Il conflitto nel Caucaso: una guerra di droni e una lezione per l'Europa

(di Tiziano Ciocchetti)
12/10/20

La guerra tra l’Armenia e l’Azerbaijan sta mettendo in evidenza il ruolo degli APR (Aeromobili Pilotaggio Remoto) in un moderno conflitto convenzionale.

Siamo stati abituati ad osservare l’impiego dei droni in contesti di guerra asimmetrica: sia gli americani che gli israeliani utilizzano una gran varietà di vettori senza pilota per eliminare terroristi. L’intervento turco in Siria e quello successivo in Libia, invece, hanno visto i droni TB2 Bayraktar sopprimere le difese nemiche, creando corridoi per poter alimentare l’offensiva.

Ankara sta intervenendo anche nel conflitto caucasico, cosa ovvia visto i rapporti economici con Baku e la storica ostilità nei confronti degli armeni (un secolo fa i turchi sono stati artefici del primo genocidio della storia contro il popolo armeno).

Ma nelle tattiche azere sull’impiego dei droni un ruolo assai importante è svolto dagli israeliani. Infatti le forze armate di Baku hanno in dotazione diversi modelli di APR prodotti in Israele. In special modo i droni Harpy e Harop sono stati progettati per sopprimere le difese avversarie grazie alle piccole dimensioni e la bassa segnatura radar dovuta alla tecnologia stealth. L’Harop è una evoluzione dell’Harpy, può stazionare in volo in attesa di agganciarsi a una fonte radar oppure essere guidato manualmente sul bersaglio. In pratica si tratta di droni suicida, destinati quindi a morire con lo svolgimento della loro missione (essendo dotati di una testata bellica con circa 30 kg di esplosivo).

Lo scenario caucasico dovrebbe rappresentare un insegnamento per gli europei. Agli UCAV, infatti, sarà sempre più richiesto di spingersi dentro il raggio d’azione delle difese avversarie per neutralizzarne le difese. Tuttavia, gli attuali modelli di UAV, in dotazione oggi alle forze aeree europee, sono ottimizzati per scenari di bassa intensità. In parole povere, il classico UAV da ricognizione e sorveglianza costituirebbe un bersaglio facile per le difese aeree (un esempio pratico noi italiani lo abbiamo avuto, l’anno scorso, con l’abbattimento di un Reaper sopra i cieli libici da parte delle milizie di Haftar). Da qui la necessità di produrre formule aerodinamiche più furtive (facendo ampio uso anche di tecnologia stealth al fine di ridurre la segnatura radar), stiva interna per il trasporto delle armi e velocità superiore.

Foto: azeri defence