Quando toccherà a noi...?

(di Andrea Cucco)
12/10/23

In questi giorni di sangue e dolore, dalla melma di inutili chiacchiere che caratterizza da sempre il nostro Paese, deve emergere LA vera domanda: se toccasse - o meglio "quando toccherà" - a noi?

È un quesito legittimo. Avremmo dovuto porci il problema il 25 febbraio del 2022, il giorno successivo al nuovo ”attentato di Sarajevo”: l’invasione dell’Ucraina. A differenza degli altri, abbiamo traccheggiato abituati alle emergenze, ad affrontarle alla giornata, senza pianificazione o serie strategie.

D’altra parte, in soli 20 mesi, siamo già al secondo governo. Ricordiamo che nella Storia d’Italia la media in 162 anni è di 14 mesi. E non per mancanza di “senso dello Stato” (alias, attaccamento alla poltrona), è da Sistema!

Il risultato? L’orizzonte è sempre ad un mese di distanza, un anno al massimo.

Un Sistema Paese nato e cresciuto strutturalmente precario e pericolante può cambiare? Lo deve fare subito, prima della rabbia e delle lacrime.

Usando, per semplicità, una metafora calcistica non serve un’ennesima “nuova squadra”, serve un nuovo Campionato: sano, solido e sicuro. Le squadre che entrano a “dar spettacolo” nello stadio non devono intaccare le strutture vandalizzando palchi e spogliatoi. Finita la partita: a casa o tra il pubblico.

Ma torniamo ad Israele... Il governo ha richiamato oltre 300.000 riservisti. Sapete quanti ne potremmo richiamare noi? Una frazione.

Sapete quanti si presenterebbero? Ancor meno.

Da noi la “riserva selezionata” è da decenni considerata una nicchia dedicata alle missioni di peacekeeping: architetti, ingegneri, medici, archeologi, giornalisti. Professionisti che diventano rapidamente ufficiali, per carità capaci ed utilissimi nelle rispettive specializzazioni, ma nulla che sia sinonimo di forza da combattimento. Ad essi si affiancano "forze di completamento volontarie" formate principalmente da militari di truppa e graduati in congedo. Numeri insufficienti.

Secondo la graduatoria pubblicata dal portale Globalfirepower.com l’Italia si pone addirittura al 62° posto nella classifica delle riserve militari. La realtà, per molti addetti ai lavori, sarebbe ancora più impietosa.

Non è solo questione di numeri, lo è anche di capacità e volontà. In Israele la leva è ancora un sacro dovere di ogni cittadino: dura per gli uomini 32 mesi e per le donne 24. Ergo, qualunque richiamato è in grado di utilizzare un’arma da fuoco e di rendersi utile più o meno prontamente.

In Italia? La leva obbligatoria è stata sospesa da quasi vent’anni (2004) e, salvo che per pochi “sciocchi” (come il sottoscritto), è stato tutto tranne che un dovere alla propria Patria.

Se anche un evento drammatico nella Penisola portasse a file di centinaia di migliaia di volontari, quanto impiegheremmo ad addestrarli ed organizzarli? Troppo tempo.

Cosa fare dunque?

In attesa di un’oramai inevitabile “ristrutturazione del Campionato”, basterebbe partire dagli interventi più semplici, rapidi e relativamente economici.

Immediata realizzazione di aree addestrative: i nostri militari NON hanno costante allenamento al combattimento in aree urbane, un vero e carissimo “Inferno” da quasi un secolo, il pane quotidiano dall'Ucraina ad Israele.

Abolizione dell’operazione Strade Sicure: oggi rendiamo disponibili dotazioni da guerra a terroristi che potrebbero velocemente assassinare soldati (demotivati) costretti a rischiare la vita (mostrandosi in “mimetica”, un paradosso!!!) in mezzo alle folle di piazze, stazioni o aeroporti.

Trasparenza ed onestà: se abbiamo ancora una grossa fetta dell’opinione pubblica che ritiene che "con il dialogo" si sarebbe potuto fermare alle porte di Mosca o di Parigi il “nazista che sbagliava”, lo dobbiamo ad un secolo (completo) di codardia. Gli italiani hanno diritto ad essere informati e comprendere il presente quanto il passato… Ebbene sì, abbiamo perso – malamente – la seconda guerra mondiale, nessun pareggio, nessun “riscatto”...

Conferenze stampa settimanali della Difesa (come, per fare un esempio, in Francia). Quando saremo considerati “cittadini”, sarà dovere di ogni rappresentante eletto o dirigente di Stato rispondere a semplici e spontanee domande (se poi "sinceramente" o meno ci si lavorerà in seguito, non possiamo pretendere subito troppo...).

INFINE - Costituzione di forze di riserva credibili: se attraverso il ripristino della coscrizione obbligatoria o meno, sarà una scelta politica. Tuttavia, alla luce degli eventi, avere numeri “ungheresi” (20.000, sulla carta... e con una popolazione 6 volte maggiore) è decisamente imbarazzante per un popolo che millanta (giochi di?) prestigio interzazionale.

La terza Guerra Mondiale è cominciata da oltre un anno. Tirare ritualmente in ballo la NATO - o limiti costituzionali - non ci salverà. All’interno dell’Alleanza siamo l’anello più debole. Su tale elemento si misura la forza di un’intera catena. Saremo inevitabilmente i primi ad essere colpiti.

Non è dunque questione di "se", ma solo di “quando”. E questa volta lo sport nazionale dello “scaricabarile” non verrà perdonato dai sudditi.

Sveglia!

Foto: presidenza del consiglio dei ministri