Il Bangladesh ritorna sulla scena internazionale: dopo settimane di proteste animate dagli Students against discrimination, la primo ministro Sheick Hasina è fuggita da Dakka lasciando il Paese. I disordini in atto sono probabilmente alcuni tra i più violenti mai verificatisi. Le cause sono molteplici, rivestono rilevanza interna ma trovano anche connotazioni attinenti alla politica estera.
Alla base dei moti, le contestazioni contro il sistema di assunzioni pro quota atte a favorire i familiari dei combattenti della guerra di indipendenza dal Pakistan di 50 anni fa, una politica anacronistica ma nepotisticamente comprensibile che, tuttavia, non ha tenuto conto del progresso del Paese.
Dal 1972 il 30 per cento delle ambite posizioni lavorative governative, come accennato, sono riservate ai discendenti dei cosiddetti combattenti per la libertà, mentre altre posizioni sono assegnate percentualmente, con valida giustificazione, ad altri gruppi per non meno del 56% dei posti disponibili (minoranze etniche, donne, persone disabili, soggetti provenienti da distretti sottorappresentati). Non senza fondamento, i manifestanti ritengono il sistema discriminatorio e che dovrebbe variare in funzione del merito, discorso multilatitudine. Gli scontri sono stati particolarmente violenti e hanno mietuto svariate centinaia di vittime, specialmente quando i manifestanti sono venuti a contatto con Polizia e fazione avversa.
Malgrado il Paese abbia goduto di un buon progresso economico, il Bangladesh rimane uno dei soggetti politici meno sviluppati al mondo: la fase post pandemica ha visto la forte decelerazione della crescita del PIL; nel 2023, secondo la Banca Mondiale la crescita reale nel 2023 è calata al 5,8% rispetto al 7,1 del 2022. L’impiego pubblico è più stabile e meglio retribuito rispetto al privato; secondo Bloomberg oltre 400.000 laureati competono per non più di 3.000 posizioni lavorative annue.
I manifestanti ritengono che il sistema pro quota abbia favorito il primo ministro Hasina, dato che il partito al governo, l'Awami League, ha cavalcato la spinta indipendentista del paese. La sospensione del sistema da parte della Corte Suprema non ha evitato la deflagrazione del malcontento, mentre Hasina ha difeso il sistema, latore di forti ed indispensabili sostegni al partito al governo. La promessa di istituire una commissione investigativa, non ha placato gli animi, anzi ulteriormente esacerbati. Di fatto non c’è stato alcun modo di far nemmeno dialogare le parti in causa con, sullo sfondo, la completa paralisi del Paese. il Partito nazionalista del Bangladesh, all'opposizione, sostiene le istanze dei manifestanti.
Di fatto la violenta repressione governativa non è stata sufficiente, come non è bastato limitare o interrompere i servizi internet, associati ad un rigido coprifuoco.
Hasina, ininterrottamente al potere dal 1996 al 2001 e poi dal 2009 quale più longevo capo di governo bangladese, nel tempo ha favorito una svolta politica sempre più autoritaria. Figlia maggiore di Sheikh Mujibur Rahman, che dichiarò l’indipendenza dal Pakistan nel 1971, ne raccolse l’eredità dopo il cruento colpo di stato in cui i suoi genitori rimasero uccisi. I colpi di stato si sono poi succeduti portando al potere Ziaur Rahman, destituito nel 1981, che abolì la laicità dello Stato e che rese la fedeltà islamica uno dei principi cardine costituzionali. Hasina entrò dunque in aspra competizione con Khaleda Zia, la leader del BNP e moglie di Rahman, con la quale governò a fasi alterne.
Instabilità e violenze hanno caratterizzato la vita politica del Bangladesh fino ad arrivare ai nostri giorni, con sospetti sempre più accentuati sulla regolarità dei risultati elettorali. I progressi interni determinati dallo sviluppo hanno consentito la parificazione dell’istruzione femminile, con un contestuale miglioramento della condizione lavorativa. Hasina ha mantenuto buoni rapporti sia con l’India che con la Cina, coltivando legami sia con la Russia che con i Paesi Occidentali. Il prezzo, tuttavia, lo ha pagato la democrazia, con repressione e limitazione del dissenso e della libertà di stampa. Recentemente le NU hanno segnalato che l’utilizzo del sistema giudiziario come arma stava facendo diminuire l’indipendenza della magistratura.
Il copione della giornata è quello classico: cedimento della resistenza per evitare una sanguinosa guerra civile, fuga della leadership, assunzione delle responsabilità di governo da parte delle Forze Armate, con il generale Waker Uz Zaman, agli esordi quale capo dell’Esercito. E centinaia di quesiti sul dopo, posto che nelle relazioni internazionali i vuoti di potere non sono ammessi.
Va da sé che l’effetto psicologico della folla entrante nei palazzi del potere non risolve i problemi effettivi, che rimangono tutti bene in vista, anche alla luce dell’entità del numero delle vittime che si sarebbero potute risparmiare. Mentre l’aereo C-130 di Hasina AJAX1431 atterrava alla base aerea indiana di Hindon, saggiamente il generale Zaman annunciava l'intenzione di consultare il presidente sulla formazione di un governo ad interim, con l’intento di tornare al più presto alla normalità. Poi, volerà vicino a Londra dopo un soggiorno in India. Per Hasina, forse, la prossima fermata potrebbe essere Londra, benché non vi siano certezze in merito.
New Delhi non ha ancora reagito ufficialmente agli sviluppi, pur avendoli monitorati con attenzione e curando un’allerta massima lungo il confine. Prima della fuga, Sajeeb Wazed Joy, figlio di Hasina e residente negli USA, aveva chiesto alle forze di sicurezza di salvare il governo.
Posizione cinese da vagliare. Pechino si è apertamente e da subito schierata con Hasina, con la quale ha stretto diversi e significativi accordi commerciali, tra i quali l’accordo di libero scambio con la collaterale istituzione di un volo diretto Pechino - Dacca. Da non dimenticare che il Bangladesh occupa una posizione strategica tra il Myanmar, alleato del Dragone ed ora attraversato da conflitti interni, e l'India, in annosa competizione con Pechino. Il tutto cercando di mantenere attive le partnership con USA e India. A fronte del debito bangladese, la Cina dovrebbe continuare a garantire gli investimenti negoziati, mentre Washington rimane la principale fonte di investimento.
Fotogramma: RAI