesto si colloca 'l'esercitazione Mangusta'.
Ogni anno da più di tre decenni, la Mangusta è il test di valutazione della Brigata e dei suoi assetti, mette sotto i riflettori le dottrine, i mezzi e gli uomini per capirne le criticità e migliorarne l'operato.
Due gruppi tattici - interdizione e controinterdizione - completamente dispiegati sul terreno della Maremma toscana devono raggiungere i rispettivi obbiettivi evitando di essere catturati dalla controparte.
Questa simulazione dura circa un paio di settimane ma la programmazione che la precede dura mesi. Questo a sostegno della tesi per la quale alla Folgore non si dà mai nulla per scontato.
Alle esercitazioni sono talvolta invitati ad unirsi unità di paracadutisti stranieri che hanno basi su suolo nazionale, in particolar modo sono da evidenziare le collaborazioni con americani e inglesi.
Durante l'anno - in base alle disponibilità finanziarie del Reggimento - sono programmate esercitazioni multinazionali all'estero, dove si coordinano le attività con gli altri reggimenti paracadutisti nella NATO in ricostruzioni di scenari complessi e realistici.
Attualmente il 186° Reggimento prende parte alla turnazione per la Joint Rapid Response Forces (JRRF) un bacino di capacità e assetti interforze, già esistenti su suolo nazionale, ad alta e altissima prontezza operativa.
Nel mese di novembre 2014 presso il poligono militare di Carpegna, si è svolto un intenso ciclo di attività addestrative per l'approntamento della Folgore al JRRF nazionale.
Oltre alla valutazione a fuoco dei plotoni, di tutte le compagnie fucilieri paracadutisti e del plotone mortai pesanti, particolare attenzione è stata data alle procedure di cooperazione con la 3^ dimensione mediante missioni addestrative di supporto aereo ravvicinato. Queste hanno visto i paracadutisti operare a stretto contatto con gli elicotteri da ricognizione e scorta "Mangusta" del 48° gruppo del 7° reggimento "Vega" dell'aviazione esercito, anch'esso in approntamento per il bacino JRRF nazionale.
Un piccolo dislocamento di paracadutisti è impiegato presso l'Esposizione Mondiale di Milano, dove hanno il compito di garantire sicurezza al personale civile impiegato nei lavori e ai visitatori provenienti da ogni parte del mondo.
Nella quotidianità il Reggimento è fortemente coeso con le istituzioni civili presenti nel comune e nella provincia di Siena.
Gli uomini a partire dagli ufficiali fino alla truppa prendono parte a manifestazioni sportive volte al supporto di associazioni benefiche che hanno sede sul territorio toscano oppure su quello nazionale. Le scolaresche sono invitate a prendere parte ad iniziative di sensibilizzazione promosse dalla Folgore in collaborazioni con associazioni indipendenti, talvolta svolte nel piazzale della caserma stessa.
Il comandante tiene a sottolineare che "le donne e gli uomini del reggimento sono perfettamente integrati nella comunità senese. In momenti dolorosi per la nostra specialità - come il 17 settembre 2009 - abbiamo sentito i cittadini stringersi intorno a noi e ai nostri cari, fatto che non sarà dimenticato. Vediamo molta partecipazione ad ogni manifestazione e ricorrenza che riguarda la caserma. Di questo non passiamo che essere fieri ed orgogliosi".
Mi congedo dal reggimento e rifletto sul fatto che fare il paracadutista non è per tutti. Questi sono uomini che continueranno a vivere con i piedi ancorati a terra, la testa pronta al prossimo lancio e gli occhi rivolti al futuro. Conquisteranno sul campo, con fatica e sudore, ogni vittoria e supereranno insieme ogni sfida che il mondo moderno deciderà di porre loro davanti.
La storia ci insegna che sono destinati a grandi imprese e il futuro è già scritto nel loro DNA fatto di geni amaranto, impeto e ardire.
Denise Serangelo
(nell'ultima foto il col. Trubiani con la squadra vincitrice del trofeo "Fanti dell'Aria" 2014)