Anche in Russia dal 24 febbraio niente è più lo stesso

(di David Rossi)
07/03/22

Per questo articolo che state per leggere, in Russia l’autore e il direttore oltre a 15 anni di prigione rischierebbero la vita. E se non fosse che riportiamo informazioni da fonti già di pubblico dominio, la rischieremmo anche fuori dalla Russia.

Quello a cui stiamo assistendo non è solo una guerra devastante ma anche la definitiva trasformazione di un regime autoritario, bloccato in una dittatura. Il rincorrersi delle voci sulla proclamazione della legge marziale sta convincendo decine di migliaia di Russi, della middle class benestante, a trasferirsi all’estero, prima dell’irreparabile. Intendiamoci: lo fanno con mezzi confortevoli e senza avere il cuore a pezzi, come i profughi ucraini, ma fuggono dallo stesso “nemico”.

Questo perché, lo zar, fuori controllo per quelle che un collaboratore del presidente Macron presente ai colloqui con Putin ha definito “paranoie”, dal 24 febbraio quasi ogni giorno ha ridotto i diritti civili più elementari e ha imposto sanzioni abnormi a chi si ostina a esercitare la libertà di pensiero e di espressione.

L'apparato statale di censura, Roskomnadzor (immagine apertura), ha costretto i media a attingere solo a fonti governative o a subirne le conseguenze, con multe e blocchi; inoltre, ha imposto alla stampa il nuovo linguaggio da adottare per descrivere gli eventi, fra cui la celeberrima definizione della guerra di invasione come spetsial'naya voyennaya operatsiya (operazione militare speciale) in linea con la descrizione di Vladimir Putin.

Il primo marzo la radio indipendente Ekho Moskvy (Eco di Mosca) e Dohzd (Pioggia), ultimo canale televisivo non controllato dal Cremlino, sono state costrette a chiudere.

La censura, anche se non ancora la chiusura, è calata anche su Novaya Gazeta, giornale di grande autorevolezza, anche per il martirio di sette giornalisti durante gli anni “moderati” del regime putiniano, tra cui Anna Politkovskaya. Ricordiamo che nell'ottobre 2021, il caporedattore di Novaya Gazeta, Dmitry Muratov, è stato insignito del Premio Nobel per la pace, insieme a Maria Ressa, per la salvaguardia della libertà di espressione nelle loro terre d'origine. Coraggiosamente, Muratov ha ordinato di stampare il giornale in entrambe le lingue, russa e ucraina

Non meno attivi sono stati i ministeri culturali. ll 28 febbraio, gli insegnanti russi hanno ricevuto istruzioni dettagliate su come parlare agli studenti di temi di interesse del governo, fra cui la guerra in Ucraina.

I bambini sono stati indottrinati con cartoni animati di propaganda appositamente preparati.

Ad altre istituzioni, come il Teatro Mayakovsky di Mosca, è stato imposto di "astenersi da qualsiasi commento sul corso delle azioni militari in Ucraina", avvertendo che qualsiasi giudizio negativo sarebbe stato "considerato un tradimento contro la Patria".

Lunga è la lista di media stranieri bloccati, tra cui BBC News Russian, Voice of America, RFE/RL, Deutsche Welle e Meduza, nonché Facebook e Twitter. Lunghissimo è invece l’elenco di TV e giornali che hanno ritirato i loro corrispondenti in relazione a un provvedimento del presidente Putin che introduce pene detentive fino a 15 anni per coloro che pubblicano "informazioni consapevolmente false" sulla guerra e su altre posizioni del governo.

Non mancano migliaia di arresti fra chi protesta, per ora solo contro la guerra in Ucraina, con madri e bambini piccoli detenuti alla stregua di pericolosi eversori.

È di oggi la notizia, da fonti di intelligence occidentali, che la Russia ha iniziato i preparativi attivi per la disconnessione da Internet globale: entro e non oltre l'11 marzo, tutti i server e i domini devono essere trasferiti nella zona russa. Inoltre, si stanno raccogliendo dati dettagliati sull'infrastruttura di rete dei siti1.

Pensare che questa stretta del controllo statale possa diminuire a breve o a medio termine è pura utopia: né Putin né i suoi “fedelissimi” possono permettersi il lusso di far sapere al Paese che i soldati russi sguazzano nel fango con razioni di cibo scadute da sette anni e senza carburante, né che la popolazioni di tutte le città di lingua e cultura russa dell’Ucraina orientale sta resistendo all’invasione, tantomeno che a ottant’anni di distanza i Russi bombardano allo stesso modo dei Tedeschi le stesse città.

Già sono noti i casi dei miliardari costretti a non lasciare il Paese: presto assisteremo alla chiusura delle frontiere per mantenere gli uomini in età di leva e i riservisti all'interno del paese, allo sviluppo di una economia autarchica e alla definitiva soppressione dello Stato di diritto.

La Russia ha annientato nei pochi minuti di un discorso televisivo, lo scorso 24 febbraio, un patrimonio di fiducia faticosamente costruito negli anni della Perestroika e mantenuto, nonostante certe durezze del Putin “moderato”, fino a nemmeno due settimane fa.

Ora, dopo la guerra di conquista, il terrore diffuso fra i suoi stessi collaboratori (vedi articolo) e la minaccia di usare l’arma atomica, i Russi, come popolo istruito, apparati amministrativi e élite economiche, sono soli con lo zar e i suoi yesman, isolati dal mondo e guardati come dei paria. Chissà che a qualcuno non verrà in mente di chiedersi di chi è la colpa?