Paracarro batte cippo commemorativo 2 a ZERO

(di Andrea Troncone)
19/10/15

E’ certamente un titolo particolare, quello che ho scelto, ma certamente meno volgare ed esente dal rischio di dover pagare diritti d’autore, della frase <Anche le formiche prima o poi si incazzano>, che è già il titolo di un libro. Ad ogni modo il concetto che sta alla base è il medesimo.

Venendo immediatamente “al dunque” senza troppi giri di parole, il motivo del mio scrivere è l’intolleranza alle ipocrisie, fenomeno veramente deprecabile e che diventa ancor più meschino quando verte sulla memoria di qualcuno che non c’è più.

In questo caso l’ipocrisia che denuncio è quella del vedere cerimonie di scopertura di targhe, lapidi e cippi commemorativi alla memoria del sacrificio di qualche caduto, quando nella realtà non gliene frega niente a nessun altro che non sia un familiare o un compagno del caduto stesso.

Parole forti, le mie, ma avvalorate da prove tangibili.

Potrei citare ad esempio un’e-mail che ricevetti quando ero presidente dell’ormai sciolta Associazione per la Tutela del Patrimonio Aeronautico Nazionale.

In quel caso, in risposta ad una mia ricerca sull’eccezionale maggiore pilota Riccardo Peracchi (ricerca che ha prodotto una piccola collezione di racconti, clonata da più parti e ancor oggi reperibile in internet in vari siti che hanno avuto l’“accortezza” di cancellare ogni riferimento di origine del documento) mi si diceva che la Sua lapide al cimitero di Verona è stata per molti anni trascurata e restaurata a spese di un singolo mecenate. Non posso sapere se questo sia vero, né ho motivo di verificare se sia vero che nemmeno la sezione locale dell’Associazione Arma Aeronautica se ne sia voluta occupare. Ma ritengo che non dovrebbe essere compito di un’associazione “no-profit” dotata di risorse limitate quello di doversi occupare di chi ha dato lustro ad una forza armata (oltre che ad un’azienda aeronautica di caratura internazionale): questi ultimi Enti dispongono di risorse tali da poter ritenere risibile l’impegno economico per un simile restauro, lasciando eventualmente all’associazione “no-profit” l’onere di tenere monitorata la situazione e segnalare eventuali problemi a chi di dovere.

Potrei anche citare un altro “rinvenimento da Internet”: un documento che parla dello stato di conservazione di un monumento ai caduti di un dirigibile della Marina Militare, nella campagna pisana. Il documento è datato e voglio sperare che nel frattempo la forza armata abbia già provveduto (nel qual caso mi scuso in anticipo e sarò felice di smentirmi pubblicandone foto dell’attuale stato di conservazione).

Devo infatti considerare il fatto che internet, i “social media” e la posta elettronica sono sovente il megafono di certi soggetti poco seri e in cerca di protagonismo, per cui prego di voler prendere con il beneficio del dubbio i due esempi citati e resto in attesa di prove certe per poterne dare immediata smentita e “sbugiardare” quelli che hanno fornito informazioni sbagliate.

Per fornire argomentazioni certe a supporto della mia indignazione non posso far altro che scrivere cose più certe di quelle di cui posso personalmente fornire delle prove. Mi dispiace persino di doverlo fare, perché non vorrei che qualcuno pensasse che sto sfruttando una situazione oggettiva per sottintendere e/o avanzare certe richieste personali.

Tengo a precisare che non chiedo un bel nulla (né mi aspetto una considerazione diversa da quella pressoché nulla già ricevuta), ma - ripeto - il solo fine per cui scrivo quanto segue è poter citare esempi certi di dimostrazioni di mancanza di interesse verso la memoria dei PROPRI caduti.

La mia famiglia ha donato all’Aeronautica Militare un eroe di guerra dal curriculum esemplare e pluridecorato per azioni belliche portate a conclusione ponendo a serio rischio la sua stessa vita. E fin qui nulla di eclatante: di famiglie come queste in Italia ce ne sono tante.

Ce ne sono però un po’ meno che OLTRE all’eroe hanno ANCHE prodotto un caduto.

Vorrei aggiungere, per evidenziare la cosa, che il caduto in questione non era solo un familiare, ma era addirittura fratello di quello stesso eroe, prima ancora che un ufficiale pilota.

Morire a 24 anni in una missione di guerra o per incidente ai comandi del proprio velivolo può forse far pensare a due differenti livelli di importanza del sacrificio della propria vita, con conseguente differente livello attenzione per la memoria del caduto.

Ma se non ci fosse stato quell’incidente magari anche questo giovane ufficiale avrebbe dovuto partecipare ad azioni belliche simili a quelle in cui si è distinto suo fratello, e la morte lo avrebbe potuto cogliere in modo più eroico di un “semplice” incidente aereo.

Un paragone con quello che voglio dire (forse non è quello migliore, ma è qualcosa che tutti abbiamo certamente ancora fresco nella memoria) potrebbe essere l’incidente dei due Tornado del 6° Stormo dell’anno scorso. In questo gravissimo incidente, infatti, l’Aeronautica Militare perse degli ufficiali in un incidente aereo (non nelle azioni di guerra a cui questi caduti hanno partecipato), e sul luogo dell’incidente è stato GIUSTAMENTE eretto un monumento.

Anche nel caso di mio zio la forza armata, aveva eretto un cippo commemorativo sul luogo dello schianto, e fin tanto che i suoi compagni di corso hanno avuto un’età tale da permetterlo (e un ruolo esecutivo all’interno dell’Aeronautica Militare) non è mai mancato il loro ricordo.

E’ assolutamente comprensibile che con il passare degli anni, che nel frattempo sono diventati decenni e l’età dei componenti di questa “seconda famiglia” tale dal far loro uscire da ogni incarico nella Forza Armata, il ricordo “ufficiale” si sia ridotto fino anche a togliere la possibilità di celebrarlo. Tutto normale e comprensibile.

Ma è altrettanto normale e comprensibile che i familiari “di sangue” di quel caduto vedessero in quel cippo un punto dove incontrarsi annualmente per ricordare il loro fratello. E il ricordo poi si estendeva ad altri dettagli profondi, quali la sofferenza patita, per quella perdita, dai loro genitori, il dramma della giovane fidanzata che vedeva in quell’ufficiale, la speranza di un futuro e di una vita diversa.

E nella “banalità” di questo incontro privato c’era anche un implicito ringraziamento alla forza armata che aveva voluto ricordare nella pietra il sacrificio di un proprio ufficiale.

Tutto questo (e molto altro) spingeva questi fratelli e sorelle del caduto a spingersi di tanto in tanto a centinaia di chilometri dalle loro residenze per raggiungere un luogo paragonabile a una prato circondato da pietraie, davanti a un pezzo di marmo non troppo diverso da un paracarro di una vecchia strada statale.

Un bel giorno, in occasione di uno di questi momenti di commemorazione privata, ci si è trovati di fronte all’amara scoperta che al posto del cippo commemorativo e del prato che lo ospitava c’era un campo coltivato, divenuto altrettanto privato (tra l’altro attualmente in vendita nonostante la presenza di almeno una parte di suolo - quella su cui si erigeva il cippo - appartenente al demanio militare, quindi inalienabile).

Mio padre già 3 lustri fa, e ad un’età già molto avanzata fece denunce a tutti gli organi competenti, ivi inclusa la forza armata PROPRIETARIA del cippo, ma è morto con la delusione di aver condotto una guerra alla Don Chisciotte.

Infatti gli unici riscontri di reale interessamento al problema, sono arrivati dal comune del luogo in cui sorgeva il suddetto cippo, dai carabinieri che hanno svolto le indagini e dalla sovrintendenza alle belle arti. Mai dall’Aeronautica Militare.

Ovviamente, se della questione non se ne interessa chi ne è proprietario, nemmeno dopo denuncia, è ben difficile che si possa ottenere qualcosa oltre le risposte di cui sopra.

Ma la cosa che più offende è la mancata risposta di chi ha disposto della vita di un giovane di 24 anni e beneficiato della professionalità, dedizione e coraggio di suo fratello. Non avessero risposto gli altri Enti, l’offesa non sarebbe stata così grande.

Mi si potrebbe obiettare che probabilmente la forma scelta per denunciare il fatto potrebbe non essere stata quella più conforme alle prescrizioni burocratiche. Ma allora come mai tutti gli altri Enti contattati (nella stessa forma) hanno risposto?

Io ho informalmente rispolverato la questione l’anno scorso, dopo la morte di mio papà, con la speranza che almeno l’ultima sorella in vita di quel caduto potesse omaggiarne il ricordo nell’ottuagenario dell’incidente aereo. Ed ho scelto un modo tale da non dare adito al sospetto di tentare corsie preferenziali coinvolgendo persone a me amiche in seno alla forza armata, né tanto meno andare ad aprire polemiche, ritenendo io stesso per primo che la mancata risposta all’accorata denuncia di mio papà potesse essere stata causata da un banale incidente.

Ma anche questa volta la nuova mancata risposta della forza armata resta una delusione.

L’unico cenno di interessamento sembra ancora arrivare dalle autorità civili locali (per fortuna non posso definirle politiche perché il comune è retto da una lista civica). Ma mi domando se altrove qualcuno attenda anche il passaggio a miglior vita di quella mia zia, con la speranza che questa seccatura finisca.

Nel caso, desidero far presente che mia zia non è la sola persona della famiglia a tenere a quel cippo per i ricordi che suscita. Io, per esempio, ricordo bene quando da ragazzino con mio fratello, mio papà e altri miei zii avevamo fatto con le pietre una grande croce bianca, ben visibile sull’erba circostante e avente il cippo al centro, per notificare agli altri piloti in atterraggio al vicino aeroporto di Grottaglie che lì si era immolato un loro giovane collega. Lo dimostrano le foto.

E ricordo anche bene quando andando nella cappella dell’Accademia Aeronautica e leggendo il nome di mio zio sulla lapide ai caduti, mi tornava in mente quella croce. Idem dicasi quando affrontando in volo certe situazioni “molto particolari” ho pensato a lui nel suo ultimo volo…

Non so quanto tempo camperò ancora (di questo passo, con questi miei scritti credo poco), però l’attuale situazione territoriale permette un facile ripristino del cippo (il comune ha espropriato anni fa un settore diagonale dell’ex-prato per creare una strada, ed il cippo potrebbe essere oggi ricostruito a bordo strada, praticamente nell’esatto posto dove sorgeva in origine), e se arriveranno le autorizzazioni da parte del comune sono pronto a ripristinare il cippo di tasca mia.

Del resto ho capito che per altri vale meno di un paracarro. E poi sto iniziando ad frequentare la Puglia (dove è il sito in questione) più assiduamente, ascoltando le canzoni di Ligabue, in particolare una dal titolo “i campi in aprile”. Cosa c’entrano, con questa lettera, questi ultimi due dettagli?

Il riferimento alla Puglia è legato al fatto che l’attuale sindaco di San Giorgio Jonico sembra aver preso a cuore la questione, mentre per il riferimento al “Liga”, come dimostrerò fra qualche riga, le sue parole mi suggeriscono alcune affinità con il caso, in tono moderno e tale da stemperare anche un po’ il tono iniziale di questa lettera.

Penso che se anziché citare un cantante rock contemporaneo e le sue canzoni, avessi citato “I Sepolcri” del Foscolo, mi sarei esposto a minori critiche sulla serietà e credibilità di quanto ho scritto.

Ma credo anche che per far capire che i tempi sono cambiati, ma certi valori sono ancora attuali, possa andar bene anche citare uno che sa parlare in modo modernamente efficace. Del resto mio padre prima, ed io dopo, con il linguaggio formale ed “in gessato” non siamo riusciti a farci capire.

Ad ogni modo, la prima affinità è che sulla copertina della canzone che menzionavo c’è proprio il disegno di un cippo commemorativo in un prato. Un cippo vero, come quello di cui parla quella canzone che ricorda un ragazzo di 20 anni, morto per l’Italia...

Vorrà forse ricordare che c’è una sostanziale differenza fra un cippo commemorativo e un paracarro?

Luciano Ligabue al suo “Campo Volo” (il suo maxi concerto-evento di cui hanno parlato tutti i mezzi di informazione, dal nome scelto per il collegamento fra la dura terra e il sogno di volare, che suggerisce) ha cantato quella canzone davanti a 150000 fans, mentre i miei scritti su questa testata hanno totalizzato solo qualche migliaio di lettori.

Quindi,senza distaccarmi troppo idealmente dal quel disco con la copertina del cippo nel prato, chiudo dicendo che “[…]un cerino strisciato nel buio fa più luce di quanto vediamo1”.

Questa lettera è quel cerino.

 

In memoria dei miei zii (quelli caduti ai comandi di un aereo militare, quelli decorati in guerra e quelli che hanno semplicemente pianto la perdita di un fratello), di mio padre e della sua battaglia (ora mia) contro i mulini a vento, in occasione dell’81a ricorrenza dell’incidente di volo in cui morì il ten. pilota Tommaso Troncone.

Nota

1) Ligabue “Il muro del suono”