04/03/2015 - In un’aula di tribunale la suggestiva ipotesi che si procederà ad argomentare verrebbe rigettata poiché non suffragata dalla norma e mirante a condizionare il collegio giudicante, qui rappresentato dai lettori, tuttavia non trovandoci in tribunale, procederemo ad offrire questa suggestione e con essa una riflessione.

Era il III secolo dopo Cristo quando un declinante Impero Romano vedeva avanzare le premesse del medioevo, il mistero di questo declino è stato ampiamente spiegato da storici, politologi ed economisti, resta tuttavia interessante ricordarlo per poi realizzare il nostro parallelo.

L’Impero Romano dopo Costantino era un mastodonte che andava dalle isole britanniche alla Mesopotamia, questo gigante politico-militare si reggeva di fatto su quattro pilastri: il sistema schiavistico, l’adesione dei vinti alla civiltà romana, una ampia tolleranza religiosa, un esercito efficiente.

Le quattro colonne ideologiche poc'anzi descritte vacillarono dopo circa duecento anni di principato, ma fu l’epoca in esame quella che diede il colpo di grazia alla grandezza imperiale.

Il sistema schiavistico garantiva approvvigionamento di forza lavoro per il sistema agricolo imperiale, che poi era l’industria dell’epoca, nonché la base della civiltà romana, tale manodopera a costo pressoché nullo, grazie ai lunghi periodi di pace ed alla contrazione sensibile delle guerre di conquista andò progressivamente diminuendo vedendo di riflesso l’impoverimento della classe media la cui capacità reddituale era fondata proprio sulla coltivazione di piccoli appezzamenti di terreno grazie all’impiego degli schiavi.

Per quanto attiene al rapporto tra i vinti e la civiltà romana, con il conseguente arruolamento di questi nelle truppe ausiliarie, mal si conciliava con le pressioni migratorie sul limes ed a tale proposito il più grande inganno fu quello fatto dai Visigoti, popolo nomade per necessità provenienti dal Danubio che, a seguito di un accordo con l’imperatore Valente, venne accolto in Mesia (territorio attualmente tra Romania e Bulgari n.d.a.), ma la profonda crisi economica, le lotte inter-tribali e la refrattarietà ai costumi romani determinarono la rivolta dei visigoti che per i successivi duecento anni saranno una delle cause della caduta dell’impero d’occidente e dell’imbarbarimento sociale.

In questa situazione complicata l’avvento del Cristianesimo quale “religione di stato” così come imposto dal pagano Costantino, irrigidì i costumi e determinò una nuova morale che nella censura dei comportamenti poteva assomigliare allo stoicismo, ma per quanto attiene al sistema di valori superava la centralità di Roma in favore di una trascendenza poco incline al principio del si vis pace para bellum.

Quanto all’esercito divenne progressivamente una casta, con oltre mezzo milione di individui, al netto delle truppe alleate.

Questi soldati di Roma, impegnati nella difesa del limes, si stavano progressivamente radicando nel territorio perdendo quello spirito combattivo e quella dimensione sacrale che furono propri delle legioni in epoca repubblicana ed imperiale almeno fino all’epoca degli antonini.

In questa sintesi storica il presente del nostro paese: il giovanissimo stato italiano, poco più che 150enne, può dirsi il frutto di una stratificazione sociale e culturale che a pieno diritto lo rende se non figlio, almeno nipote della Roma imperiale, tale stretta parentela rende possibile la suggestione di cui si è detto e con essa il confronto.

Da circa un biennio le nostre Forze Armate stanno procedendo, in maniera senz'altro encomiabile da un punto di vista umanitario ad un efficiente soccorso marittimo nei confronti delle genti provenienti dal limes italiano del terzo millennio, la sponda sud del mediterraneo più nota come Maghreb.

Proprio il Maghreb ed i postumi delle primavere arabe, fucina di disperati e terroristi, non solo stanno erodendo la sovranità italiana, così come fu per l’antica Roma, ma stanno impoverendo il ruolo delle Forze Armate, sempre meno determinate a condurre azioni belliche in favore di un dual use che predilige sempre più la parte non cinetica delle attività militari.

I “legionari” di oggi, come quelli di ieri stanno progressivamente lasciando il gladioin favore di un radicamento burocratico che progressivamente spersonalizzerà lo strumento militare.

Quanto alla crisi economica oggi è crisi industriale, ieri era crisi agricola, ma con le dovute moderazioni potremmo dire trattarsi del medesimo processo di impoverimento che alla lunga mina la saldezza della classe media.

Sulla religione il nuovo relativismo culturale può dirsi omologo del cristianesimo dei primi tempi, soprattutto in qualità di fenomeno destinato a rompere gli equilibri etico-religiosi della società italiana e privando così la società stessa di quegli anticorpi necessari per contenere l’imperante volontà di dominio degli uomini di ISIS, molto simili ai Visigoti di antica memoria.

Non sappiamo se l’Italia sarà la Mesia del 21° secolo e nemmeno se i paragoni siano adeguati, resta il fatto che le instabilità acuitesi con l’avvento dello stato islamico rischiano di buttare l’Italia intera e con essa il mondo occidentale in un medioevo probabilmente più oscuro di quello che successe all’Impero di Roma.

Andrea Pastore

(immagine di apertura: Ulpiano Checa  "La invasión de los bárbaros")