Profetici cartoni animati giapponesi?

(di Gianluca Celentano)
08/11/23

Quale collegamento può esserci tra la trama di due fortunate serie di cartoni animati giapponesi degli anni ‘70 e i tempi attuali?

Se anche voi a metà degli anni settanta eravate bambini ricorderete gli avvincenti episodi di Capitan Harlock e di Kyashan, il ragazzo diventato androide.

Forse, anche se non lo ammetteranno mai, gli stessi genitori erano catturati dalla novità, ma ciò che è rimasto più in mente è senz’altro la gigantesca Arcadia di Harlock e il suo occhio bendato, così come l’agilità tipo Bruce Lee del ragazzo Kyashan.

In realtà c’è da riscoprire molto di più in quei personaggi...

Prima di continuare un passaggio storico è essenziale: Isaac Asimov, biochimico e scrittore americano (1920-1992), fu il primo divulgatore scientifico a riflettere sull’intelligenza artificiale citando il termine robotica già nel 1942, anno in cui espose le “Tre leggi della robotica”.

1. Un robot non può recare danno agli esseri umani, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri umani ricevano danno.

2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, tranne nel caso che tali ordini contrastino con la Prima Legge.

3. Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, purché ciò non contrasti con la Prima e la Seconda Legge.

Chi ha fatto il militare conosce qualcosa di simile contenuto nelle norme militari riguardanti l'obbedienza per cui un ordine sbagliato può, in determinati casi e condizioni, non essere eseguito (ad es: illegittimo, contro l'ordinamento della Stato o da cui possa derivare danno ad una popolazione civile - a seconda dei vari ordinamenti) ma, nel caso dell’ IA, cioè l’intelligenza artificiale, c’è da chiedersi chi sia il controllore.

È da capire cosa sia emerso dal viaggio della premier Meloni a Londra per il summit sull’intelligenza artificiale (foto), la conferenza mondiale presieduta dai tycoon del settore, tra cui Elon Musk e Sam Altman, padre di ChatGpt. Le poche notizie emerse contemporaneamente alla divulgazione dello scherzo (imbarazzante) alla presidente Meloni da parte dei comici russi, arrivano dal sottosegretario all'Innovazione Alessio Butti: "sosteniamo l'Unione Europea per l'approvazione dell'Artificial Intelligence Act, dalla quale la Ue si è assunta il compito di garantire un uso attento del bene pubblico evitando usi distorti, commerciali o, peggio, di sicurezza".

Un messaggio ancora attuale nei vecchi cartoni animati

Capitan Harlock è un militare diventato un pirata, emarginato dal governo e ribelle nel mondo fantasioso (ma forse non troppo) che l’autore giapponese Matsumoto colloca nell’anno 2977. La Terra ha ormai un solo governo caratterizzato dal disinteresse verso una società abbandonata sul pianeta morente, dove solo pochi privilegiati possono vivere nell’assoluto benessere.

L’Arcadia è la gigantesca astronave con cui il pirata Harlock viaggia per i mari e nei cieli terrestri, ma anche nello spazio e in altri mondi per combattere contro le ingiustizie. Insomma Harlock è una sorta di “garibaldino“, un avventuriero non violento, caratterizzato da una grande lealtà marinaresca. Il messaggio è chiaro e preoccupante: quale potrebbe essere il futuro della Terra se a prevalere fossero governi sempre più inetti ed egoisti?

La trama di Kyashan è in parte connessa a quella di Harlock anche se ha risvolti molto più tecnologici. In una Terra futuristica ormai inquinata, il dottor Azuma, scienziato al lavoro sull’intelligenza artificiale, crea quattro robot dalle sembianze umane per risolvere i problemi dell’inquinamento, ma qualcosa va storto. Infatti i robot, più forti di un essere umano sfuggono al controllo dello scienziato e si prefiggono - autoreplicandosi - obbiettivi opposti, cioè la distruzione del genere umano.

Azuma per combatterli sacrifica l’unico giovane figlio, Tetsuya rendendolo un androide chiamato Kyashan. Questo, alimentato con la luce del Sole ma con la particolarità di possedere un cuore umano, si dimostra molto più forte dell’esercito dei disubbidienti robot.

Non c’è più tempo

Le trame che ho qui riassunto possono aprire un lungo e animato dibattito, da parte mia preferisco citare le parole di un grande magistrato, Nicola Grattieri quando dice: a chi esercita il potere fa comodo avere un popolo ignorante.

Sul tema della conoscenza e della cultura anche il professor Umberto Galimberti spiega il suo punto di vista sulla società attuale: se conosco poche parole penso poco. Nell’Italia dei social cresce l’analfabetismo e si conoscono 50 parole di maggiore utilizzo. "Significa - continua Galimberti - che se conosco poche parole non vuol dire che ho tanti pensieri in testa, i pensieri infatti sono proporzionali alla conoscenza delle parole".

L’individualismo non è una difesa

Sono solo alcuni dei concetti che fanno riflettere sul panorama globale dove, nell’ultimo ventennio, i gruppi di pressione economici hanno la strada spianata e la politica segue precisi slogan per ottenere il consenso o azzittire il dissenso.

Lo sviluppo della connettività ha raggiunto lo scopo di diffondere informazioni - e fake news - in tempo reale, la tv spazzatura di non “appesantire troppo le menti” sommergendo inconsapevolmente tutti quanti.

Saranno “le macchine” a salvarci?

Poca concretezza e società sempre più individualiste dove la solidarietà è apprezzata da pochi. C’è da chiedersi se era questo il futuro che volevamo? Ognuno in realtà può fare la sua parte possibilmente senza un facile click sullo smartphone, ma forse non c’è più tempo.

Sulla minaccia di ricorrere alle armi atomiche, oggi tornata alla cronaca, Albert Einstein disse: L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi.

Forse al dilemma se un giorno l’uomo si estinguerà da solo o per altri eventi, la risposta potrebbe non essere non troppo complicata e magari neppure temporalmente troppo lontana. Chi potrà andrà magari su altri mondi?

Nel film Comandante di Edoardo De Angelis, mi ha colpito una delle ultime frasi pronunciate da un ufficiale della Regia Marina colpito a morte durante un cannoneggiamento; nell’ammettere l’assurdità delle distruzioni causate dalla guerra che gli uomini si fanno tra di loro, si augura che un domani forse saranno le macchine a essere migliori dell’uomo.

Ce lo auguriamo vivamente.

Immagini: web / presidenza del consiglio dei ministri