AICS e “Leopardotto”: le esigenze di ieri, con soluzioni disponibili oggi, dopodomani?

(di Andrea Cucco)
24/11/23

Con una guerra mondiale in corso che non ha ancora minimamente fatto sentire la sua futura portata, il nostro Paese sembra giocare. Gioca con la vita dei militari e gioca con fondi (a debito) che non potremmo permetterci ma che, con l’imminente sfida globale, sono legittimi.

Chiunque abbia indossato una divisa ha giurato di dare la vita per qualcosa di superiore a sè. Dovrà ancora per molto “supplire” con il proprio sangue al solito malcostume nazionale? Lascio ai diretti interessati la risposta interiore, dopo il rituale “ottimo ed abbondante” ufficiale.

Parliamo del nostro Esercito e della sua totale inadeguatezza in termini di mezzi corazzati di fronte ad un conflitto già a bassa intensità.

Non è un’accusa, è la sobria constatazione fatta, oramai tre anni addietro, dall’allora capo di stato maggiore della difesa, generale Vecciarelli, in audizione nelle commissioni difesa dopo la guerra portata a danno degli armeni da parte dei nostri amici, spacciatori di idrocarburi, azeri. È anche l’onestissima ammissione del ministro della difesa Crosetto che, ad inizio anno, affermava: abbiamo forze armate di fatto modellate sul peacekeeping.

In tale ottica passata hanno avuto senso, pur nel disgusto dei pochissimi commentatori cerebralmente indipendenti e della quasi totalità dei muti destinatari finali, le spese per i blindatini vari che – numericamente – hanno ridisegnato la spina dorsale della componente terrestre.

Cosa manca oggi all’Esercito Italiano? Tutto. Con cosa cominciare? Può sembrare una battuta ma non lo è: manca il pugno sul tavolo!

Son terminati i giorni in cui il sangue di decine di soldati doveva essere nascosto o ripulito per non disturbare l'aperitivo del politico di turno. Deve altrettanto finire il tempo in cui (alcune) aziende della difesa impongono il proprio lucro od incompetenza sulle reali necessità delle nostre forze armate chiamandola (o facendola definire dai propri servi) “interesse nazionale italiano”.

Non è un’accusa generalizzata. Abbiamo davvero, al di là della retorica, grandi eccellenze nel campo dell’industria della difesa capaci di realizzare prodotti all’avanguardia. Tuttavia, se perfino con l’appuntamento bellico alle porte dovranno assecondare downgrade importanti e per numeri sostanzialmente ridicoli (nel mercato globale della Difesa), come potranno affermarsi o sopravvivere?

Prendiamo in esame due programmi chiave per la componente terrestre: quello per l’introduzione di un vero carro armato e di un vero mezzo da combattimento per la fanteria.

Dopo decenni asfittici che vedono oggi in linea pochissimi mezzi autarchici sopravvissuti alla guerra fredda (fino a poco fa di carri armati Ariete ne funzionavano circa 30 di 200!), con l’ultimo DPP (Documento di Programmazione Pluriennale) della difesa “sembrano” arrivati fondi per una soluzione.

Con lo scoppio della guerra ucraina a meno di 700 chilometri dal nostro confine orientale, anche i più cinici o campanilisti hanno dovuto ammettere che solo mezzi corazzati moderni possono far fronte alle nuove minacce. Altri, come in occasione di calamità naturali nazionali passate, sembrano aver cominciato immediatamente a sfregarsi le mani…

Il mezzo scelto per il recupero del notevole gap nella componente carri è il carro Leopard 2 in versione A8. Per la componente AIFV (Armored Infantry Fighting Vehicle) il ballottaggio è sembrato fino a pochi mesi addietro tra il CV90 ed il Lynx. Il primo con 30 anni di progetto alle spalle (ma aggiornato nel tempo con diverse varianti), il secondo lo stato dell’arte in termini di capacità e protezione (ma troppo avanzato da realizzare per alcuni "eccellenti" battilamiera de noantri?).

Sulla decisione finale per l'AIFV sembra esser sceso un inquietante silenzio.

E l’interesse nazionale? Quello che ci aveva già mandato baldanzosamente a morire con autarchiche bare di terra, di cielo e di mare durante il secondo conflitto nazionale… dove è finito? È ancora lì. Più in agguato di prima!

Ecco dunque che il Leoprad 2-A8, se lasciato in pasto (come sembra stia per avvenire) alla sua voracità diverrà un “Leopardotto”: la variante italiana con parti NON costruite su licenza (in fondo, qualcuno può insegnarci qualcosa?) ma adattate o riprogettate da noi! Insomma un Leopard 2 “diversamente operativo” con componenti non originali ma dalle sembianze corrette.

Qualcuno ora provi a dire “Be’, cosa cambia?!!!”

Un Leopard 2 VERO è tale perché possiede determinate caratteristiche e componentistiche originarie irrinunciabili: scafo, torretta, bocca da fuoco, motore, corazza, sistemi…

Ricordiamo l'esperienza con il Pzh2000 (nella foto - sistema riprogettato e non intercambiabile con quello degli altri eserciti)? Gli ucraini ringraziano...

Avete inoltre idea di cosa avviene quando un’Alleanza schierata in un conflitto può logisticamente far affidamento su componenti comuni? Vince. I singoli membri autarchici? Oltre a venir scherniti nel fango, muoiono! Non verranno lasciati nelle retrovie a pelar patate… combatteranno a calci nel sedere con i loro (per usare una metafora) bei calibri “5,88” o “7,88” a contare colpi e pregare che gli schioppi non s’inceppino! Gli altri, anche volendo, non potranno aiutarli…

Costruire su licenza ci permette retoriche altezzose? Probabilmente no, ma rende le industrie che devono colmare gap in grado di fare passi avanti per, un giorno, proporsi alla pari con i migliori nel “sano” mercato mondiale degli armamenti (almeno quello senza tangenti supplementari destinate alle carenze dei prodotti).

Tra il 2023 ed il 2025 sono previsti 270 milioni di euro per i nuovi carri armati su un totale di oltre 4 miliardi (!), entro il 2037 (a guerra finita da un decennio…). Quindi, fra qualche anno, avremo – forse – ammodernato una compagnia carri e mezza?

RICORDIAMO che gli impegni reali di un ministro e del suo governo nei DPP riguardano solo un triennio, il resto è da sempre "fuffa": per questo si programma sempre 1 (quest'anno), 2 (il prossimo), 4 (il successivo) e poi 100.000 (per i 14 anni successivi), saranno rogne di bilancio altrui. E in due anni, il fine programma AICS è già slittato... (ops!) di 2 anni.

E i semplici soldati al fianco dei “Leopardotto”? Il DPP prevede per il prossimo anno 48 milioni e, per il 2025, 76 milioni. Su un programma (sulla carta) entro il 2037 (a guerra finita da un decennio…) di oltre 5.230,6 milioni.

E qui si gela il sangue… Con anni di ritardo, il VCC-80 (“80”!) Dardo è entrato in servizio nell’Esercito solo nel 2002 (“80”!), in un’unica versione e risultando operativamente già inadeguato persino alle prime “semplici missioni di pace”.

Le attuali cifre sul piatto fanno presagire lo sviluppo dell’ennesimo mezzo autarchico e non l’avvio di una produzione.

Le ambizioni sono alte: “Il programma è finalizzato al rinnovamento dell’intera capacità di combattimento forze pesanti, attraverso l'acquisizione di un sistema di sistemi (famiglia di piattaforme) per la fanteria pesante (Armored Infantry Combat System - AICS), incentrato su una famiglia di piattaforme sia combat (Armored Infantry Fighting Vehicle – AIFV) sia di supporto (Posto Comando, controcarro, esploranti, portamortaio, genio guastatori, esploratori, contraereo, portaferiti, portamunizioni, scuola guida).”

Il timore è che, come avvenuto con il precedente Dardo, introdurremo un giorno lontano in servizio un mezzo, già oggi disponibile sul mercato, per poi chiamare “eccellenza nazionale” qualcosa di tardivo ed oramai superato.

Perché vi chiedo?

L’interesse nazionale è una definizione sciocca in un paese che non è (ancora) una nazione: ognuno pensa per se e se ne sbatte altamente del bene comune.

“Interesse nazionale italiano” è un insulto per aziende della difesa che, tra colossi come Cina ed USA, ma anche Russia ed India, dovrebbero ragionare, combattere e sfidare internazionalmente i concorrenti come “Europa”.

Lasciamo le copie tarocche ai cinesi. I loro sudditi od amici piangono già oggi, guardando l’orizzonte preoccupati.

Lasciamo produrre alle nostre aziende quello che sanno fare di buono, se non sono in grado imparino dai migliori. Noi abbiamo insegnato ad altri, come la Turchia, ma non sembriamo possedere altrettanta umiltà di imparare. Ed erano turchi! Ed oggi sono competitivi in settori che abbiamo colposamente snobbato.

Se sui corazzati, a distanza di un secolo, vinceranno i dictat politici della parte incapace dell’industria? Il prezzo più alto lo pagheranno - nuovamente - i nostri soldati: le loro vite evidentemente non rientrano nell'interesse nazionale. Chi tuttavia, sapendo, avrà partecipato, assecondato o - peggio - sarà restato a guardare, questa volta sarà ritenuto corresponsabile, sia dai reduci che dai famigliari. Per cominciare...

Foto: KNDS / web / ministero della difesa