Lettera a Difesa Online: "Come fare in modo che le nostre Forze Armate possano dirsi chiuse ai nazifascisti?"

05/12/17

Egregio Direttore, sul tema dell’ostentazione di quella bandiera in una Caserma dei Carabinieri, la spiegazione “storica” svolta da Francesco Bergamo (v.editoriale) il 3 dicembre mi appare surreale, minimizzatrice e fuori luogo, sia nei tempi sia nella presunta liceità del fatto perché si tratterebbe di un cimelio storico e non di un simbolo del nazismo.

Lo dico, e convintamente, per diverse ragioni.

Il tono, innanzitutto, chiarificatore della ratio dell’intervento semplicemente orientato a inserire nel dibattito elementi estranei. Leggere, testualmente: “Scatenare una guerra mediatica per una vecchia bandiera tedesca?” Oppure che “In Italia, però, certi gusti estetici non sono permessi”, oppure che “La ministra della Difesa Roberta Pinotti non ha perso tempo…”, testimoniano ogni oltre dubbio che l’intento era palesemente giustificazionista di un evento che, al contrario, andrebbe analizzato con altri criteri.

Provo a svolgerli.

In primis, quale era la volontà del Carabiniere interessato. Aspettiamo che si svolgano le indagini per chiarire la sua posizione, i suoi orientamenti politici, altri eventuali atti e fatti posti in essere in passato, ma è inaccettabile che qualcuno lo giustifichi a priori. Farlo passare come un cultore della storia del Reich è risibile ed inutilmente percorribile.

Quella bandiera – con la b minuscola – e quel poster, insieme dicono un’altra cosa perché è a tutti evidente che l’accostamento voluto dal Carabiniere non è casuale, non ha nulla di storico, anzi è illuminante sul messaggio che intendeva esprimere. D’altronde, l’attuale dibattito su Salvini che “favorisce” l’estrema destra italiana è diffusissimo, soprattutto tra coloro che sono sensibili su quel tema, poco ai leghisti a dire il vero, molto tra gli “interessati”.

Su questi due fatti non una riga di valutazione nell’analisi dell’articolista.

Come pure nulla viene scritto sull’impatto esterno. Mi pongo e pongo una domanda: ma davvero dobbiamo credere che alla vista di quei simboli qualcuno ritenga si tratti di un simbolo storico? Siamo alla fantascienza. E’, invece, certo che chiunque lo avverta come un’espressione di valori propugnati dal nazismo.

Tralascio il tema se il carabiniere poteva o meno farlo perché in una Caserma ci sono vincoli che valgono anche per un gagliardetto di una squadra di calcio. Colgo però, la necessità di affermare, e con forza, che in un luogo militare, che è di tutti gli italiani, compresi i resistenti, nessuno può esporre simboli che scimmiottano il nazismo e il fascismo!

Quel Carabiniere ha violato il giuramento alla Repubblica e non è terzo di fronte ai compiti che dovrebbe svolgere perché vede la tutela della sicurezza della comunità con occhi divisivi, vede steccati all’interno della stessa popolazione che dovrebbe difendere, comunque.

Di fronte a tutto questo, le domande non sono quelle che erroneamente(?) si è posto l’articolista, non è un fatto estetico che stiamo valutando, nessuno ha perso tempo ad occuparsene o a scatenare una guerra mediatica. L’unica domanda è: come estirpare quel male che si annida anche nelle Istituzioni? Come combattere certi elementi che portano con sé il virus della disgregazione e della divisione. Come fare in modo che le nostre Forze Armate, per il compito delicato che svolgono, possano dirsi “chiuse ai nazifascisti” e refrattarie ad avvenimenti simili in cui prevalgono temi e parole contro la liberta democratica così duramente conquistata, proprio contro gli avi politici di quel Carabiniere?

La ringrazio per l’ospitalità.

On.le Vincenzo D’Arienzo

Membro della Commissione Difesa – Camera dei Deputati

  

Egregio Onorevole, quel che trovo surreale è che un editoriale del vicedirettore di questo giornale - che definire un articolo "pacato" è addirittura eccessivo - possa averla turbata. Francesco Bergamo ha sobriamente osservato la campagna mediatica in corso, ne ha analizzato i termini ed espresso, argomentandole, alcune considerazioni.

Secondo Lei che il carabiniere sia "un cultore della storia del Reich è risibile ed inutilmente percorribile". Alla luce di quanto riportato ieri da Repubblica.it (quotidiano schierato tutt'altro che a destra): Il militare, 23 anni, originario di Roma, sostiene di non essere un neonazista e di essere un appassionato di storia, soprattutto del periodo durante il quale quel vessillo, acquistato su internet, fu usato. "Mi sono iscritto alla facoltà di storia dell'Università La Sapienza di Roma e voglio laurearmi". In questi termini trovo che la lettura data anzitempo da Bergamo sia stata precisa e come avrebbe detto qualcuno in passato "azzeccata!".

Sono pienamente d'accordo con Lei quando dice "Aspettiamo che si svolgano le indagini per chiarire la sua posizione, i suoi orientamenti politici, altri eventuali atti e fatti posti in essere in passato", ma non quando afferma "è inaccettabile che qualcuno lo giustifichi a priori". Questo non per difendere un amico e stimato collega, bensì perché prescritto dalla Costituzione italiana. A mio avviso è dunque inaccettabile che qualcuno "condanni" a priori, tanto meno se frettolosamente.

In questi termini avrebbe fatto meglio a scrivere al Ministro della Difesa: leggere (v.articolo) che "La ministra della Difesa Roberta Pinotti ha chiesto al comandante generale dell'Arma, il generale Tullio Del Sette, chiarimenti rapidi e provvedimenti rigorosi verso i responsabili di un gesto così vergognoso" fa veramente male, da cittadino e da uomo libero.

E forse è proprio di libertà che dovremmo ragionare. In un Paese "libero" non dovrebbero esistere simboli o idee preventivamente messi all'indice: può essere vietata una condotta, non il pensiero. Temo che ci sia un piccolo nazista in chiunque cerchi di censurare o vietare qualcosa che non comprende. E come figlio di una tradizione che ha fatto dell'integrazione e del rispetto politico e religioso il tratto distintivo tra civiltà (romana) e barbarie (teutonica) mi delude profondamente chi - da italiano - non lo comprende.

Concludo con una massima che nessuno potrà censurare, essendo del comunista Mao: "Non importa se un gatto è bianco o nero, l'importante è che acchiappi i topi!". La dedico al generale Del Sette, il comandante di un ragazzo che ha deciso di servire con la stessa uniforme questo Paese. Non si faccia influenzare dalle logiche perverse della politica, continui ad insegnare ai suoi uomini ad acchiappare i sorci! E magari non solo quelli verdi...

Andrea Cucco

(foto: vincenzodarienzo.it / web)