24/04/2014 - Quante volte ci è capitato di camminare per strada e di incontrare un carabiniere in divisa, oppure di leggere sul giornale che un giovane carabiniere ha sventato una rapina oppure aiutato un cittadino bisognoso.

A Torino, in una delle vie più conosciute della città a ridosso della cittadella rinascimentale, sorge uno dei complessi più importante per l’Arma.
La Scuola Allievi Carabinieri di Via Cernaia è una istituzione del capoluogo piemontese, riconosciuta da tutti e onorata da molti è il simbolo della storica presenza dell’Arma della città.
In questo istituto secolare si formano i giovani carabinieri di quartiere che quotidianamente intervengono per la protezione dei cittadini.
La Scuola è maestosa con un’architettura prestigiosa che si mimetizza benissimo con le costruzioni adiacenti.
Al comando di questa Scuola così particolare troviamo il colonnello Franco Frasca, uomo dalle straordinarie qualità umane che sembra ricordare con quel sorriso accogliente che il carabiniere non è solo un uomo in divisa ma è soprattutto un cittadino a disposizione di altri cittadini.
La prima cosa che mi dice mi lascia piacevolmente sorpresa: <Quando i bambini vengono a visitare la caserma non credono che anche i carabinieri vanno a scuola, pensano che basti una divisa. Rimangono meravigliati quando vedono dove studiano, i banchi simili ai loro, le lavagne e soprattutto rimangono piacevolmente sorpresi quando dico loro che anche i “miei” allievi devono fare i compiti in classe. E’ un modo per avvicinare il cittadino alla divisa, sembrano sempre così lontane e invece sono come tutti!>

Riflettendoci, nessuno nella quotidianità si sofferma a pensare a cosa vi è dietro la formazione di un carabiniere, non vi è solo la divisa ma vi è un’attenzione ai particolari e soprattutto una straordinaria vicinanza alla gente che li circonda.

Appena entro in caserma vengo accolta con una gentilezza quasi paterna, nonostante nessuno mi conosca mi sorridono e mi salutano, questo mi invoglia a fare domande e a conoscere il mondo – per me un po’ nascosto – dei carabinieri. Sembra che siano nati per far sentire la gente a proprio agio, con un clima cordiale è una disponibilità rarissima da trovare.

<I ragazzi che studiano qui non hanno solo una grande quantità di moduli didattici da apprendere, ma hanno anche le attività prettamente militari. Alcuni non sono giovanissimi e trovano delle difficoltà a tornare sui libri studiando centinaia di pagine di diritto o di storia eppure sono mossi dal desiderio di farcela, di servire il nostro paese stando vicino alla popolazione, aiutandola quando ve ne è più bisogno. Lei signorina quando è in pericolo oppure quando teme per l’incolumità dei suoi amici chi chiama? Il 112 normalmente e i nostri ragazzi sono sempre dietro il telefono pronti a dare aiuto.>

Mentre parla, il colonnello ha un tono orgoglioso di chi la divisa la vede come un dovere e non solo come un lavoro, sorride perché quelli che guida sono uomini e donne da capacità relazionali uniche, che a contatto con la gente ci vogliono e ci devono stare, qui si formano non solo la figura professionale ma anche l’uomo che è dietro la divisa.
Uomini che con la loro sola presenza devono rassicurare i cittadini, devono essere capaci di donare serenità in momenti che spesso di sereno non hanno assolutamente nulla, sono uomini che si trovano a fronteggiare non solo i pericoli che il mestiere comporta ma devono farlo con assoluta serietà e secondo regole prestabilite.

<Vede signorina, quello che ci tengo a far capire è che il carabiniere non è solo un uomo in divisa preparato dal punto di vista professionale. Qui dobbiamo forgiare anche giovani menti.
I carabinieri si devono distinguere per le alte qualità morali, devono essere degli esempi per i cittadini, se per primi infrangiamo le regole anche più sciocche allora non possiamo fare questo mestiere. Noi rappresentiamo non solo lo Stato e la Repubblica ma rappresentiamo un modo di vivere retto, rispettoso degli altrui diritti e soprattutto doveri.
In questa scuola insegniamo prima ad essere uomini e poi carabinieri.>

Quest’ultima frase mi colpisce più di tutto, il tono del colonnello è serio e si vede che le parole che ha pronunciato non sono solo retorica da propinare ai giornalisti.
Formare giovani menti al giorno d’oggi non è compito semplice, formare giovani menti alla legalità e all’altrui sostegno e cosa ancora più ostica, soprattutto per la figura professionale del carabiniere spesso osteggiata e derisa.
Essere parte attiva della società è per questi ragazzi e ragazze motivo di vanto e di fierezza, sapere di esserci nei momenti di difficoltà delle persone e di poter portare loro il conforto e la sicurezza necessari a ritrovare la serenità li sprona in questi 12 mesi di Scuola, una scuola che potremmo definire prima di vita e poi dottrinale.

Il colonnello mi porta a fare un giro per la scuola, la giornata lo permette e nonostante il clima non certo amichevole di Torino riusciamo a concederci una breve uscita nel cortile, qui il comandante mi racconta un’esperienza che l’ha colpito moltissimo, lo si vede da come ne parla orgoglioso: la mini naja che due anni fa ha accolto nella sua scuola.

<Era il mio primo periodo da comandante, un po’ mi preoccupava questa storia della mini naja. Parliamoci chiaramente, era gente che del mondo militare non aveva mai visto nulla e poco conosceva, erano persone giovani ma anche più mature.
Sono arrivati 20 uomini e 30 donne li abbiamo trattati da carabinieri per 3 settimane e devo dire che è stata una grandissima esperienza per tutti noi e soprattutto per loro.
Non è un progetto che dà crediti per entrare nell’Arma o in altre forze armate ma è un grande specchio sul nostro lavoro, hanno visto la giornata canonica del carabiniere, hanno messo mano sui nostri documenti, visto come si redigono e a cosa servono. Ho parlato molto con tutti quanti ed è stato emozionante scoprire tanti giovani con una immensa coscienza civica, pronti a rinunciare ad un po’ della loro normalità quotidiana per scoprire come noi viviamo tutti i giorni della nostra vita.
Hanno soprattutto scoperto che essere un carabiniere non si esaurisce togliendosi la divisa la sera, essere carabiniere è un dovere che coinvolge la tua famiglia, la tua vita privata e le tue scelte: noi non possiamo in nessuno modo contravvenire alle leggi, nemmeno alle più piccole e questo aspetto del nostro lavoro è stato colto a pieno.
Dopo questa parentesi di tre settimane molti hanno deciso di intraprendere strade diverse, chi l’università, chi un lavoro socialmente utile e qualcuno ha capito che la sua vera vocazione era fare il carabiniere – dall’ufficiale al carabiniere di quartiere, è stata una grandissima soddisfazione aver contribuito alla scelta di vita di qualcuno.>

Con questo suo racconto personale il comandante mi trasmette un po’ di quella passione che da sempre fa grande l’arma dei carabinieri in Italia e all’estero.
L’orgoglio e la fierezza con cui insegna a cittadini come diventare carabinieri, rende il colonnello una personale meritevole di stima e apprezzamento.
Continua il suo operato nonostante il momento difficilissimo per la divisa che indossa, nonostante le critiche, i tagli e la presunzione della gente di saper sempre fare meglio di loro, il colonnello Frasca prosegue nella convinzione che formare giovani carabinieri sia prima una questione morale che una questione di libri e diritto.

Mentre mi avvicino alla porta per uscire dalla struttura un giovane carabiniere mi ringrazia per essermi interessata a alla loro scuola e al loro lavoro, sorride e mi dice <Sappia che i carabinieri ci sono sempre!>

Mi congedo dalla mia visita più consapevole di quello che è il lavoro degli uomini in divisa che quotidianamente lottano al nostro fianco per rendere questo paese un posto migliore per tutti.

Denise Serangelo