Gerusalemme sfoggia la sua capacità di colpire in 24 ore due punti notevoli, distinti e lontani.
Sono colpi di maglio che a Beirut annientano un alto grado di Hezbollah, a Teheran il capo politico di Hamas, giunto appositamente per omaggiare il neo presidente Pezeshkian.
Dopo la strage di Majdal Shams, colpita dal lutto per la morte di 12 adolescenti uccisi da un razzo di fabbricazione iraniana in un campo di calcio, è arrivata la risposta mirata, misurata, di Israele; una risposta temuta e per la quale si era richiesto di valutare l’intensità della forza impiegata nella rappresaglia.
Firma e precisione chirurgica sono evidenti, chiari, lontani dalle schermaglie del gioco d’ombre finora inscenato. Impossibile depistare, anche perché l’esecuzione delle operazioni è talmente chiara che la firma in calce è nitida.
I messaggi sono diversi.
Il primo - Il 7 ottobre rimane un monito per tutti, sia per chi non ha saputo prevedere sia per chi ha attraversato il confine: tutti dovranno rammentare le ineluttabili conseguenze del risveglio improvvido del cane pazzo di Moshe Dayan.
Il secondo - La potenza militare d’area a tutto tondo rimane Israele, capace di colpire a distanza penetrando le difese nemiche.
Il terzo - Israele vuole incutere timore ai suoi nemici. E ci riesce, perché arriva ovunque, senza difficoltà. Addirittura nella casa del suo nemico.