Il ministero della Difesa studia un piano per stabilizzare i futuri precari delle forze armate. Ma la Corte Europea...

15/04/17

Ci sarà un lavoro a tempo indeterminato per i precari delle forze armate. Il Consiglio dei ministri ha recentemente approvato un disegno di legge delega, presentato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, che sigla la riorganizzazione del comparto Difesa che attualmente è composto dall’80 per cento circa di professionisti e del 20 per cento da volontari a ferma prefissata.

Restano in vita però alcune deleghe, che il governo dovrà stabilire se portare a termine e tra cui spicca la possibilità che entro il 2024, si raggiunga la quota di un 40 per cento di militari volontari a tempo determinato i quali ultimata la ferma di sette anni, saranno accompagnati in un percorso di inserimento nel mondo del lavoro..

L'articolo 9 del ddl stabilisce infatti che si predisponga la realizzazione "di un sistema normativo organico inteso ad agevolare il reinserimento nel mondo del lavoro del personale militare, organizzato secondo criteri di tutela crescente e comprensivo di misure differenziate in ragione della destinazione all'impiego pubblico o privato, mediante interventi di razionalizzazione o miglioramento delle disposizioni vigenti". Vengono inoltre introdotte agevolazioni come “l'indennità di congedo (già presente per i volontari di qualche tempo fa) e ulteriori strumenti consistenti nella formazione professionale indirizzata al reinserimento attraverso la costruzione di uno specifico curriculum professionale militare e la realizzazione di un registro informatico delle capacità acquisite durante il servizio, diretto a favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro”.

Il ministro Pinotti seguendo le indicazioni del Libro bianco sulla Difesa ha concordato con gli Stati Maggiori delle Forze Amate di creare un modello di difesa con personale fatto da professionisti per un 60 per cento mentre un 40 per cento sarà riservato ai volontari che dopo sette anni di servizio dovranno poi ricollocarsi nel mondo del lavoro civile con il sostegno dello Stato.

Questo significa che circa 60mila volontari in ferma prefissata (VFP) che da oggi fino al 2024, si arruoleranno nelle Forze Armate, dopo il congedo dovranno essere inseriti in un percorso agevolato per ottenere un lavoro a tempo indeterminato. In ipotesi potrebbero esserci il mondo della formazione e le industrie del comparto Difesa . Noi potremmo suggerire di considerare non solo i corpi di Polizia statali ma anche quelli locali che spesso hanno personale che non proviene da formazione di tipo militare.

La politica però ha disatteso di fatto le sentenze della Corte europea del Lussemburgo che con due provvedimenti coordinati, bocciano la legislazione italiana sull’abuso dei contratti flessibili nella PA, che coinvolge 133 mila dipendenti della scuola, 30 mila della sanità e 70-80 mila tra Regioni ed Enti locali e anche il dimenticato personale militare e civile della Difesa, in quanto in palese contrasto con la direttiva 1999/70/CE. Infatti i rapporti a tempo determinato non possono essere un problema che grava unicamente sui lavoratori, in quanto il danno non è risarcibile, e quindi vanno assunti dallo Stato in quanto datore di lavoro che deve rispettare le regole comunitarie. Si tratta di due sentenze che indicano chiaramente allo Stato italiano la necessità impellente di rivedere le norme e la prassi in materia.

Se l’Italia dunque non rispetta le norme comunitarie sui dipendenti pubblici a tempo determinato, allora deve prepararsi ad assumere intanto i 250mila precari con contratti a termine che operano nella pubblica amministrazione (sulla base di una stima fornita dal ministro della Pubblica amministrazione e semplificazione, Gianpiero D'Alia, nel corso di un’audizione alla Camera), di cui circa 133 mila nella scuola, 30 mila nella sanità e 70 - 80 mila tra Regioni ed Enti locali, mentre mancano all’appello i precari militari e civili del comparto Difesa.

Il Ministero della Difesa dovrebbe pertanto ripensare il suo modello sulla base di queste nuove sentenze europee senza però dimenticare i suoi attuali precari a cui non ha dato ad oggi una chiara destinazione, considerando che da parecchi anni continua a servirsi di militari della categoria VFP1 e VFP4 che possono raggiungere con rafferme successive da 3 a oltre 7 anni di servizio, nonché di ufficiali appartenenti alle Forze di completamento (provenienti dai corsi di complemento svolti dopo una selezione a concorso pubblico) e di cui fanno pure parte quelli ammessi alla Riserva selezionata (che invece sono cittadini italiani nominati direttamente nel grado in applicazione della legge Marconi). Entrambi sono impiegati in servizio a tempo determinato in forza delle loro professionalità non reperibile nell’ambito dell’organico di F.A. coprendo una serie di esigenze tecnico professionali “da esperti” a vantaggio del funzionamento dell’Amm.ne Difesa e con un risparmio di risorse finanziarie considerevoli. Ad oggi sono in servizio un numero limitato di ufficiali che ha superato di gran lunga i tre anni di servizio o che si appresta a raggiungerli a breve. Questo personale in particolare svolge servizio in più periodi infra annuali patendo uno stato di disagio enorme connesso a questo status particolare.

ADESSO PERO’ SI DEVE PRENDERE ATTO CHE ESISTE UNA SITUAZIONE CHE RIVELA LA MATURAZIONE DI UN DIRITTO A MANTENERE UN IMPIEGO STABILE CON L’AMMINISTRAZIONE DIFESA.

Da questa condizione il Ministero della Difesa deve prendere atto che è necessario predisporre un piano di stabilizzazioni che in esecuzione delle sentenze europee, provveda a eliminare, in fase di riordino, queste sacche di precariato ammettendole al diritto per la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Tale operazione prima ancora che in applicazione delle sentenze europee, deve essere inquadrata soprattutto come un vantaggio dell’Amministrazione Difesa per il raggiungimento delle proprie finalità, grazie all’utilizzo non solo di personale che ha svolto formazione militare con corsi e brevetti di particolare interesse, ma soprattutto di competenze professionali specialistiche che non essendo reperibili all’interno degli organici, comportano un risparmio di risorse finanziarie in relazione ai costi di mercato a cui si dovrebbe fare ricorso. L’azione di stabilizzazione dovrebbe operare in via principale nei confronti di quel personale che al di fuori dell’impiego nella F.A. non ha un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con nessun datore di lavoro. Questo sarà possibile o con una conversione diretta del rapporto di lavoro per il transito nel servizio permanente, ovvero tramite concorso a titoli, onde evitare che di fronte ai diritti maturati dagli interessati l’ Amministrazione Difesa possa essere chiamata ad affrontare un contenzioso di grande onere complessivo.

Storicamente, un decennio fa solo gli ufficiali dei Carabinieri che avevano svolto almeno tre anni di servizio vennero stabilizzati in quanto considerati come forza di polizia.

Intanto ufficiali e militari delle Forze Armate Italiane a tempo determinato continuano con la massima dedizione e passione a prestare servizio per il loro Paese nella speranza che qualcuno si ricordi del loro impegno e delle loro speranze considerato che le sentenze europee valgono anche in Italia.

Valerio Arditi

(foto: difesa.it)