Quella che stiamo vivendo, come già da troppi sottolineato, è una situazione che si sperimenta in “guerra”: un termine conosciuto da ogni nazione, in Italia censurato per 75 anni.
Cosa è la guerra se non un terremoto? Ci si può preparare ma non prevedere, si può ridurne la devestazione, ma non evitarlo. Può assumere innumerevoli forme: dalla più banale, quella combattuta da uomini (e donne) in uniforme, a quella più subdola, di funzionari di Sistema che strangolano miliardi di persone, o quella cyber, di poche migliaia di “tecnici” contro talvolta (è il caso dell'Italia) poca o nessuna resistenza. Oggi ne viviamo una antica, la Peste, provocata da una delle forme di vita più semplici e acefale, un coronavirus.
Cosa ha fatto il governo di fronte a 60 milioni di cinesi isolati dal proprio regime? Si è bevuto menzogne e ha aspettato, gestendo politicamente una catastrofe sanitaria.
La patetica correzione di rotta del mese successivo ha scatenato panico e inquietudine. Terrore, ad essere onesti, non dovuto ad un virus mortale in inarrestabile diffusione, ma a chi continua ad infilare il dito nella falla solo dopo il crollo della diga.
Avrebbe salvato vite ordinare e produrre centinaia di milioni di mascherine (efficaci), migliaia di sistemi per la terapia intensiva e, perché no, avere uno straccio di piano per un'emergenza estrema? Serviva forse un QI superiore a 50 per accorgersi che un sistema sanitario devastato da decenni di tagli (e “altro”) non avrebbe retto perché già critico in condizioni normali? Lo lasceremo valutare agli storici.
Oggi con qualche Tweet e artifizio (il bicchiere è sempre mezzo pieno), si affronta tutto. Si dimentica però che i social sono strumenti di amplificazione. Ma un amplificatore scollegato da una sorgente non produce solo fastidioso rumore di fondo?
Ci si accorge poi che i provvedimenti del governo violano sempre più la Costituzione Repubblicana? Come ci ha risposto un docente di Diritto Costituzionale: di fatto, anche in una democrazia, tutto ciò che è assecondato dal “consenso” è legittimo... La presenza di qualcun altro al governo avrebbe fatto quindi differenza? Il consenso, sbandierato come “senso di responsabilità”, delle opposizioni ha reso evidente che a parti invertite il risultato sarebbe forse stato solo parzialmente migliore.
Se è stata sconfortante la gestione dell'epidemia di fronte al singolo scenario cinese, i ritardi stranieri nel prendere iniziative efficaci di fronte alla doppia catastrofe cinese e italiana fanno comprendere quanto l'incapacità politica sia un male comune a tutti i Paesi. Una magra consolazione.
Cosa fa ora il Paese del Superenalotto? Gioca la partita “emergenza con decine di migliaia di vittime” con molte mosse di ritardo: dalle mascherine al sostegno a milioni di lavoratori in nero che rappresentano una fetta enorme della nostra economia.
Monta quindi una protesta che scuote la tenuta sociale del Paese? La risposta politica è ancora il termine “solidarietà”. La mancata “solidarietà europea”, la propagandata “solidarietà cinese”, la spontanea e sempre encomiabile “solidarietà nazionale” non fanno comprendere un punto: il bisogno di “solidarietà” rappresenta anche un fallimento.
Ma in questa Europa, piccoli personaggi dominati da piccoli interessi di parte, avrebbero potuto fare di meglio? Nein.
Questo massacro è un punto di svolta: non un'opportunità, un indispensabile cambio di rotta. Se non verrà intrapreso, dopo il bagno di sangue che stiamo vivendo, al prossimo appuntamento saremo ancora più soli.
Oggi, di fronte alla comune minaccia, ci sono i presupposti perché l'Europa divenga un'Unione POLITICA prima che economica di singoli meschini interessi. Non parliamo di una visione illuminata, parliamo di necessità: qualsiasi provvedimento preso da un singolo Paese come il nostro diviene assolutamente inutile se non condiviso dal continente.
Sarà un piccolo burocrate europeo a far superare la più grave crisi economica della Storia mondiale? O sarà il coraggio dimostrato da ognuno di noi, ora, nel pretendere di eleggere un rappresentante di un'Europa politica in cui le decisioni valgano per tutti?
Possiamo reagire scappando o combattere per unirci, dimostrando al mondo qual è il suo vero centro di gravità.