TV, F-35 e terrorismo

23/12/15

Gentile direttore, da appassionato del vostro servizio ho letto con interesse l'auspicio di un canale tv dedicato alla difesa e, in generale, della necessità di informare ed informarsi su un settore ai più oscuro. Per rimanere al tema della lettera, penso che il web sia strutturalmente il luogo più idoneo per trattare l'argomento armi, difesa e ricadute geopolitiche. Il grado di approfondimento e l'arrembante attualità sgonfiano il mezzo televisivo ad inadeguato, come è già successo in altri settori, e i costi fanno il resto.

Le faccio il mio esempio. Tutt'altro che tifoso delle spese militari, anzi, senza girarci intorno convinto pacifista, proprio con Difesa Online ho imparato una lezione che nella vita vale sempre: comunque la si pensi è sempre meglio avere adeguate conoscenze, leggere, e studiare, altrimenti si trattano gli argomenti un tanto al chilo. Noi tutti viviamo questa esperienza nel nostro ambito professionale, cioè il fastidio di sentir parlare chi non ha gli strumenti di questioni anche tecniche e complesse. I famosi discorsi da bar, che nascondono poca curiosità intellettuale e poca voglia di mettersi alla prova. 
Ci sono invece alcuni casi in cui il sentire del popolo è intriso di buon senso e a volte forse preconizza futuri e imprevisti scenari, per puro caso o perché una corretta informazione ha fatto finalmente il suo dovere. Ad esempio, nella lettera si metteva in diretta relazione la necessità di dotarsi di F-35 con l'affrontare le nuove sfide della sicurezza, in primis il terrorismo.

Ora, può essere che da profano mi sfugga ancora il quadro complessivo, anche se ho compreso benissimo come la sola esistenza di nuovi sistemi d'arma (efficaci e collaudati) può spostare gli equilibri e indurre pressioni geopolitiche. Può essere che la complessiva dotazione tattica e strategica di un sistema di difesa sia un oggetto per soli addetti ai lavori, anche se la scelta degli obiettivi dovrebbe appartenere ad altre sfere della vita di un Paese, e risulta arduo comprendere l'attuale schieramento NATO in Europa orientale e nel Baltico.

Ciò che proprio non comprendo è la relazione  tra gli F-35 e il terrorismo, con tutta la buona volontà. La nuova tv ci offre in questi giorni occasioni importanti di approfondimento storico, cito la serie "The Americans" in onda su Netflix. Narra la storia di due clandestini del direttorato S ai tempi di Reagan, formidabili ladri di informazioni in suolo americano per la causa dell'allora Unione Sovietica.

Confrontando i costi di un F-35 con quelli di addestramento di valido personale dei servizi di informazione, applicandolo ad un fenomeno come il terrorismo, in cui il più grande pericolo viene dal vicino di casa, davvero la relazione tra F-35 e terrorismo entra nel campo dell'esoterismo. Quantomeno agli occhi di un profano.

Matteo Olivieri

 

Gentile Matteo, nella lettera a cui fa riferimento l'F-35 non mi è sembrato chiamato in causa come "sistema d'arma"  ma per spiegare la difficoltà istituzionale nel giustificare le spese militari prima dei noti eventi terroristici. Condivido pienamente che l'addestramento del personale dei servizi di informazione sia prioritario per l'attività di contrasto alla violenza. Tuttavia, essendo previsto in un bilancio ben diverso da quello della Difesa, credo che non si possa altrettanto trovare un nesso tra le due voci di spesa.

Al di là di tutto, alla Lockheed Martin amano sottolineare quanto le potenzialità di un velivolo di nuova generazione (la 5a nel caso del Lightning) siano tutte da scoprire ed ora probabilmente nemmeno immaginabili. Chissà che l'aereo, oggi tanto discusso, un giorno non possa divenire - anche - un valido strumento di contrasto al terrorismo.

Andrea Cucco