Ieri il Ministro della Difesa ha annunciato l’intenzione di sottoporre all’esame del parlamento un decreto legge che, accogliendo le indicazioni della Suprema Corte, conduce nella direzione di una rappresentanza sindacale anche per uomini e donne in uniforme.
Ora si sa, io sono un bandito e normalmente i banditi si disinteressano delle leggi, ma sono anche uomo d’arme e quindi mi sento interessato e solidale nei confronti dei soldati del terzo millennio.
Appartenente alla nobiltà di spada, fin da bambino, sono stato educato a governare innanzitutto gli uomini, a controllarne le pulsioni, ad avere a cuore le loro necessità, al punto che mai mi sarei sognato di abbandonarne qualcuno ne’ prima, ne’ tantomeno durante e dopo la battaglia, al tempo stesso mai avrei avuto pietà nei confronti di vigliacchi, traditori e fannulloni
Oggi vedo che le cose sono cambiate, per chi serve in armi si è avvertita l’esigenza di una rappresentanza sindacale e questo lo interpreto come un chiaro segno di sfiducia nei confronti dei capitani o come li chiamate voi, dei comandanti, d’altronde non occorre essere esperti in geometria per comprendere che in un sistema organizzato verticalmente, qualsiasi inserimento orizzontale è un elemento di discontinuità.
Sarò più chiaro, meno medievale: l’organizzazione militare è strutturata in modo tale da fornire risposte immediate a situazioni di emergenza in cui si decide della vita e della morte di esseri umani, tale cruda e necessaria immediatezza è assicurata principalmente da due elementi, l’organizzazione gerarchica ed il senso di responsabilità o, se più vi piace, senso del dovere.
La gerarchia assicura le decisioni in capo ad un solo soggetto e contemporaneamente consente il raggiungimento degli ordini fino all’ultimo individuo appartenete all’organizzazione, fissando anche premi e biasimi in base a disposizioni e regolamenti, il senso del dovere invece garantisce che chi sta al comando non compia azioni dettate dalla vanità o dal tornaconto personale ed assicura che ciascun esecutore non venga colpito dal demone dell’insubordinazione.
Essendo uomo del medioevo voglio approfondire la questione del senso del dovere, poiché già immagino le obiezioni di voi individui del terzo millennio, obiezioni basate interamente su approcci pseudo-scientifici e scetticamente orientati, tutti volti a chiedervi se la dimensione etica possa condizionare i comportamenti a tal punto da sconfiggere vizi e colpe in nome di un bene superiore.
La storia ha dimostrato che il vostro scetticismo è ingiustificato, la motivazione impressa dall’esempio dei comandanti, dallo spirito di appartenenza ad un gruppo, da un semplice simbolo hanno consentito a milioni di individui, inquadrati in compagini militari nel corso dei millenni, di superare prove inenarrabili, ben oltre il limite dell’umana sopportazione.
Capite bene che, essendo morto nel 1313, la mia visione della storia ha un orizzonte più limitato rispetto al vostro, tuttavia non posso credere che i secoli, seguiti al XIV dell’era Cristiana, siano stati privi di atti eticamente rilevanti, paragonabili a quelli degli spartani alla Termopile o dei franchi, eredi di Carlo Magno, che si giurarono reciproca fedeltà a Strasburgo.
Con cotanta storia sulle spalle, quella a me nota, aggiunta a quella che ignoro, mi domando come mai i militi del terzo millennio necessitino di una associazione sindacale, una organizzazione eterodiretta per assistere e tutelare, fornire consulenze e rappresentare; dove sono finiti la gerarchia, lo spirito di corpo, l’esempio, il dovere?
Dove sono caduti i valori etici e morali sui quali mi risulta si conduca ancora un giuramento per struttura, impegni presi e fedeltà alla parola data non troppo dissimile da quello di Strasburgo dell’ 842 d. C. pocanzi citato?
Certo se si è deciso che l’istituzione militare non sia più in grado di dare tutela alla propria gente qualche avvisaglia deve esserci stata, qualche sintomo di malessere o di sbandamento deve aver colpito gli uomini in armi, magari la mancanza di un orientamento certo, di una guida ferma e sicura, questo non sarei in grado di dirlo, tuttavia se dovesse esser accaduto mi pongo un’ulteriore quesito: che senso ha affermare l’intenzione, da parte dell’organo politico, di dettare criteri, limiti e scopi statutari?
La Carta Costituzionale parla chiaro: i sindacati non possono essere sottoposti ad alcun obbligo, a meno della registrazione presso organi centrali o periferici, secondo quanto stabilito dalla legge ed inoltre essi debbono avere un’organizzazione statutaria di tipo democratico.
È chiaro che l’idea di dettare criteri, limiti e scopi statutari appare, anche a me, che ricordo sono innanzitutto un predone, una forzatura delle norme in vigore, sebbene le stesse norme ed in particolare l’Art. 39 della Costituzione Italiana siano parzialmente disattesi dai sindacati attualmente esistenti, in quanto dal 1946 non hanno luogo ne’ la registrazione presso organi centrali, ne’ la determinazione della personalità giuridica dei sindacati.
In siffatta situazione, l’iniziativa ministeriale dà una regolamentazione positiva che, se da un lato pare voglia assicurare pieno corso al dettato costituzionale, dall’altro si pone in netta antitesi alla prassi attuale, definendo così una nuova sperequazione di trattamento tra il mondo del lavoro militare e non, poiché il personale della difesa vedrebbe disciplinata una fattispecie che il resto dei lavoratori, per ragioni connesse ad operatività ed indipendenza, ha scelto di non disciplinare.
Fratelli in armi del terzo millennio, ma siete davvero sicuri di volervi infilare in questo ginepraio di leggi e regolamenti quando a vostra disposizione avete la millenaria esperienza delle forze armate d’occidente? La gerarchia, la disciplina, l’onore, la fedeltà, il dovere, l’esempio, il valore, tutti elementi di portata etica con ricadute pratiche tangibili ed efficaci sono a vostra disposizione, a fronte di un futuro incerto e di cui, la stessa Corte Costituzionale ha demandato ogni determinazione ad atti del parlamento.
Capisco che i miei sono dubbi medievali, ma cercate di comprendermi, ai miei tempi non si votava, fui nobile per nascita, brigante per vendetta e per capriccio, uomo libero per volontà papale, cosa volete che possa saperne di rappresentanza sindacale e di leggi democratiche, una cosa però la capisco, su questo tema della rappresentanza si scontrano due forze opposte che hanno come obiettivi una nuova rendita di posizione da una parte e la volontà di continuare a non curarsi dei propri uomini dall’altra.
Ghino di Tacco