Giovanni Brusca, soprannominato lo scannacristiani, sarà libero dopo 25 anni di reclusione al 41bis. Verrà scarcerato perché anche nei suoi confronti verranno applicati i benefici previsti per i “collaboratori affidabili”. Sarebbe dovuto comunque uscire nel 2022, tuttavia gli è stato concesso un ulteriore sconto di pena per buona condotta.
Ricordo quando venne arrestato, nel 1996, dalla Polizia di Stato, in provincia di Agrigento, non ancora quarantenne.
Prima che lo arrestassero Brusca aveva fatto in tempo a diventare un temuto boss mafioso, esecutore e mandante di numerosi omicidi, tra cui gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino nonché l’uccisione del dodicenne Di Matteo, figlio di un pentito. L’arrivo in questura di Brusca fu accolto da una folla numerosa, mentre i poliziotti suonavano i clacson delle volanti per festeggiare la cattura del feroce mafioso (alcuni intellettuali di sinistra etichettarono negativamente la scena, equiparandola all’arrivo di Pancho Villa a Città del Messico). L’allora governo Prodi si prese il merito della cattura, sottolineando come una coalizione di centro-sinistra si impegnasse quotidianamente nella lotta contro la criminalità organizzata.
Tutto inutile, Brusca uscirà di prigione, libero a 64 anni, è la Legge (infatti è solo l’ultimo di una lunga serie di pentiti che sono stati scarcerati), vivrà magari sostenuto dallo Stato, con alloggio e stipendio. Quello stesso Stato che, fino all’arresto, ha combattuto a colpi di mitra e tritolo. Brusca è de facto l’antistato, colui che alla guida di un’organizzazione malavitosa, con ingenti mezzi finanziari e coperture anche politiche, ha sistematicamente attaccato le Istituzioni italiane.
Sarà vero pentimento? Ne dubito!
Personaggi come Brusca non possono essere riabilitati, possono solo essere disinnescati con l’ergastolo, ma l’Italia è un Paese “civile”. Alla fine dei conti per il numero di omicidi che gli vengono addebitati, Brusca ha scontato solo 2 mesi per ognuno di essi.
