25/07/2014 - Categoria a lungo desueta nel lessico della politica, gli interessi nazionali sono assurti a nuova vita nelle linee guida del libro bianco, in corso di preparazione, per la sicurezza internazionale e la difesa.
Il ministro della difesa ha designato un gruppo di esperti, che ha acquisito “una grande mole di dati e di elementi conoscitivi”, li ha sottoposti ad analisi preliminare ed ha predisposto le linee guida del libro bianco. Il Nuovo Mille le ha esaminate e, accogliendo la sollecitazione del documento alla partecipazione e al sostegno dei cittadini agli impegni internazionali, esprime, nel merito della proposta politica, la propria valutazione, allo stato necessariamente sintetica ed interlocutoria.
Obiettivo dichiarato delle linee guida è la “strategia di evoluzione dello strumento militare nei prossimi quindici anni”, nel rispetto di tre “pilastri”: l’integrazione europea, la coesione transatlantica, le relazioni globali.
Pilastri o paletti?
La mancata menzione del mare Mediterraneo, bacino di culture e di esigenze nazionali variegate e contigue agli interessi italiani, è casuale o voluta?
E’ ben vero che, in coda alla definizione degli interessi nazionali, viene dichiarata la riserva della “particolare attenzione al vicinato orientale e meridionale dell’Unione Europea fino ai paesi del cosiddetto vicinato esteso”, ma, al momento, la riserva appare timida e circoscritta dalle necessarie opzioni alternative, posto che “l’Italia non sarà in grado di dare risposta autonoma a tutte le future esigenze di sicurezza e difesa”.
Il quesito, che il Nuovo Mille esplicitamente propone all’attenzione del ministro e del gruppo di esperti, riguarda il profilo politico dell’integrazione europea, senza dubbio necessaria, tenendo però a mente la divaricazione degli interessi nazionali che, di recente, si è concretizzata nell’intervento militare in Libia e nella conseguente questione libica.
E’ evidente che il peso politico italiano in sede europea deve aumentare. Troppo a lungo è stata passata la mano alla conduzione di altri paesi e di altri interessi. Ma è altrettanto evidente che tale peso, nella ricerca di nuovi equilibri nel processo di integrazione, non può prescindere da una presenza e da un presidio del mare che nel documento viene affidato, al momento, al mero riconoscimento di contiguità necessarie e alla dichiarata esigenza di tutela della cantieristica navale italiana.
Correttamente il documento non ignora il profilo economico e finanziario delle scelte di investimento militare, per scongiurare l’accusa di velleitarismo, ma, a maggior ragione, il gruppo di esperti dovrà aprirsi alla comunicazione per consentire opportuni livelli di confronto nel corso della preparazione del libro bianco. Anche perché viene altrettanto correttamente precisato nel documento che le “qualità richiedono lo sforzo di generazioni per essere sviluppate, fatte proprie e divenire patrimonio del personale con le stellette, e, una volta perse, lo sono per sempre”.
In questa prospettiva, la strategia di sicurezza nazionale e la credibilità internazionale del sistema-paese richiedono la presenza dell’armamento navale nel mare vicino e meno vicino.
Alessandro Scuro (redattore Nuovo Mille)