Angelo Belloni, ufficiale di marina, sommergibilista, progettista, sperimentatore di innovative apparecchiature navali. Direttore dei corsi della scuola sommozzatori e consulente tecnico della Regia Marina. Un uomo estroverso e geniale che ha dedicato gran parte della sua vita allo sviluppo dei mezzi subacquei.
Fu soprattutto uno di quegli straordinari personaggi che, condussero una vita densa di eventi e di avventure.
Pubblicò dal 1904 al 1948 un notevole numero di articoli sulla “Rivista Marittima” organo d’informazione tecnico-scientifica della Marina Militare fin dal 1868.
Angelo Belloni nasce a Pavia il 4 marzo 1882 da Cesare e Aurelia Rossi della Volta. Frequenta le scuole elementari a Pavia e gli studi superiori al Liceo Beccaria di Milano, quindi, attratto dal mare nel 1899 presenta domanda d’ammissione all’Accademia Navale di Livorno, ma viene scartato alla visita medica per deficienza toracica.
Deciso ad entrare in Accademia, tornò a Pavia si iscrisse all'Università al primo anno di matematica, guadagnandosi anche un posto di alunno al prestigioso Collegio Ghislieri fondato da papa Pio V (1504-1572), la cui figura è legata alla costituzione della Lega Santa e alla vittoriosa Battaglia di Lepanto (1571), e alla Canottieri Ticino la più antica società remiera di Pavia e una delle più antiche d’Italia.
Sorta nel 1873 come società di canottaggio, attualmente la Canottieri Ticino occupa un’area di circa 10 ettari all’interno del Parco del Ticino e vanta 680 Soci.
Si mise a remare sul Ticino come un forsennato d’estate e d’inverno con la “yole a quattro” (natante di legno a remi, veloce e dalla forma sottile) dell’equipaggio universitario di campionato, o da solo con il “sandolino” (piccolissima imbarcazione lunga e stretta a fondo piatto, dove siede un solo vogatore, munito di un remo alla battana, che si afferra a due mani per la parte centrale e si immerge nell’acqua alternativamente a dritta e a sinistra, senza appoggiarlo ad alcuno scalmo), passando sull’acqua giornate intere.
In un anno la circonferenza del suo torace aumenta di 14 centimetri e così, ripresentatosi a Livorno nel 1900, viene ammesso a frequentare l’Accademia. Conclusi brillantemente i tre anni di studio, giunge secondo nel suo corso dopo Giancarlo Vallauri (1882-1957) sempre primo nei tre anni di corso.
Ai primi di febbraio del 1904 il Marco Polo parte per l’Estremo Oriente e il giovane Belloni visita Cina, Corea e Giappone. Si narra che l'imbarco sul Marco Polo e la partenza verso l'Oriente sia dovuto alla madre, preoccupata per l'innamoramento di Angelo con un'attrice di teatro. Con l'aiuto di Carlo Mirabello (1847-1910) allora Ministro della Marina e fratello di una amica della madre, si riuscì ad ottenere con urgenza il suo imbarco su quella unità.
Tra il 1917 ed il 1918 il Marco Polo, ormai inabile al servizio attivo, venne convertito in trasporto truppe nell'Arsenale di Venezia. All'uscita dal cantiere, il 4 aprile 1918 fu riclassificato nave sussidiaria di 1ª Classe col nome di Cortellazzo ed inviata in Dalmazia. Il 12 settembre 1919 l'unità, contrariamente agli ordini ricevuti, aderì all'impresa di Fiume di Gabriele d'Annunzio, ed il 1° ottobre 1920 venne ribattezzato Europa. Tornata in Italia, il 16 gennaio 1921 venne disarmato.
Avendo il suo equipaggio contravvenuto agli ordini dello Stato Maggiore della Marina, affinché se ne cancellasse memoria lo stesso giorno fu reimmatricolato con il nome di Alessandro Volta (foto).
Con l'Elba arriva a Shangai e sul Puglia raggiunge la Corea e il Giappone, dove assistette al recupero dell’incrociatore russo Varyag che costutuì il suo debutto in materia subacquea. Parlando il giapponese salì sulla nave e chiese il permesso di visitarla e di fotografarla, inviando poi una relazione al Ministero che il comandante del Puglia trasmise a Roma. Ricevendo un elogio dal ministro Mirabello e la pubblicazione della relazione sulla "Rivista Marittima".
Il Varyag partecipò ad una delle prime battaglie della guerra russo-giapponese del 1904-1905 nel porto coreano di Chemulpo (ora Inchon), riportando gravi perdite. Per decisione del comandante l’incrociatore fu affondato. Nel 1905, venne riportato in superficie e successivamente collocato nel museo in Corea. L’11 novembre 2010 presso l'ambasciata russa a Seul, alla presenza del presidente russo Medvedev, la bandiera di prua del Varyag è stata trasferita definitivamente in Russia. Dopo la cerimonia di consegna, la bandiera è stata issata a bordo di un incrociatore lanciamissili Varangian.
A Shanghai, forte della sua esperienza di canottiere della "Ticino" compone una squadra di 14 uomini, allenamenti intensi, bistecche e uova tutti i giorni per l'equipaggio, portandola alla vittoria in una regata contro i soldati americani imbarcati sull’Oregon.
Rientrato in Italia dal 1905 è imbarcato sulle navi Morosini, Saint Bon e Benedetto Brin. Nel 1909 studia e brevetta il primo congegno di punteria a linea di mira indipendente e nel 1910 viene mandato prima a Brindisi e poi all’Officina Siluri di San Bartolomeo della Spezia. Aggregato alla missione di collaudo dei nuovi siluri Whitehead ad aria calda, è inviato a Fiume, dove accosta studenti irredentisti, italiani e slavi, appassionandosi ardentemente alla loro causa.
A causa di una grave forma di otite con conseguente sordità, viene posto in congedo il 16 settembre del 1911. Ha solo ventinove anni. Lasciata con rammarico la Regia Marina, viene assunto dalla Fiat-San Giorgio e incaricato dei collaudi e della consegna dei sommergibili che il cantiere del Muggiano costruisce per le forze navali straniere.
Il primo sommergibile costruito al Muggiano fu il Foca varato nel 1907, cui fecero seguito, nel 1908, altri due battelli, costruiti per la Svezia e la Danimarca progettati dal direttore dello stabilimento, l'ingegner Cesare Laurenti (1865-1921). Questi sommergibili, dotati di motori a benzina per la navigazione in superficie, diedero brillanti risultati. L'azienda acquistò in breve tempo reputazione mondiale costruendo sommergibili per Italia, Brasile, Portogallo, Inghilterra, Giappone, Russia, Svezia e Olanda.
Nel 1917 la costruzione di sommergibili richiese un aumento di mezzi e di personale e la “FIAT San Giorgio” acquistò il cantiere appartenente alla società “Cantieri Navali Riuniti” incorporandone le capacità produttive.
Acceso interventista durante la fase della neutralità italiana, il 4 ottobre 1914 compie un vero e proprio atto di pirateria impossessandosi, assieme ad una quindicina di marinai convinti di partecipare ad una missione segreta, di un sommergibile costiero costruito nei cantieri navali del Muggiano e destinato alla Marina russa (l’unità era contraddistinta solo dalla sigla di costruzione, F-43, se fosse stata consegnata avrebbe avuto il nome di Svyatoi Georgjy; varato il 5 luglio 1914, sarebbe poi stato requisito dalla Regia Marina ed iscritto al quadro del naviglio militare con il nome di Argonauta (foto). Il nome di un cefalopode appartenente al genere dei molluschi marini, ma ci ricorda anche i mitici Argonauti, audaci navigatori greci narrati nell'opera "Le Argonautiche" di Apollonio Rodio.
L’idea di Belloni era quella di attaccare unità della imperiale marina da guerra austro-ungarica costringendo così l’Italia ad entrare in guerra. Il tentativo fallì, anche perché Belloni si recò prima in Corsica per rifornirsi di siluri e cercare l’appoggio della Marina francese, che, sentite le autorità italiane, bloccò il battello ad Ajaccio. Il Ministero ordinò immediate indagini all’ammiraglio comandante in capo del Dipartimento e l’avvio di un’inchiesta che provocherà l’apertura di un fascicolo penale al Tribunale di Sarzana, competente per territorio (all’epoca il Tribunale non aveva ancora sede alla Spezia).
Anche perché il proprietario dell’azienda, avvocato Giovanni Agnelli, sporse a sua volta denuncia-querela contro il Belloni, per il grave danno causato alla Fiat-San Giorgio. Il processo fu incardinato non solo a carico del Belloni, ma anche del direttore amministrativo del cantiere, cavalier Giuseppe Boselli e di quello tecnico, Cesare Laurenti, successivamente scagionati in istruttoria. Messo agli arresti, Belloni fu processato con l’accusa di “furto di sommergibile” e altre dodici imputazioni. In tempi normali sarebbe stato condannato, ma l’entrata in guerra dell’Italia e le sue indubbie capacità convinsero i giudici del tribunale militare ad assolverlo con formula piena.
All’entrata in guerra dell’Italia, gli alti gradi della Regia Marina dimenticarono i suoi difetti d’udito e lo richiamarono in servizio con il grado di sottotenente di vascello. Convinto dell’importanza del mezzo sommergibile e delle potenzialità militari insite nelle attrezzature subacquee, divenne ben presto sostenitore dell’arma sottomarina, tanto da essere destinato alla nuova specialità.
Nel 1915 gli fu affidato il comando del sommergibile tascabile A-1. Durante il conflitto partecipò a ben 112 missioni, quindi, dal 1918 al 1925 partecipò prima a missioni di guerra in zone non smobilitate, rimanendo poi nell’Alto Adriatico per lunghi periodi di lavoro o prestando servizio nelle sedi di Venezia e Pola. Il 1° ottobre 1925 entrò a far parte della Divisione Sommergibili, partecipando alle normali attività addestrative e alle gare di lancio e attacco. Cessò la sua attività il 23 marzo 1928.
Fin qui la sua carriera nella Regia Marina, ma Belloni è ricordato anche per aver dato vita al corpo degli incursori subacquei. Il 27 novembre 1917, mentre stava tornando alla base dopo una missione, il sommergibile Galileo Ferraris (foto) si incagliò un paio di miglia a settentrione della foce del Po di Gnocca. Una volta trainato a La Spezia, valutati i danni, si decise di procedere al disarmo del mezzo. Belloni, tuttavia, riuscì a convincere i vertici della Marina ad utilizzare il sommergibile come mezzo “avvicinatore” degli incursori.
Così nel febbraio 1919 il Ferraris, al comando di Belloni, iniziò una serie di prove nelle acque comprese tra La Spezia e Palmaria. Esaurite le risorse economiche a disposizione, la Regia Marina radiò il sommergibile il 15 dicembre 1919.
Passione e competenze non potevano però tenere lontano Belloni dal suo amato mondo subacqueo, per cui, quando seppe che il Ferraris sarebbe stato radiato, colse al volo l’occasione e - ancora con il sostegno dell’ammiraglio Thaon di Revel (1859-1948), dell’ex governatore dell’Eritrea Giuseppe Salvago Raggi (1866-1946) e del commendatore Aldo Borletti (uno dei tre fratelli Borletti imprenditori lombardi che gli firmò un assegno di centomila lire) - riuscì a convincere il Ministro della Marina, ammiraglio Giovanni Sechi (1871-1949) a cedergli il sommergibile.
Il Galileo Ferraris, fu iscritto nelle Capitanerie d’Italia come “sommergibile da commercio". Sorge naturalmente qualche dubbio sul reale scopo dell’iniziativa di Belloni e della disponibilità della Regia Marina: la concessione ad un privato di un sommergibile, era davvero inconsueta. Questi dubbi li ebbero ovviamente anche gli inglesi, quando il Ferraris fece tappa prima a Port Said e quindi a Port Sudan.
Con il Ferraris, Belloni ottenne dalla Regia Marina in affitto, con facoltà di acquisto, anche due vedette, il Cerboli da 280 tonnellate e il Fortunale da 340, (dovrebbe trattarsi dell’ex mercantile norvegese Lionell Jacobsen, varato nel 1912. Acquistato dalla Regia Marina ed entrato in servizio nel 1916, fu radiato nel 1919). Entrambe furono immatricolate come "piropescherecci". Queste unità avrebbero dovuto svolgere il ruolo di unità d’appoggio al sommergibile nella nuova attività che il Belloni intendeva intraprendere: quella della ricerca di banchi perliferi e di pesca delle perle nel Mar Rosso.
La sua intenzione prevedeva che il Ferraris si appoggiasse sul fondo, consentendo ad alcuni membri dell’equipaggio, con indosso una sorta di guaina di tessuto gommato ed impermeabile, dotata di cappuccio con oculari, quella che fu poi chiamato “vestito Belloni” (foto), di uscire dallo scafo tramite un compartimento stagno e, camminando sul fondo, identificare i banchi perliferi. Ma l’ostilità dei pescatori, la scarsità dei banchi e la cattiva qualità delle perle, convinsero Belloni ad abbandonare il progetto.
La pesca delle perle alle Dahlak aveva interessato una dozzina di anni prima anche un francese, Henry de Monfreid. Pure lui fallì nell’impresa.
Decise quindi di impiegare il Ferraris nel recupero dei relitti e a tale scopo ottenne in prestito dalla Regia Marina un pontone e due vedette. Ma anche questa iniziativa non sortì grande successo. Alla metà del 1921 il sommergibile viene parzialmente demolito ed il ricavato della vendita del suo motore e di poche altre attrezzature, nonché quella del Cerboli, va in parte alla Marina stessa ed in parte a coprire le spese di rientro in Italia dell’equipaggio.
Seppure con notevole ritardo, le idee di Belloni propagandate fin dal 1914 in convegni e scritti, si fecero largo. La sua fama di abile tecnico era così nota che nel 1940, nonostante avesse ormai 58 anni, la Regia Marina lo richiamò in servizio affidandogli la direzione della scuola per l’addestramento degli operatori subacquei. Insieme al maggiore del genio navale Teseo Tesei (1909-1941), gettarono le basi della X Flottiglia Mas.
Senza Belloni, le sue invenzioni e la sua insistenza nell’allestire la scuola sommozzatori, le coraggiose imprese compiute dagli operatori della X Mas, non sarebbero state possibili.
L’idea originale di Belloni di impiegare dei guastatori subacquei che, fuoriuscendo da un sommergibile, potessero camminare sul fondo trasportando sulle spalle una carica esplosiva da collocare poi sotto le carene delle navi nemiche era stata, infatti, modificata, prevedendo di utilizzare nuotatori subacquei che, sempre uscendo da un sommergibile immerso o da appositi vani ricavati nella carena di una nave riuscissero ad avvicinarsi agli obiettivi e ad agganciare dei bauletti esplosivi alle alette antirollio delle navi nemiche.
Con il perfezionamento dei mezzi, si giunse ad eclatanti successi come quello della Baia di Suda (25-26 marzo 1941, a cui partecipò un altro pavese Angelo Cabrini), e all’impresa di Alessandria d’Egitto del 19 dicembre 1941, che privò per un lungo periodo la Royal Navy delle sue navi da battaglia nel Mediterraneo.
Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 la X Flottiglia Mas, sotto il comando di Junio Valerio Borghese (1906-1974), rimase in gran parte bloccata a La Spezia, dove si riorganizzò in corpo franco, poi entrato nella Marina della Repubblica di Salò.
Belloni aderisce alla Repubblica Sociale, assumendo il ruolo di "Consulente Tecnico" e comandante della squadriglia di tre piccoli sommergibili “C A”. Il 25 maggio del 1944 è coinvolto in un incidente stradale che lo blocca per nove mesi nei vari ospedali militari.
Il 10 marzo 1945 ottiene da Borghese di riprendere servizio presso il Nucleo Sommozzatori “Bocca Serchio” a Sant’Andrea (Venezia). La guerra finisce, Belloni (nella foto il quinto da sx) viene arrestato dai partigiani e rinchiuso nel carcere di S. Maria Maggiore, con molti altri della X Flottiglia Mas.
Elementi rimasti al sud, assieme a numerosi prigionieri rilasciati dai campi di prigionia alleati, riorganizzarono l’unità con il nuovo nome di “Mariassalto”, di base a Taranto e comandata dal capitano di fregata Ernesto Forza (1900-1975). Questa unità partecipò ad azioni al fianco delle unità alleate, come quella effettuata nella notte del 21 giugno 1944 nel porto di La Spezia che portò all’affondamento dell’incrociatore pesante Bolzano, ultimo superstite della sua classe, e all’ulteriore danneggiamento dell’incrociatore Gorizia, già in riparazione per i danni subiti in un bombardamento. In questo gruppo era inquadrato anche il reparto NP (Nuotatori Paracadutisti) del reggimento San Marco, che effettuò numerose operazioni d’infiltrazione dietro le linee nemiche, sbarcando da MAS italiani o da sommergibili. I Nuotatori Paracadutisti furono il primo reparto alleato ad entrare in Venezia il 30 aprile 1945.
Nel 1954 il gruppo fu ricostituito con il nome di Comsubin (Comando Subacqueo Incursori), con base al Varignano di La Spezia.
L’8 maggio del 1945 viene liberato e salvato dalla fucilazione dal comandante Lionel Buster Crabb (1909-1956) creatore degli uomini rana inglesi e personaggio di spicco nella Royal Navy. Aveva creato gli anti-mezzi insidiosi a Gibilterra, che avevano causato la morte di Licio Visintini (1915-1942) e di Giovanni Magro (1916-1942).
MI6 reclutò il comandante Crabb (foto) nel 1956 per indagare sull'incrociatore sovietico Ordzhonikidzeche che aveva a bordo Nikita Khrushchev (1894-1971) e Nikolai Bulganin (1895-1975) in una missione diplomatica in Gran Bretagna. Secondo Peter Wright nel suo libro "Spycatcher" pubblicato nel 1987, Crabb fu inviato per indagare sull'elica dell'Ordzhonikidze, un nuovo disegno che i servizi inglesi volevano esaminare. Il 19 aprile 1956, Crabb si immerse nel porto di Portsumouth scompartendo per sempre. Dieci giorni dopo i giornali britannici pubblicarono storie sulla scomparsa di Crabb in una missione subacquea. L'esperto di immersioni inglese Rob Hoole scrisse nel 2007 che Crabb era probabilmente morto di avvelenamento da ossigeno o avvelenamento di anidride carbonica e che l'età di Crabb e la cattiva salute causata dal suo pesante bere e dal fumo, lo avevano reso inadatto alla missione che gli era stata assegnata.
Il comandante Crabb sapendo delle sue doti e della sua grande esperienza, lo vorrà come collaboratore nello sminamento dei porti italiani. Nasce una "Stazione Sperimentale Subacquea," nel Forte di Sant’Andrea. Belloni è nominato "Technical Adviser" della “Allied Navies Experimental Station”, mette a punto nuovi autorespiratori, dedicandosi con alcuni uomini "Gamma" all’arduo compito di sminamento della Laguna.
Un anno dopo, il 1° luglio del 1946, gli Alleati lasciano Sant’Andrea e consegnano la "Stazione Sperimentale" alla Marina Italiana. Belloni resterà in forza come Consulente Tecnico, mettendo a disposizione di Maricentrosub tutta la sua esperienza in materia, nonché la sua documentazione di 35 anni di attività subacquea.
Fu congedato dalla Marina con il grado di capitano di corvetta. Continuò la collaborazione con la Pirelli, che aveva rilevato i suoi principali brevetti, e grazie ai diritti d’invenzione poté vivere dignitosamente e rivolgere le sue attenzioni, con oltre mezzo secolo d’anticipo, alle fonti di energia legate al mare e al sole, progettando una centrale ondo-idroelettrica, una centrale turboelettrica sottomarina e un distillatore d’acqua marina azionato dal sole.
Trascorse gli ultimi undici anni della sua vita nel castello Frugone di Cavi di Lavagna.
Belloni che era riuscito a soppravvivere a due guerre mondiali, morì il 9 marzo 1957, a Genova, travolto da un tram mentre si dirigeva a un convegno di sommergibilisti. Assorto nei suoi pensieri e reso quasi sordo dagli esperimenti subacquei in cui spesso aveva fatto da cavia per non mettere a repentaglio la vita di altri, non si accorse del sopraggiungere del mezzo che, a sua volta, non poté evitarlo. In questo modo “banale e terreno” scompariva a 75 anni; un uomo eccezionale per inventiva, carattere, forza d’animo e dedizione alla Marina.
Era ancora viva nella memoria dei vecchi pescatori di Porto Venere l’immagine di un attempato signore che, nell’immediato dopoguerra continuava imperterrito ad immergersi nelle fredde acque del canale antistante l’isola di Palmaria per sperimentare i suoi innovativi strumenti.
Il “Comandante”, come veniva chiamato dagli abitanti del paese, era spesse volte accompagnato nei suoi esperimenti in mare da una vera e propria squadra di piccoli subacquei. Si trattava dei sette figli che aveva avuto da Gabriella Vinassa de Regny, figlia di Paolo Vinassa de Regny (1871-1957), geologo e professore anche nella nostra Università di Pavia, di cui fu anche Rettore, che Belloni aveva sposato nell’ottobre del 1920.
Foto: Marina Militare / web / Royal Navy