“È un golpista” o “è alla guida di un governo golpista” è l’accusa rivolta a quei leader - di solito privi di un’ideologia e di un sistema valoriale ben definito - arrivati al potere ai giorni nostri per mezzo di una sollevazione e col sostegno determinante (o almeno con l’inerzia) delle Forze Armate e degli apparati di Sicurezza nel loro Paese. È il caso - per fare alcuni esempi - del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi, delle leadership ucraine uscite dalle rivoluzioni del 2004 e 2014 e in questi giorni dell’autoproclamato presidente venezuelano Juan Gerardo Guaidó Márquez e del generale Khalifa Haftar1, guida del LNA.
Ma quanto c’è veramente di “inaccettabile” nel comportamento di un leader, politico o militare, che pone fine all’asservimento di un popolo2, al pericolo dell’annientamento e/o al rischio della consegna del Paese a una potenza straniera3? Per dirla con San Tommaso d’Aquino, “l’essenza della tirannide si esprime nei comandi rivolti dall’Autorità ai sudditi non in quanto soggetti della società bensì come schiavi… Colui che allo scopo di liberare la patria uccide il tiranno va lodato e premiato quando il tiranno stesso usurpa il potere con la forza contro il volere dei sudditi o estorcendo loro il consenso… Tutto ciò, quando non è possibile il ricorso ad una istanza superiore, costituisce una giustificazione” al porre termine anche con la violenza alla tirannia. Già, perché “chi sfugge alla giustizia nei tribunali deve attendersi di trovarla nelle strade”, come afferma Cicerone, il quale dice anche che “facciamo la guerra a coloro contro cui nulla può la legge”.
Il col. Claus Schenk von Stauffenberg, cattolico serio e ufficiale vincolato al Reich di Adolf Hitler da un giuramento, si rivolse in segreto alla Santa Sede per assicurarsi di non compiere un’azione ingiusta assassinando il Fuhrer per impedirgli di portare la Nazione tedesca alla distruzione.
Questo fulgido campione della resistenza antinazista (nella foto, a sx) ebbe a scrivere: “Sento il dovere di fare qualcosa per salvare la Germania; noi tutti, ufficiali dello Stato Maggiore, dobbiamo assumere la nostra parte di responsabilità” a costo di passare alla Storia come traditori e, appunto, golpisti.
Già, le responsabilità dei militari in ogni colpo di stato che si rispetti esistono sia nel caso di un intervento diretto (come nel caso dell’Egitto nel 2013 per rimuovere il presidente islamista Mohamed Morsi) sia nel caso di inerzia di fronte allo scontro tra l’Autorità e i ribelli (come nel caso dell’Ucraina nel 2014). Ancora maggiori sono le responsabilità di quegli uomini (e donne) delle Forze armate che prendono attivamente le parti del tiranno. Va da sé che, parafrasando Abramo Lincoln, il tirannicidio e - in opposizione ai militari complici del despota - l’appello alle Potenze straniere diventano moralmente giustificati quando un popolo ha sofferto sotto un tiranno - e i suoi scagnozzi civili e in divisa - per un lungo periodo di tempo e ha esaurito tutti i mezzi legali e pacifici per porre termine all’asservimento.
In assenza di altri soggetti capaci di opporsi alla tirannia, la Storia e ancora di più la coscienza chiamano gli ufficiali e i subordinati a decidere e, quindi, a agire - per dirla con Carl Schmitt - in uno stato di cose in cui la decisione di terminare l’oppressione è “superiorità alla validità della norma legale. La decisione si libera da tutti i legami normativi e diventa nel vero senso assoluta”. Agendo da “golpisti” e contro la tirannia, civili e/o militari “sospendono la legge sulla base del suo diritto di autoconservazione” dello stato di diritto.
Per questo, anche se la cosa non piace a Mosca con cui Caracas è pesantemente indebitata, ben vengano il “golpista” Guaidó, il “colpo di stato” dei militari e anche - se tutto questo non bastasse - una “ingerenza” militare e/o di intelligence straniera a porre fine al più disastroso e sanguinario esperimento socialista dai tempi della Cambogia di Pol Pot. E quando qualche politicante “sinistro”, “destro” o “grillino” ha la faccia tosta di affermare che “il regime gode di un ampio sostegno popolare” e che “occorre evitare ogni forma di ingerenza, che rappresenta un principio di diritto internazionale”4, a noi viene da dire che troppi italiani sono residenti o - come chi scrive - hanno colleghi, clienti, parenti e amici in Venezuela perché i sottopancia di Nicolas Maduro possano sperare di infinocchiarci.
Per gli italiani le balle propagandistiche stanno davvero a zero.
1 L’azione del LNA a dire il vero nemmeno si configura come colpo di stato: prima di tutto, perché in Libia non esiste uno Stato, ma solo un governo di compromesso; poi, perché il GNA di Sarraj - corrotto ma non tirannico - esercita il potere solo su una modesta porzione del territorio, quindi di fatto abdica all’esercizio delle proprie funzioni “nazionali”.
2 A quei “geni” che considerano l’economia di mercato “asservimento”, ricordo solo che la cortina di ferro e, fisicamente, il muro di Berlino servirono a evitare la fuga dei lavoratori e delle loro famiglie dal “paradiso social-comunista”. Mai si sono registrate fughe da Ovest a Est…
3 A quegli altri “geni” che obietteranno: “L’Unione europea è come la Germania nazista” faccio solo notare che nella Germania nazista non gli sarebbe stato permesso di parlare. Anche solo per dire scemenze.
4 Evitiamo la citazione perché simili idiozie le abbiamo sentite dire da troppi e non divertono più: solo quelle, ingenuotte, di Alessandro Di Battista riescono ancora a far ridere (non siamo certi che sia andato in Irak a mediare con l’ISIS come aveva suggerito in passato).
Foto: web / Bundesarchiv