29/04/2015 - Gentile direttore, le invio questa mia piccola riflessione sulla misteriosa vicenda comunicativa del Libro Bianco della Difesa, visto che la sua testata ha ripetutamente seguito l’argomento.
A scanso di equivoci affermo la mia condivisione, da osservatore, al tema centrale che in esso si esprime e cioè sulla necessità di una riorganizzazione basata sul principio interforze delle Forze Armate italiane, questo anche in rispetto di una rinnovata politica di razionalizzazione della spesa pubblica in un ottica spinta di efficentamento di tutto l'apparato statale ed una sempre maggiore efficienza dell'organizzazione. Preciso però la posizione del tutto personale che il criterio che dovrebbe guidare questa riorganizzazione dovrebbe essere quello federale, cioè quello che in politica e in economia si concretizzerebbe con il concetto di Unità nel rispetto della Diversità e qui io aggiungerei delle tipicità, di competenze in domini specifici.
La riorganizzazione mai dovrebbe essere lasciata sotto la guida di una o dell'altra parte e comunque mai diretta da un uomo in divisa, come sembrerebbe stia accadendo qui in Italia. Aiuterebbe l'esempio del modello americano che vede nel Segretario della Difesa una figura terza e super partes (il nostro ministro della Difesa), comunque non militare ma coadiuvato dai militari. Questo potrebbe rendere più digeribile a tutti un processo così delicato di cambiamento, perché prescinderebbe dai pesi di forza esercitati dai numeri e dalla presenza fisica presso i palazzi di potere di alcuni colori delle divise militari. Quindi il Ministro è questo lo sforzo che dovrebbe fare, tutelare le minoranze, cosa che le dovrebbe essere naturale per cultura e per coerenza politica. Mi soffermo su questo concetto e ritorno al Libro Bianco, questa volta alla versione che sembrerebbe definitiva pubblicata, anticipando il ministro, sul sito dell’agenzia Public Policy all'indirizzo http://www.publicpolicy.it/libro-bianco-difesa-46546.html
Ho immaginato allora un titolo così: Public Policy e il mistero del Libro Bianco della Difesa. Un Colabrodo alle dipendenze del Ministro!
Potrebbe sembrare uno dei tanti titoli della saga cinematografica di Harry Potter o di Indiana Jones e comunque un titolo dato dai creativi di Hollywood o della Walt Disney e invece è la triste constatazione della dinamica temporale con la quale il documento politico-strategico della Difesa, quello ufficiale, ha fatto la sua comparsa pubblica. Siamo un po' polemici perché in effetti già da tempo, con una discutibile strategia, sono uscite una serie di copie di lavoro o bozze indirizzate agli addetti ai lavori e tra questi ci mettiamo anche noi giornalisti freelance che seguono da vicino e con attenzione questi temi, sempre smentite dal dicastero. Ma perché mettere in giro queste copie (false o specchietti per le allodole), facendo aumentare la confusione fra gli osservatori o gli addetti ai lavori? Ovvio la risposta più immediata è che nella confusione è più facile svincolarsi dalle critiche affermando che il testo di riferimento è un falso, salvo poi verificare che fra tutte queste copie in giro, se ne contano almeno 5 versioni, differenti solo nella grafica ma non nella sostanza.
In questo ambiente illuminato dalle chaff e dai flare, ho scoperto solo il 20 aprile e ne ho avuto la conferma il 21 aprile, ancor prima che si riunisse il Consiglio Supremo di Difesa, che il testo che avevo letto e su cui avevo fatto degli approfondimenti era solo una bozza di lavoro e non il testo originale. E sì perché già la sera del 20 aprile, il Generale, che chiamerò per correttezza, Bond (vedi foto a dx) postava il testo definitivo del Libro Bianco alle ore 22:25:08 e modificava poi il 21 aprile alle ore 14:23:00, sempre molto prima rispetto alla presentazione ufficiale al Presidente della Repubblica e Capo Supremo delle Forze Armate Sergio Mattarella nel corso del Consiglio Supremo di Difesa che si è tenuto intorno alle 15:00.
Verrebbe comunque da esclamare alla morettiana maniera Habemus Papam! Certo se solo si potesse trovare il documento sul sito ufficiale della Difesa. Invece ancora oggi sul sito della Difesa, del Libro Bianco nemmeno l’ombra. Forse il nome Bianco deriva dalla similitudine al bianco dei fantasmi.
Invece sento di commentare che tutto questo è ridicolo e dipinge un modo di operare e di comunicare, tutto italiano, pari a quello di un MinCulPop, con tutti gli aspetti negativi di propaganda.
Inoltre a me sembra anche la fotografia di un ambiente, quello vicino al Ministro della Difesa, tutt'altro che chiaro. Certo, non so se ricordate l'approccio selettivo, chiamiamolo così per essere generosi, usato dal portavoce del ministro che convocò faccia a faccia, singolarmente e separatamente, pochi giorni prima della presentazione ufficiale al Consiglio supremo della Difesa da parte del Ministro, pochissimi, selezionatissimi e fidatissimi giornalisti (liberi?), ai quali affidò l'onorevole messaggio e un estratto delle parti essenziali del Libro Bianco con l'accordo di embargo per tutti fino al 21 aprile dopo l’avvenuta presentazione al Capo dello Stato. Tuttavia qualcosa non funzionò se sul quotidiano Il Foglio, il collega Mario Sechi, bruciò tutti il 19 aprile con un pezzo esclusivo nel quale riportava integralmente il messaggio imposto.
Ora mi pongo una domanda e la pongo anche a lei e ai suoi lettori come provocazione: “la Signora Ministro sa che intorno a se l'ambiente è un colabrodo pieno di buchi, da cui mille rivoli informativi si propagano in ogni direzione?”
La cosa triste è che non stiamo parlando di un ministero qualunque ma di quello della Difesa, di quel dicastero cioè dove la riservatezza dovrebbe essere la caratteristica fondamentale, almeno secondo la mia modesta opinione di osservatore.
Julian Hamilton