04/11/2014 - Il mondo militare, si sa, è da sempre stato sedotto, tradito e abbandonato. Il fascino che suscitano le divise è soggettivo: chi le ama, chi le veste, chi ne rimane indifferente e chi con una naturalezza quasi snervante ne riduce l'esistenza ad una semplice dimostrazione di forza dello Stato.
L’Italia da questo punto di vista vive una situazione ambigua, spesso grottesca, alimentata da politici incompetenti, cittadini confusi e notizie fasulle.
Una parte della popolazione concede ancora, alle divise di questo paese, di avere uno scopo, quale non è dato sapere.
I ruoli delle diverse forze armate e civili si sono in questi ultimi anni sovrapposti e accavallati, così ci siamo trovati con le mimetiche a spalare l'immondizia, la Marina a fare da traghettatori nel Mediterraneo e i Carabinieri che si contendono la giurisdizione con la Polizia di Stato.
In questo marasma un grandissimo occhio di riguardo lo vuole il rispetto delle tradizioni e l'onore ai caduti che ogni guerra ha portato con sé. Ogni anno centinaia sono le cerimonie e le ricorrenze dedicati a chi per salvaguardare gli interessi di questo paese ha pagato in moneta sonante di tasca propria il suo impegno.
Dietro alla faccia del Bel Paese ligia al ricordo e all'onore delle nostre forze armate vi è un lato oscuro che di divise proprio non vuole nemmeno sentir parlare. Sono i contestatori che vedono nello Stato e nei legittimi titolari dell'uso della forza un nemico da sconfiggere, che considerano i militari cittadini di serie B che si sono venduti alle autorità sopprimendo la libertà del libero cittadino.
Tutti buoni a fare gli anarchici finché non ti svaligiano casa, poi si diventa tutti un po' più realisti ed è un'altra storia!
Tuttavia analizzando la questione da vicino si capisce che la colpa di questa totale divergenza di opinione non è solo colpa degli sproloqui di improvvisati analisti ma anche dei vertici delle stesse Forze Armate che, nel corso degli anni, non hanno mai spiegato cosa si cela dietro la loro storia e le loro tradizioni, creando incomprensioni e tensioni tra i due distanti mondi.
Negli ultimi dieci o quindici anni vi è stata un'esemplare apertura del mondo militare verso l'opinione pubblica, peccato che il tutto si sia dissolto in una bolla di sapone quando si è lasciato spaziare la fantasia di noi cittadini su quanto si celasse dietro le tradizioni militari.
Come una nota pubblicità che sosteneva "la libertà è nulla senza il controllo", anche la libertà dei cittadini di capire le Forze Armate è nulla se non vengono spiegate dalle Forze Armate stesse tradizioni e storia.
Recentissimo è il caso del coro - definiamolo "colorito" - che ha visto protagonisti alcuni ex paracadutisti in congedo e alcuni attualmente in servizio, sbalzato dal web e fatto saltare su tv e giornali; la storia ha preso i soliti contorni scontati di un retaggio legato al ventennio della brigata stessa.
Morta nel silenzio delle istituzioni questa vicenda è stata gonfiata dai media nazionali, quando a smontare questa montagna di illazioni sarebbe bastata una nota ufficiale di un qualsiasi addetto stampa che finalmente desse il giusto equilibrio alle cose spiegando che la "bandiera rossa" a cui si fa riferimento è un'allegoria goliardica alla bandiera della fanteria - sempre di colore rosso, come le mostrine della specialità.
La questione dell'Odi et Amo per le forze armate è una situazione molto più complessa di quanto pensabile, costellata di fraintendimenti, luoghi comuni e termini usati a sproposito che hanno portato una frangia corposa della popolazione a pensare che la Difesa e le Forze Armate siano qualcosa di lontano dalla quotidianità e di cui l'Italia può fare a meno.
Ma l'Italia può davvero fare a meno delle sue Forze Armate?
Evitando di scomodare concetti Kantiani e di Politica Internazionale si potrebbe fare un ragionamento molto semplice, le Forze Armate sono essenziali alla vita di un paese perché per loro natura nascono dall'esigenza di arginare una situazione tragica come la Guerra e possono essere utilizzate - con le dovute limitazioni e tutelando la dignità degli uomini con la divisa - sul territorio nazionale per arginare altrettante complesse situazioni talvolta mal gestite dai rami civili preposti.
Fuor di dubbio è l'impagabile apporto che i militari hanno dato durante l'alluvione di Genova; durante il terremoto all'Aquila del 2009 in coordinamento con gli altri organi dello Stato; per mantenere le nostre "Strade Sicure" e per supportare in caso di necessità la popolazione in crisi.
Tutto questo è stato possibile non solo grazie ad un utilizzo preciso e consapevole dei mezzi in dotazione ma sopratutto dall'addestramento intensivo e dalla catena di comando chiara ed efficiente. La reattività immediata e il pronto impiego in ogni parte del mondo e sul territorio nazionale fa dello strumento militare una risorsa preziosa che non possiamo permetterci di perdere ne di abbandonare alla deriva.
Nonostante gli schieramenti presenti siano due e ben distinti tra chi ama le Forze Armate e chi invece vuole vederne minimizzato il ruolo sembra che la linea guida per il nostro paese sia più che chiara: più che portare avanti una politica di investimenti per la Difesa si intende perpetrare una politica di tagli e riduzioni considerando un vero lusso le Forze Armate e il loro utilizzo.
Prima di effettuare tagli ai fondi per le scuole e gli ospedali si pensa di fare economia tagliando gli stanziamenti per il personale e per i mezzi delle Forze Armate ormai ridotti a lavorare in condizioni che nel mondo civile sarebbero ritenute scandalose e sarebbero state oggetto di critiche e scioperi.
L'indotto Difesa senza investimenti rischia di perdere un fatturato di 20 miliardi di euro l'anno e più di 4000 posti di lavoro diretti e circa il doppio per quello indiretto, poche cifre ma significative che portano il nostro paese in una posizione leader nel campo degli armamenti per la Difesa e che premiano gli sforzi della ricerca per migliorare le tecnologie esistenti.
Alla base dell'evidente ostracizzazione della politica militare italiana vi è sicuramente un'incomprensione e sopratutto una paura di ricadere in una spirale militarista e guerrafondaia di cui il nostro paese si è già reso testimone decenni addietro.
La molta confusione nell'esporre le necessità del nostro paese in termini di Sicurezza e Difesa lascia presagire ai non addetti ai lavori che qualcosa di oscuro, complesso e macchinoso si cela dietro l'uso delle forze armate. La trasparenza e la spiegazione lineare di quelli che sono alcuni concetti di base di questo delicato settore sarebbero un buon inizio per tutti.
A differenza di come molti lo dipingono, lo strumento militare e il militare stesso non compiono miracoli per il solo fatto di essere pronti a partire e di saper gestire situazioni complesse.
Ragionando in modo costruttivo ed evitando di scivolare nei luoghi comuni oggigiorno quello che il militare è chiamato a fare non è più solo la vera arte della guerra, ma gli è richiesto un ruolo di portatore di pace, potremmo definirlo uno stabilizzatore d'area che spiana la strada all'intervento diplomatico e umanitario permettendo a questi ultimi di lavorare in sicurezza.
Nessuno allo stato attuale della Storia può garantire la sicurezza di un'intera organizzazione umanitaria e diplomatica disarma e senza protezione in una zona di crisi dove la controparte è armata di pezzi di armi regolari e non.
Nella visione comune chi si occupa di Difesa o veste una divisa è automaticamente un degno supporter delle guerre, delle armi e del piacere di togliere la vita ad un'altro essere umano.
Forse è arrivato il momento, sopratutto oggi, giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate di fermarci a riflettere tutti insieme su cosa davvero voglia dire lavorare in un settore particolare come la Difesa e sopratutto interrogarsi su cosa davvero facciano i militari all'estero per nome e per conto del nostro Paese.
Se è vero che uno sparuto gruppo di militari esaltati da un retaggio militare glorioso sogna la guerra per potersi arricchire facendo il suo mestiere è altrettanto vero che la maggior parte degli uomini che vestono una divisa desiderano migliorare questo mondo come chiunque di noi.
Sono padri e madri di famiglia che hanno aiutato migliaia di bambini, salvato famiglie dal fango e fatto sacrifici che pochi conoscono.
Oggi vogliamo andare oltre le polemiche e le divisioni, oltre i colori politici, gli schieramenti e i giochi di potere. Vogliamo ricordare chi ha dato la vita per riportare a casa i suoi colleghi come il maggiore La Rosa il cui esempio dovrebbe essere insegnato a tutti indistintamente se militari o civili, vogliamo ringraziare chi all'estero rappresenta il nostro tricolore e lo issa orgoglioso sulle sue azioni quotidiane le quali hanno portato la nostra bandiera ad essere simbolo di umanità, coraggio e onore.
Un grazie sentito va a tutti i volontari di truppa, ai sottufficiali e agli ufficiali che in Italia si raccapezzano per fare un lavoro glorioso a testa alta, nonostante tutte le preoccupazioni, i problemi e le angosce che la vita offre a tutti noi.
Oggi vogliamo ringraziare sentitamente tutte le divise d'Italia perché anche se non hanno fatto innamorare tutti gli abitanti del Bel Paese sicuramente fanno battere il cuore di tutti quelli che ancora sono fieri di potersi dire italiani.
Denise Serangelo