Da molti mesi, con un'accelerazione negli ultimi giorni, si discute dell'ultima mandrakata italiana: la vendita all'Egitto di due unità prossime alla consegna alla Marina Militare italiana.
E da molti mesi, come d'abitudine, si sono create fazioni...
“O Franza o Spagna, purché se magna”
Il partito degli industriali preme per la vendita e sottolinea che l'affare nordafricano (del valore di oltre 1 miliardo di euro) potrebbe preludere a commesse per le aziende della Difesa italiane per molti altri assetti, navali ed aerei in primis, per 10-15 volte tale cifra.
Come dare torto ad una simile prospettiva in un Paese abituato a vergognarsi e bisbigliare le vittorie nel campo delle forniture di armamenti (storicamente miserrime rispetto alla concorrenza internazionale)?
“Patria e dolore”
Il partito dei marinai ovviamente riesce a stento a trattenere il disappunto per l'affronto subito.
Ma come? Solo pochi anni addietro abbiamo ottenuto una (mezza) legge navale perché anche la minima operatività della forza armata era destinata ad andare a farsi benedire... e ora addirittura vendete le nostre navi in consegna?!!!
La Marina Militare in effetti non ha margini ed è in (pericolosa) crisi di mezzi e uomini. Naviglio con quasi 40 anni alle spalle comporta alte spese ma anche incidenti a bordo di varia gravità che non si pubblicizzano adeguatamente.
Situazione simile (talvolta peggiore) in altre Armi... Ma guai a rompere le righe (per non dire altro) da quando ministri della Difesa sono avvocati De Marchis convinti che il miglior modo per far vincere il proprio “Soldatino” sia non dargli la biada...
Come dare torto quindi a militari che sottofinanziati rischiano la pelle su mezzi vetusti? E c'è anche chi ha il coraggio di accusarli di spendere quasi tutto il “ben di Dio” in stipendi...
Hanno dunque ragione entrambi? Esatto. Da un lato è legittimo l'entusiasmo per la prospettiva di una nuova era per l'Industria della Difesa. Dall'altro nascerà la consapevolezza che ai prossimi bandi per gli armamenti destinati alle Forze Armate sarà meglio far partecipare e valutare con più attenzione le garanzie di consegna di fornitori stranieri?
Il problema dov'è dunque? Forse nell'osservare troppo a lungo le FREMM, ci siamo scordati che c'è una guerra in corso oltre il nostro confine meridionale, una stupenda terra (che amavamo e ci amava) chiamata... Libia!
Laggiù, quando ci è stato chiesto aiuto militare abbiamo inviato (in una città con strutture sanitarie complete) un piccolo ospedale da campo che ha lavorato un po' (un po' poco a dire il vero, v.articolo) per poi divenire un contenitore di... scudi umani!
Con l'avanzata degli ultimi anni del generale Haftar, quale occasione migliore per valorizzare i nostri militari se non quella di usarli come "bersagli", anche se da evitare.
Ma l'infamia sarebbe stata minima se la nobiltà non avesse ripreso il sopravvento nella Repubblica: dato che gli italiani “sono sempre pronti ad andare in soccorso al vincitore”, nel momento in cui il governo fantoccio (ma internazionalmente riconosciuto) di Tripoli è sembrato avere le ore contate, il governo Conte ha deciso di puntare - fuori tempo massimo - su un carro già pieno (Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Russia, Siria...), lasciando al suo amaro destino il proprio ex “protetto”.
Il levantino al-Sarraj si è fatto riririprendere in giro? Neanche un po': conoscendoci da molti anni (o forse ricordando quanto siamo riusciti a fare con Gheddafi) il presidente libico ha bussato la porta del consaguineo turco. Erdogan, notoriamente generoso, in cambio di “pochissime” concessioni marittime, industriali, petrolifere e qualche miliardo (in anticipo) per il fidanzamento ha fatto quello che gli è stato chiesto: combattere.
Chi si oppone oggi alla Turchia sul campo con uomini e mezzi in cielo, terra e... mare? Principalmente l'Egitto. Con la vendita delle navi aiutiamo dunque gli avversari del governo che fino allo scorso anno abbiamo sostenuto.
Ma in fondo a chi importa se l'Industria italiana guadagna miliardi e magari la Marina stringe i denti (ma anche altro) per qualche anno?
Frega ai 300 poveracci - ostaggi ora malvisti da entrambi i belligeranti - che ci siamo dimenticati di evacuare dalla Libia prima di impegnarci in una follia. Perché prima di compiere certe scelte o starnazzare parlando di altro, si deve prendere a cuore la vita (o almeno il decoro della morte) dei propri militari.
Se sarà ufficializzato l'accordo, il nostro contingente in Libia non sarà evitato dall'artiglieria del golpista Haftar, ma potrebbe essere centrato da un paio di granate dell'ennesimo alleato tradito.
Preghiamo il Signore e anche Allah che non avvenga ma, nel caso, non accetteremo “note di biasimo” della Farnesina: i nostri soldati saranno stati uccisi da chi se li è scordati.
Foto: Marina Militare / SIS / presidenza del consiglio dei ministri