Steadfast Defender 2024: dimostrazione dell'Alleanza in attesa che l'Italia sia un anello affidabile della catena?

(di Andrea Sapori)
22/01/24

“Addestrarsi, per un soldato, significa essere pronti e preparati a svolgere la missione (che è quella di combattere) nel momento in cui si viene chiamati a farlo. In scenari complessi come quelli attuali, l’addestramento moderno è forse la parte più importante del proprio incarico. Essere addestrati in modo organizzato e con metodo consentirà di svolgere il proprio incarico utilizzando una procedura operativa collaudata e condivisa. Significherà anche essere pronti ad adattarsi velocemente a variazioni di scenario e ad eventuali piani alternativi, sia a livello personale che di squadra (dove la squadra può essere intesa come un plotone o come un esercito)”. Ho scritto questo nell’articolo “I 4 pilastri del lavoro di squadra” alcune settimane fa.

Tra qualche settimana assisteremo alla Steadfast Defender, qualitativamente e quantitativamente la più importante esercitazione NATO (allargata) dalla fine del Patto di Varsavia (che allora si chiamavano Reforger e si svolgevano in Germania Ovest al confine con quella che allora era la Germania Est).

Sembrerebbe arrivato il momento di applicare, nel modo più razionale possibile, il relativamente semplice concetto sopraesposto...

Seppur fiducioso nelle capacità dei singoli soldati italiani, dei loro ufficiali e sottufficiali, di eseguire “sul campo” i compiti assegnati, nutro dubbi, invece, sullo spirito di squadra, di “fare squadra” della nazione italiana.

Come ben si sa, le nostre Forze Armate sono sottoposte alla volontà assoluta e incondizionata, costituzionalmente prevista, del popolo italiano, che elegge i suoi rappresentanti attraverso elezioni democratiche.

Facendola breve: il nostro paese non ha la struttura politica, la capacità economica, amministrativa, oltre che sociale e civile, per partecipare in modo funzionale ad esercitazioni terrestri (e dio non voglia operazioni) militari a livello pluridivisionale, o maggiore.

Possiamo realisticamente dispiegare in zona operazioni uno stormo di aerei, un paio di navi e una da appoggio anfibio, un sottomarino, una brigata (forse due) di fanteria leggera, un reggimento di artiglieria mobile ma - stando alle parole del ministro della Difesa - a patto che i nostri alleati però ci supportino con il vario munizionamento necessario (sempre che ne dispongano, che sia compatibile con i nostri sistemi d’arma e che siano disposti a cederlo).

A questo potremmo aggiungere alcuni asset delle forze speciali e, soprattutto, un numero molto consistente di carabinieri in funzione di polizia militare. E questo per un paese di sessanta milioni di anime, che dice di essere la settima o ottava potenza economica mondiale, con un PIL persino superiore a quello russo. Che vuole contare sullo scacchiere europeo, medio orientale, africano, e mondiale. Nientemeno! O tutto qui...

Alcuni nostri politici eletti (e quindi noi, che piaccia o no), variabilmente di governo o all’opposizione poco o nulla importa, come sempre, coglieranno l’occasione per criticare l’impegno, il lavoro, il sacrificio dei soldati, in questo caso in modo puntualissimo e clamoroso, e di scaricare loro addosso ogni responsabilità di inefficienza, di spreco, e nel caso anche di violenza… perché l’Italia ripudia la guerra, per legge - fate ben attenzione voi che imbracciate, chessò, un fucile d’assalto! Prontissimi poi a prendersi gli onori, in caso di efficacia, e a piangere insieme ai parenti i caduti, se ce ne saranno (e di solito ce ne sono sempre).

Chi fa il mestiere di difendere questo paese con le armi (previsto costituzionalmente e che una volta era addirittura un obbligo per i cittadini maschi adulti), sappia da subito quale sarà il destino che lo potrebbe attendere, che parta per una missione operativa, di peace-keeping o anche solo per addestrarsi: è già successo varie altre volte (l’ultima alcuni anni fa, dove ci fu chi in parlamento e per strada gridò all’invasione USA dell’Europa Occidentale! per un’esercitazione ben più piccola e meno complessa di questa - come se, di fatto, l’invasione non fosse già avvenuta ottanta anni fa, giustamente e fortunatamente, ma di cui ancora si va discutendo, se davvero fosse proprio necessaria, data l’importanza militarmente e politicamente decisiva della Resistenza, nella liberazione nostra e del continente tutto, e magari con l’aiutino disinteressato dell’Armata Rossa o dei partigiani jugoslavi). 

Ci si prepari, come il tenente Drogo de “Il Deserto dei Tartari”, non tanto a combattere un nemico che non arriverà mai, ma all'essere usati, in un modo o in un altro, a fini elettoralmente convenienti, qualsiasi cosa voglia dire questo.

Tolto poi che il nemico alla fine attraverserà il deserto e arriverà, trovando la fortezza Bastiani già caduta, battuta dalla stupidità dei comandi e dall’ipocrisia dei politici.

Foto: U.S. Army