Risposta alla "lettera di un soldato"

20/05/20

Vi invio questa mia sull’onda dell’emozione, dopo aver letto la “lettera di un soldato” sul matrimonio in Libano. Sono certo che le parole dell’autore della lettera siano state scritte col cuore di un soldato che, con non poco sacrificio, ogni mattina veste la sua uniforme e dedica al proprio lavoro tutte le sue forze. E, anche a me, l’evento ha suscitato reazioni contrastanti.

Esaminando le parole dell’autore, probabilmente, ha vissuto la propria esperienza in Forza Armata a partire dalla fine degli anni ‘90 e ha potuto osservare l’evoluzione dell’Istituzione da Esercito di leva, a Esercito di professionisti. L’Esercito ha affermato e confermato la Sua presenza nei più importanti scenari di crisi, guadagnando il rispetto dei paesi alleati e pagando, purtroppo, un tributo di sangue.

L’Esercito cresce, cambia, si adatta ai tempi. Alle volte troppo lentamente, qualche volta, per fortuna, più velocemente. Siamo passati dal VCC al Freccia, dal VM al Lince. Dal Fal all’ARX160. Dall’elmetto anni ‘70 agli scheletrati in kevlar. Al pari dell’avanzamento tecnologico, segue, per forza, quello sociale.

Nel 2020 assistiamo a matrimoni gay, mamme in uniforme che accompagnano i figli all’asilo della caserma e vanno a fare l’alzabandiera e, in ultimo, un matrimonio celebrato dall’Ambasciatore d’Italia a Beirut, alla presenza del generale Del Col.

Il soldato sottolinea che, in una situazione come quella attuale, in piena emergenza Covid-19, sarebbe stato meglio “evitare”. Può darsi. Dal comandante di UNIFIL, fino ai coniugi, passando per il comandante di ITALBATT, è stato ritenuto il contrario.

Parlando per pura “supposizione”, a ridosso del mese di Aprile, a ITALBATT, avvengono i Transfer of Authority dei contingenti. Si potrebbe “supporre”, che l’emergenza Covid abbia fatto ritardare gli approntamenti dei contingenti e, di conseguenza, i TOA. Quindi potremmo “supporre” che, questi ragazzi, avessero programmato il loro matrimonio a fine missione e, dopo aver probabilmente richiesto anche l’autorizzazione per la licenza estera per il viaggio di nozze, si sono visti posticipare il TOA, la fine missione e lo stesso matrimonio. In un Esercito del 2020, dove le situazioni sentimentali (Sentimentali, non l’emozione del momento durante una missione di 6 mesi)dei soldati, sono note ai comandanti, questa situazione è stata, probabilmente, fatta presente alla Linea di Comando, che ha preso una decisione. Le licenze bloccate e da trascorrere in Libano, i TOA slittati, la condizione psicologica dei soldati che passano in Operazione più tempo di quello raccomandato, sono variabili da tenere in considerazione, al pari della presenza sul territorio, l’efficienza delle pattuglie e la sicurezza della missione. E i comandanti ne sono edotti, e prendono decisioni.

L’Esercito cresce, cambia. I soldati sono più intelligenti, tutti scolarizzati, ma più fragili. Le aspettative di ferma di un soldato sono passate da un anno a 40 anni. Le persone in quarant’anni crescono, si sposano, divorziano, fanno figli, attraversano crisi e, il tutto, garantendo un servizio armato che dev’essere impeccabile. Questo ha portato a tristi eventi in cui personale in divisa si è tolto la vita. Le pressioni che subisce un soldato sono tante e diverse, non solo “Charlie” che esce fuori dalla foresta o il talebano dietro la duna o il suicide bomber. Le minacce a cui è esposto un soldato sono tante, spesso troppe. Si potrebbe “supporre” che, nel processo decisionale, questo sia stato considerato e che, tutti i comandanti sulla linea di comando, abbiano ponderato ogni variabile arrivando alla conclusione che fosse giusto così.

La presenza sul terreno è importante, la preparazione del personale è fondamentale, ma anche il suo benessere. Il generale Del Col, possiamo supporre che lo abbia considerato, e sia arrivato alla conclusione di far sposare quei due ragazzi in Libano e che il viaggio di nozze lo faranno alla fine dell’emergenza. Come per la politica, per la formazione della squadra del cuore, per la stessa emergenza Covid, in Italia, dubitare sempre e comunque di chi è incaricato di prendere la decisione, è un malvezzo che evidenzia una supponenza e una mancanza di fiducia nei propri comandanti che è a dir poco “inappropriata”.

Per concludere se, davanti a una pizza con amici civili, non riesco a far capire ai miei amici quello che fa l’Esercito da 159 anni a questa parte a fronte del pagamento dell’indennità d’Operazione, o io, o i miei amici, siamo nella stanza sbagliata.

Fabio Gagliardi