Nonostante stia combattendo contro Siria, Russia, Iran, Hezbollah e Cuba (proprio nelle ultime ore), lo Stato islamico riesce a produrre tra i 34 ed i 40 mila barili di greggio al giorno. Tradotto in ricavi: 1,5 milioni di dollari al giorno. E nonostante per alcuni siano nemici, è praticamente impossibile non fare affari con lo Stato islamico nella Regione.
Scioccanti rivelazioni quelle raccolte dal Financial Times, sui rapporti commerciali in vigore in Siria. Se da un lato si combatte per liberare Aleppo dallo Stato islamico, dall’altro si svolgono dei veri e propri scambi commerciali tra le fazioni in guerra nelle periferie della città. Ed i ribelli, che acquistano il carburante a prezzi più che triplicati, non hanno scelta perché in Siria non saprebbero da chi ottenerlo.
Lo Stato islamico controlla i giacimenti petroliferi di al-Jabsah ed al-Omar in Siria orientale così come tutti i pozzi dell’Iraq settentrionale ottenuti con la conquista di Mosul. In soli dieci mesi lo Stato islamico ha estratto petrolio dai campi iracheni per un valore di 450 milioni di dollari. E quanti vivono sotto la nera bandiera del califfato non hanno altro scelta che acquistare il combustibile, senza cui resterebbero senza luce e acqua. Senza il carburante si fermerebbe ogni cosa.
“Il semplice rifornimento dei mezzi può richiedere anche un mese. Lo Stato islamico calendarizza la distribuzione del carburante, ma le file di quanti sono in attesa possono raggiungere anche le quattro miglia”.
Lo Stato islamico è ben conscio dell’importanza del petrolio e ha avviato anche una sorta di recruiting.
“Ingegneri e tecnici con esperienza sono avvicinati dallo Stato islamico per lavorare all’interno dei campi petroliferi. Offrono loro un ottimo stipendio, assistenza sanitaria e svariati bonus, impensabili per le persone comuni”.
Eppure i conti non tornano. Nonostante l’Occidente sia ben consapevole dell’utilizzo delle riserve di petrolio, poco o nulla è stato fatto per minare l'infrastruttura necessaria per la produzione. Sarebbe opportuno rilevare un dato: dei 10.600 attacchi aerei della coalizione dall’agosto del 2014, meno di 200 sono stati indirizzati contro gli impianti petroliferi dello Stato islamico. Perché?