Calendari: quando la verità dà fastidio (all’ANPI)

20/01/24

Devo ammettere di essere rimasto sorpreso dal fatto che, nonostante la critica situazione internazionale del momento, con la crisi generalizzata in Medio Oriente (dal Belucistan pachistano, al nord Iraq, al sud Libano, a Gaza, a Bab el Mandeb), con l’acuirsi delle tensioni NATO /Russia (e l’imminente lancio della mega esercitazione Steadfast Defender), con l’aggravarsi della crisi Cina-Taiwan (dopo le recenti elezioni), con la prospettiva preoccupante di una seconda presidenza Trump, e potrei continuare ancora... ripeto, che in questa situazione internazionale preoccupante, alcuni organi di stampa nazionali abbiano ritenuto di dare molto spazio a una polemica, ad avviso di chi scrive, sterile e artificiosa.

Mi riferisco alle accuse all’Esercito formulate dal presidente dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) senatore Gianfranco Pagliarulo in relazione al Calendario 2024. Calendario di cui Pagliarulo ha chiesto il ritiro: sembrerebbe il tipico esempio di una mentalità orfana inconsolabile dei Soviet: “sei autorizzato ad esprimere la tua opinione solo se coincide con la mia!”

A parte questo, chi si sia preso il disturbo di dedicare qualche minuto alla verifica dei fatti, avrà probabilmente pensato che il presidente Pagliarulo (già senatore della Repubblica, con una oltre cinquantennale militanza politica nell’ambito di PCI, PRC, PdCI, SD e PD, prima di approdare nel 2020 alla presidenza nazionale dell’ANPI) abbia potuto essere vittima di una “involontaria” svista.

Nello scrivere “i fatti” mi riferisco sia ai contenuti dei novelli “Versi Satanici” da bruciare, questa volta opera dello Stato Maggiore dell’Esercito e non di Salman Rushdie, sia al contesto che gli Ayatollah nostrani fingono di ignorare.

Incominciando dai “contenuti”: al contrario di quanto denunciato dal senatore Pagliarulo, il Calendario si prefigge di ricordare tutti quei militari, di ogni grado e categoria (sia coscritti che di carriera), che dopo aver combattuto con onore ed eroismo dal 1940 al 1943 nella situazione di caos generatasi dopo l’8 settembre decisero, senza esitazione, di combattere per la liberazione dell’Italia, in coerenza con il proprio giuramento. Guerra 1940-43 i cui obiettivi politico-strategici erano certamente discutibili, ma che, si ricordi, era stata dichiarata da quelle che erano, all’epoca, le legittime autorità nazionali. Le indiscutibili colpe politiche del “regime” fascista nell’aver dichiarato una guerra che era contraria agli interessi nazionali possono essere addebitate a quei soldati (di carriera e coscritti) che, pur magari non condividendone gli obiettivi, la hanno comunque combattuta con onore?

Venendo a tempi più recenti, si può ritenere politicamente sbagliata la partecipazione italiana alla coalizione dei volenterosi a guida USA per la stabilizzazione dell’Iraq dopo il 2003, ma certamente ciò non significherebbe addebitarne le colpe politiche a quei militari italiani che a Nassiriya hanno fatto il proprio dovere sino all’estremo sacrificio e che, ritengo, debbano essere onorati per questo anche da chi politicamente fosse stato contrario a quell’operazione.

Tornando al calendario, appare evidente a chiunque lo sfogli senza pregiudizi che il calendario intendesse evidenziare esclusivamente l’impegno e il valore dei militari nella guerra di liberazione, evidenziando come chi aveva combattuto eroicamente nel 1940- 43 abbia spesso continuato spesso combattuto eroicamente nel 1943-45 nella guerra di liberazione e nella resistenza.

Pertanto, non vi è alcuna equiparazione dell’Esercito del Regno del Sud o della Resistenza con la RSI, come qualcuno (per ignoranza o più probabilmente per malafede) ha dichiarato!!! Anzi, il messaggio del calendario a me appare chiaro: per i Soldati italiani (e se ne scelgono di proposito alcuni che avevano combattuto eroicamente anche in precedenza) dopo l’8 settembre la via dell’onore e della Patria era una sola: la lotta contro il tedesco invasore, nelle file della Resistenza o delle Forze Armate Regolari del “Regno del Sud” cobelligeranti con gli Alleati! E quindi proprio contro l’occupante nazista e contro la RSI.

In merito al “contesto: posso immaginare che l’occasione sia ghiotta per un politico navigato per attaccare la senatrice Isabella Rauti (in relazione alla sua “storia familiare”, peraltro totalmente diversa da quella dei militari ricordati nel calendario), che da sottosegretario di Stato alla Difesa con delega per l’Esercito ha presenziato (come inevitabile dato l’incarico) alla presentazione ufficiale del calendario lo scorso 28 novembre.

Peraltro, è sicuramente utile mettere le cose in chiaro: il calendario 2024 dell’Esercito fa parte di una trilogia rievocativa del contributo dell’Esercito alla Liberazione negli anni 1943-45 da pubblicarsi nell’ottantesimo anniversario di quegli eventi. Il primo calendario della trilogia è stato quello del 2023 (calendario dal bellissimo titolo “A testa alta”, che rievocava l’eroica difesa di Roma del settembre 1943 e la ricostituzione dell’esercito sino alla “cobelligeranza” con gli Anglo-americani e alla battaglia di Montelungo). Nel 2025 ci sarà, presumo, il terzo in occasione dell'80° della liberazione.

Chiunque abbia un minimo di pratica di editoria potrà immaginare che il tema della trilogia debba essere stato concepito non più tardi dei primissimi mesi del 2022. Trilogia avviata e pensata ben prima della vittoria del centrodestra alle elezioni. Non sono addentro alle “segrete cose” di Palazzo Esercito, ma posso presumere che l’iniziativa sia partita dall'attuale capo di SME, il generale Pietro Serino ( in carica dal 2021) da sempre molto attento alla tematica del ruolo dell'Esercito nella guerra di liberazione. Sia il ministro sia i sottosegretari c’entrano poco, infatti questa è stata una scelta editoriale solo dell’Esercito e non delle altre 3 Forze Armate (Marina, Aeronautica e Carabinieri) proprio ciò dovrebbe dimostrare che non si trattava di una “imbeccata” politica (da parte della sottosegretaria Rauti o da altri) e questo lo sanno sicuramente anche alla presidenza dell’ANPI.

Però, con tutta la buona volontà, non credo proprio che possa essere trattato di svista, dovuta a stanchezza, a errore dei collaboratori o delle segretarie. Mi pare chiaro l’obiettivo politico di cercare una scusa qualsiasi (anche se strampalata, tanto poi la gente non approfondisce) per attaccare un esecutivo che non piace. Politicamente legittimo, per un qualsiasi esponente politico, quale il Senatore Pagliarulo continua evidentemente ad essere anche se non siede più in Parlamento. Molto meno legittimo, però, anche per un personaggio politico, è tentare di infangare l’Istituzione Militare, che appartiene alla Nazione e non ai partiti, per le proprie beghe di parte.

Sia chiaro che, contrariamente a quanto molti pensano, l’ANPI non è l’unica associazione che rappresenta i combattenti della Resistenza o della Guerra di Liberazione1. Resistenza e guerra di liberazione che hanno costituito un momento fondante della nostra Repubblica. Momento fondante reso possibile dal contributo di pensiero e di sangue di tutte le forze politiche rappresentate nel Comitato di Liberazione Nazionale e, anche, dalle Forze Armate regolari del Regno d’Italia.

L’ANPI, purtroppo, recentemente può dare l’impressione di volersi appropriare di una eredità spirituale che dovrebbe essere di tutto il popolo italiano e cui hanno contribuito tanti uomini e donne che verosimilmente nelle posizioni politiche dell’ANPI di oggi non si riconoscevano. Battaglie politiche che poco hanno a che fare con la Resistenza (si pensi anche a prese di posizione ANPI contro il referendum costituzionale a suo tempo promosso da Renzi, o contro il sostegno militare all’Ucraina o di alcune che possono apparire più o meno velatamente a favore di Hamas)

La Resistenza fu una cosa importante e complessa. La fecero i comunisti? Certamente, ma non solo i comunisti: anche i cattolici, i liberali, i socialisti, gli azionisti, i militari e i sacerdoti, gli aristocratici, i borghesi, i contadini e gli operai. La fecero i partigiani nei territori occupati, gli internati militari che nei campi di concentramento rifiutarono l’arruolamento nella RSI e i militari delle forze armate combattenti del “Regno del Sud”. La fecero tutte le donne e gli uomini che rifiutarono di collaborare con l’occupante tedesco e con i suoi alleati della RSI.

Nessuno ha il diritto di pretendere di rappresentare tutte quelle diverse realtà. Meno di altri lo ha chi vuole utilizzare il sangue di quegli uomini e quelle donne per battaglie politiche di oggi su cui molti dei “veri” partigiani non sarebbero probabilmente d’accordo.

Ritengo importante pensare che la Resistenza non fosse soltanto la lotta tra chi aveva una visione dell'Italia asservita al disegno totalitaristico nazista (disegno bocciato dalla storia già allora) e chi aveva una visione dell’Italia asservita al disegno altrettanto totalitaristico sovietico, che sarebbe stato bocciato dalla storia come fallimentare e dittatoriale solo pochi decenni dopo! Dobbiamo, invece, ricordare che nelle file della Resistenza c'erano tanti altri: c’erano socialisti repubblicani, cattolici, uomini di chiesa e tanti tantissimi militari, militari di carriera soprattutto, che combattevano per la Patria, per un’Italia libera e non asservita a ideologie liberticide. Un’Italia che avesse poi la possibilità di entrare a testa alta nell’Europa libera e democratica e nella comunità Atlantica. A quest’ultima categoria appartenevano, tra i tanti, anche i militari elencati nel calendario.

Infatti, non dovrebbe dar fastidio, a meno che si tenti oggi di imporre una lettura “di parte” della Resistenza, riconoscere che anche molti militari ebbero un ruolo fondamentale nella nascita del movimento resistenziale2 e che molte figure chiave del movimento partigiano furono Ufficiali di carriera (si pensi al Colonnello Montezemolo a Roma o al Generale Perotti a Torino). A suo tempo lo scrisse il comunista Luigi Longo3:“Vi erano soldati che fuggivano verso la montagna guidati dai loro ufficiali. Fuggivano per un’ansia di ribellione, ma con senso di disciplina e organizzazione. E fuggivano recandosi appresso la propria arma”.

Ma Luigi Longo era un partigiano vero.

Antonio Li Gobbi*

*Sia il padre dell'Autore (Alberto) sia il suo zio paterno  (Aldo) sono stati decorati di Medaglia  d'Oro al valor militare  per la loro attività da partigiani (lo zio, morto sotto la tortura della Gestapo, fu decorato alla memoria)

2 Delle Medaglie d'Oro concesse per attività partigiana, 229, quasi tutte alla memoria, sono state concesse a uomini con le stellette.

3 Vicecomandante del Corpo Volontari della Libertà durante la Resistenza e futuro Segretario del Partito Comunista Italiano.