È arrivata l’estate: è il momento di divertirci a usare la geopolitica, una disciplina “scientifica” e non un balocco intendiamoci, per una nuova rubrica: tenteremo di sfatare alcuni tabù che ancora oggi condizionano i nostri politici, gli alti ufficiali e i commentatori in generale. Da oggi e per tutta l’estate affronteremo casi di cui crediamo di sapere tutto, che sono così ovvi in apparenza, che possono essere messi in discussione solo per provocazione ma che, alla prova dei fatti, forse non funzionano come pensiamo.
Cominciamo oggi con la Russia: grande, grossa e determinata, davvero è propaganda definirla battibile?
Partiamo col dire che la geopolitica - che ne parli il semplice David Rossi o che ne scrivano Limes o Politico - non è propriamente una scienza esatta: come in tutto l’ambito delle scienze sociali, quanti di noi1 praticano questa disciplina non possono confermare o demolire in laboratorio una teoria, ma - al massimo - riescono a “dedurre” da precedenti storici, dati statistici socioeconomici o comportamento - anche in laboratorio - di piccoli gruppi di animali o persone delle conclusioni che però non sono né riproducibili né falsificabili. È così anche per discipline che spesso, peccando di un eccesso di fiducia, riteniamo “scientifiche”, come l’economia, la sociologia, la psicologia ecc.: sono altrettanto scientifiche della teologia. Il che non vuol dire che siano delle emerite sciocchezze: pensate che la teologia ha dato al mondo il pensiero di Tommaso d’Aquino! Tuttavia, la geopolitica nel suo studio delle relazioni tra la geografia fisica, la geografia umana e l'azione politica, spesso riserva - mi si passi il termine - delle piacevoli sorprese: non mancano analisti che azzeccano previsioni e studi in tutto o in parte.
Insomma, alla fine spesso si incontrano studiosi attenti al rapporto fra il dettaglio e l’insieme, mentalmente flessibili, seri nei giudizi e nelle conclusioni, capaci di analizzare secondo scienza e coscienza, ma anche e soprattutto… fortunati. Sì, non vi scandalizzate: anche Napoleone sosteneva di preferire i generali fortunati a quelli “solo” bravi.
Per questo, nell’analizzare dati, immagini e informazioni che arrivano dalla guerra in Ucraina, ci siamo spesso avvalso delle analisi di esperti che non sono solo più autorevoli di chi scrive - e ci vuole poco - ma soprattutto vantano una lunga serie di successi nel prevedere gli sviluppi del conflitto. È il caso, per fare un esempio con un caso che ben conosciamo su Difesa Online - del generale americano Ben Hodges, di cui abbiamo scritto spesso e che abbiamo anche intervistato due mesi fa (vedi link).
Per essere creduto devi essere innanzitutto credibile: il fatto di “vederci lungo” è un chiaro segno di serietà di giudizio. Così, scopriamo che aveva visto giusto relativamente al crollo della Russia sui fronti settentrionali dell’Ucraina: a metà marzo, affermò che “i russi sono a una decina di giorni da quello che viene chiamato il punto culminante, quando semplicemente non hanno più le munizioni né il personale per sostenere il loro assalto” e quindi ne preannunciò il ritiro da Kiev, Chenihiv e Sumy. Prima delle scene di devastazione di Mariupol e Severodonetsk, lo trovammo a spiegare che il crollo russo non significava che non avrebbero continuato “a uccidere ucraini innocenti” (N.d.A. parole sue) con raid dal cielo e attacchi missilistici né a radere al suolo intere città né a colpire i convogli di profughi, ma che non avrebbero più avuto “la capacità di mettere le mani su Odessa” e men che meno, anche riorganizzandosi, di prendere Kiev. Come si dice “ha fatto ambo” in inglese?
Il generale ha anche anticipato i tempi della nuova offensiva russa, resa possibile dai ritardi nel rifornire l’Ucraina fra aprile e maggio: alla fine di aprile aveva anticipato che le forze russe, imparando dai propri errori, si sarebbero riorganizzate e avrebbero acquisito la capacità di macinare il territorio ucraino nei due mesi successivi. Bingo! Dato che non stiamo in laboratorio, l’aver anticipato più di un evento indica che siamo di fronte a un analista credibile, anche se non il solo.
Ho rammentato Hodges: avrei potuto citare altri autorevoli militari ed analisti anglosassoni e non solo. Sì, perché è proprio nei Paesi anglosassoni che gli esperti di Geopolitica hanno superato un tabù e scrivono liberamente che, secondo i loro studi, la Russia può essere sconfitta nella guerra in Ucraina. Insomma, per loro la Russia non è un’entità metafisica la cui forza militare, morale ed economica si declina solo all’infinito: in definitiva, è un Paese grande da analizzare, non un Paese da trattare solo con dogmi di fede.
Da noi non è così: è bastato che in questi mesi qualcuno scrivesse che la Russia poteva essere sconfitta per scatenare, in questo nostro piccolo universo di cultori della geopolitica, un effetto pari a una sassata in un pollaio. C’è da capirlo: spesso in buona fede si dà ascolto ai leader russi ai quali, da Molotov in poi, piace affermare con grande convinzione che dove arrivano le truppe russe non si ritirano più. Ma non è così: dall’Afghanistan all’oblast di Kiev, dalla Polonia a Vienna, la Russia si è comportata sempre come tutti i Paesi normali, non come una entità predestinata e immutabile.
Non prendete questo atteggiamento russo solo come propaganda e le minacce come smargiassate: ai Russi - come strategia di comunicazione e di negoziazione - è sempre piaciuto l’approccio duro e minaccioso. Sul campo di battaglia come nelle trattative a qualsiasi livello, per i Russi esistono sempre un vincitore - che prende la posta in gioco - e uno sconfitto, cioè una parte che si arrende o esce dal gioco. I Russi conoscono solo la сила cioè la forza, non la moral suasion: non lo diciamo come giudizio etico - ci mancherebbe, è la loro cultura di giovane nazione2, nata nel XVI secolo ed evolutasi in tal senso - ma come constatazione di fatto, come esperienza che può fare chiunque tratti con i Russi e non solo a livello statale.
Quindi, se avete in mente - come prospettiva dei rapporti fra Mosca e Kiev così come fra Mosca e Washington - la ricerca di quella che gli anglosassoni chiamano una win-win situation, vale a dire un gioco a somma non zero in cui tutti i partecipanti traggono vantaggi, toglietevelo subito dalla testa. La Russia non tratta: come ogni imprenditore può testimoniare, i Russi nemmeno discutono il prezzo perché sarebbe per loro una manifestazione di debolezza; o puoi permettertelo o ci rinunci. È ovvio che non vadano a dire in giro che possono essere battuti: è meno ovvio che in Occidente dobbiamo per forza credere - senza discussione - a questa presa di posizione e che chi afferma il contrario diventi un propagandista.
Perciò, un analista di geopolitica non deve chiedere il permesso né dovrebbe essere tacciato di fare della propaganda se sostiene, argomentando e con serietà - in scienza e coscienza, come si dice - che “l'Ucraina potrebbe respingere le forze russe fino ai suoi confini prebellici entro il 2023, spazzando via le forze di occupazione russe dal proprio territorio, perché le truppe del presidente Vladimir Putin sono esaurite". Sì, sono di nuovo parole del generale Hodges. Così, è legittima l’opinione contraria, ma deve ugualmente essere sostenuta da ragioni, non solo da affermazioni di principio. Non basta nemmeno dire che uno Stato è tanto grande (e grosso) che non teme confronti: chiedete agli Afgani che cosa è successo agli imperi britannico, sovietico e americano quando hanno messo piede da quelle parti…
Prendo in prestito un articolo di The National Interest, una rivista americana non certo ostile al Cremlino, per far notare che molte previsioni di tanti commentatori - per così dire, non tacciabili di essere propagandisti ucraini - pubblicate in giro per il mondo prima del 24 febbraio, si sono dimostrate, negli ultimi cinque mesi, a dir poco azzardate, proprio perché fondate su giudizi condizionati da… pregiudizi. Con rispetto per l’autore e riassumendole senza modificarne il senso, ne cito alcune aggiungendo un breve commento personale:
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“la Russia è incoraggiata dalla crescente inferiorità dell'America nel rischiare la guerra con gli Stati Uniti e la NATO nell'Europa orientale”: vero è che Mosca è ancora impantanata in Ucraina e il Mar Baltico è divenuto un lago dell’Alleanza atlantica.
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“L'obiettivo di un'invasione russa è la rapida capitolazione del governo ucraino e delle sue forze militari”: obiettivo mancato e qui è meglio tacere per amor di pace.
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“Prima di lanciare un'invasione, la Russia probabilmente si impegnerà in un massiccio attacco cyber che metterà fuori combattimento il sistema di comando, controllo e comunicazioni (C3) e trasformerà rapidamente l'Ucraina in uno stato fallito”: obiettivo mancato anche perché sono bastati i satelliti di Elon Musk per ovviare a tutto a quanto pare.
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“I bombardamenti aerei russi e le unità missilistiche antinave consolideranno la supremazia aerea e navale russa”: non pervenute, dato che l’Ucraina riesce ancora a neutralizzare aerei, missili e navi russe.
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“Qualsiasi intervento militare statunitense per conto dell'Ucraina o altrove nell'Europa orientale potrebbe suscitare ritorsioni nucleari russe”: Washington e Londra non si sono fermate per questa minaccia e Mosca non ha ritenuto di distruggere il mondo per Kiev.
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“È improbabile che la determinazione occidentale sopravviva alle immagini dei danni devastanti inflitti dalle forze russe”: viceversa, le immagini di Bucha e Mariupol hanno accresciuto la volontà di fornire armi e addestrare gi Ucraini.
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“Sono di pronta sostituzione le tecnologie avanzate di cui gli Stati Uniti e l'Europa potrebbero privare la Russia”: al contrario, persino la Cina popolare si è guardata dal garantire forniture ai Russi.
Era propaganda quella di The National Interest? No! Questa - come altre di quel periodo - era una pregevole analisi, redatta con buona penna, ma vittima della certezza metafisica dell’invincibilità della Russia e dello status di “minor habens” dell’Ucraina rispetto all’ingombrate vicino. Certe affermazioni - almeno finché la guerra non subirà un’escalation e trasformerà definitivamente i Russi in nemici - sono legittime, ma non per questo possono essere sostenute come le uniche vere senza tentare di mettere almeno una zeppa di sostegno.
Non è questo l’unico pregiudizio sulla “Russia imbattibile” che ci portiamo dietro e spesso non sosteniamo con prove fattuali. Pensiamo alle sanzioni: quanti di noi sono certi che le sanzioni occidentali alla Russia siano a dir poco inefficaci o solo dannose per noi? Eppure, gli stessi media russi non indipendenti riportano ogni giorno notizie di impianti fermi per la mancanza di componenti, di interi settori industriali rimasti bloccati perché non arrivano più forniture e di produzioni soggette a un vero e proprio invecchiamento qualitativo per produrre qualcosa invece che niente. Così, in Russia almeno il 95% della produzione meccanica ed elettronica è fermo. Che dire poi del fatto che la Russia ha centinaia di miliardi di riserve in valute pregiate che la proteggono? Ora sono inutilizzabili. Non sarà per caso che nemmeno cerchiamo gli effetti delle sanzioni convinti come siamo che non servano a nulla?
Insomma, proviamo sgombrare il campo dai pregiudizi e a riconoscere il benefico effetto della diversità di pensiero3 se vogliamo analizzare la realtà in modo il più possibile obiettivo, pur senza pretese del monopolio della scientificità - e dell’ultima parola - e ricordando che in ambito geopolitico alla fine conta moltissimo la fortuna - o la mancanza di fortuna - di chi fa un’analisi.
(La prossima settimana apriremo, un altro dossier: la Repubblica popolare cinese, perché definirla solo una potenza economica e non anche un gigante politico-militare aggressivo?)
1 Scusate se parlo al plurale, ma ho studiato la geopolitica in un paio di primarie università europee, non all’università della vita, tantomeno partendo da sociologia o psicologia.
2 Giovane, sì: lo Stato russo è 229 anni precedente alla Dichiarazione di indipendenza americana. Il Regno di Francia e il Regno di Inghilterra sono di 6-7 secoli più vecchi.
3 Da responsabile della redazione geopolitica ho sempre lasciato aperta la porta al pluralismo: su Difesa online sono numerosi gli articoli “geopolitici” di autori che la pensano in modo diametralmente opposto a me.
Foto: MoD Fed. Russa