Ottantadue anni fa, il 20 maggio 1941, ebbe inizio la battaglia di Creta, nome in codice Operazione “Merkur”. Per la prima volta nella storia della guerra un’operazione per la conquista di un‘isola fu condotta dal cielo e non dal mare, con l’impiego di truppe paracadutiste e aviotrasportate.
Sebbene la Germania nel corso del Secondo Conflitto Mondiale avesse già impiegato truppe aviotrasportate nella Campagna di Occidente, contro la Norvegia, il Belgio e l’Olanda, l’invasione di un’isola, estesa per oltre 250 km e che per grandezza era la quinta del Mediterraneo, con la tattica del cosiddetto “aggiramento verticale” condotto da molte migliaia di uomini, rappresentava un evento che non si era mai visto prima: una rivoluzione nell’arte della guerra.
Il 20 maggio era un giorno sereno e silenzioso. Verso le 6.45 del mattino, una forza di bombardieri in picchiata, distruttori e cacciabombardieri tedeschi, molto più grande del solito apparve nell'area di Suda-Maleme e attaccò il campo d'aviazione e l'area circostante, Canea, le batterie antiaeree e tutte le strade del circondario.
Ogni batteria contraerea subì l’attacco di due o tre bombardieri, e molte di esse furono messe fuori combattimento. Ben presto fu evidente ai difensori che questo bombardamento non era il “bombardamento e mitragliamento quotidiano", cui era sottoposta da alcune settimane l’isola, ma il preludio dell'invasione a lungo attesa.
Lo spettacolo che si presentò agli occhi dei difensori era impressionante. Più tardi, il generale neozelandese Bernard Freyberg, comandante in capo delle forze alleate (CREFORCE) costituite dai contingenti inglesi, australiani, neozelandesi e greci presenti sull’isola, lo descrisse così:
“[…] centinaia di aerei, ondata dietro ondata, venivano verso di noi e giunti sull'aeroporto di Maleme, quando erano solo a poche centinaia di piedi dal suolo, come se fosse per magia, macchie bianche mescolate ad altri colori apparivano improvvisamente sotto di loro, e nuvole di paracadutisti galleggiavano lentamente nell’aria verso terra”.
Creta: un obiettivo strategico
Dopo la pesante sconfitta inflitta nell’aprile 1942 all’esercito greco e al corpo di spedizione britannico, l’intera Grecia continentale e le isole circostanti furono occupate dalle truppe tedesche, tranne l’isola di Creta, che i britannici presidiavano ancora insieme alla guarnigione greca.
Gli inglesi, infatti, appena dopo l’attacco italiano alla Grecia nell’ottobre 1940 avevano immediatamente occupato la Grecia, e presidiato l’isola di Creta con una brigata e alcune unità dell’esercito greco. Inoltre, per utilizzare Creta come trampolino di lancio per le operazioni nei Balcani avevano ristrutturato i tre aeroporti locali e le installazioni portuali nella Baia di Suda
Successivamente fecero dell’isola il punto di raccolta per la maggior parte delle truppe evacuate dalla Grecia.
Per i tedeschi, specularmente, si rendeva necessario occupare l’isola per proteggere il lato meridionale della Germania dagli attacchi britannici e per impedire che dai suoi aeroporti potessero decollare i bombardieri nemici per attaccare i giacimenti petroliferi di Ploesti in Romania, vitali per sostenere lo sforzo bellico della Germania.
Il possesso dell’isola rappresentava, dunque, sia per i tedeschi e sia per gli Alleati un importante obiettivo strategico.
La decisione
La decisione di conquistare l’isola di Creta dall’aria fu presa il 21 aprile 1941, lo stesso giorno della capitolazione della Grecia, presso il quartier generale di Hitler a Semmering in Austria.
Il progetto era del comandante dell’XI Fliegerkorps (XI corpo aereo) generale Kurt Student, il quale lo aveva sottoposto il giorno prima al comandante in capo della Luftwaffe (Aviazione), maresciallo del Reich Hermann Göhring e poi, su ordine dello stesso, a Hitler in persona.
Il Führer approvò l’operazione, nonostante le obiezioni dell’OKW (Oberkommando der Wehrmacht), Comando supremo delle Forze armate e dalla Kriegsmarine (Marina militare), che sostenevano invece la priorità di un attacco su Malta, ma impose che l’attacco dal cielo fosse accompagnato da un attacco dal mare, perché l’operazione non doveva reggersi su una “gamba sola”.
Quattro giorni dopo, il 25 aprile, Hitler emanò la “Direttiva 28”: "Un'operazione per occupare l'isola di Creta (Operazione Merkur) deve essere preparata con l'obiettivo di utilizzare Creta come base aerea contro la Gran Bretagna nel Mediterraneo orientale".
I piani dell’Asse
Il piano originale messo a punto dal generale Alexander Lohr, comandante della IV Luftflotte (IV Flotta aerea), prevedeva un solo lancio di Fallschirmjäger (paracadutisti tedeschi) sull’aeroporto di Maleme e sull’area circostante. In alternativa, Student proponeva di effettuare sette lanci simultanei su punti strategici dell’isola, tra cui Maleme.
Alla fine, prevalse il piano di mediazione proposto dall’OKL (Oberkommando der Luftwaffe), Comando supremo dell’Aviazione e imposto da Göhring, che prevedeva di attaccare quattro obiettivi principali, i tre aeroporti dell’isola e il porto più importante, in due ondate con tre gruppi di assalto.
La prima ondata al mattino su Canea e su Maleme; la seconda nel pomeriggio, sugli aeroporti di Heraklion e Rètimo. Mentre il giorno successivo una aliquota delle truppe della 5ᵃ Gebirgs division (5ᵃ divisione di montagna), al comando del maggior generale Julius ‘Papa’ Ringel, sarebbe stata aviotrasportata e sbarcata nei tre aeroporti.
Secondo il piano, era previsto il lancio di 10.000 paracadutisti; 750 uomini del II Battaglione del Luftlande Sturmregiment (Reggimento d’assalto aviotrasportato della Luftwaffe)) invece sarebbero stati trasportati da alianti; mentre dei 12.000 uomini della 5ᵃ Gebirgs division, 5000 sarebbero stati aviotrasportati e 7000 imbarcati su una flottiglia di imbarcazioni.
L'ammiraglio Schuster della Kriegsmarine era responsabile per il trasporto e lo sbarco di truppe e dei mezzi, ma non aveva unità navali tedesche sotto il suo comando. Le sue navi da trasporto erano piccoli caicchi (pescherecci greci) catturati durante la campagna greca e riuniti nel porto del Pireo. A protezione della flottiglia di caicchi erano schierate due torpediniere della Regia marina italiana, il Lupo ed il Sagittario.
Le truppe paracadutiste ed aviotrasportate erano supportate dall’VIII Fliegerkorps (corpo aereo), comandato dal generale Wolfram von Richtofen, con bombardieri, distruttori e caccia.
L’attacco
La mattina del 20 maggio 1941, alle prime luci dell’alba ebbe inizio l’ Operazione “Merkur”, l’assalto all’isola di Creta.
I primi ad arrivare sugli obiettivi furono i caccia, i distruttori e i bombardieri in picchiata dell'VIII Fliegerkorps, che martellarono le postazioni nemiche, prima del lancio dei paracadutisti e dello sbarco delle truppe trasportate dagli alianti.
L’operazione fu caratterizzata fin dall’inizio da una serie di incidenti. Lo stesso comandante della 7ᵃ Flieger division (7ᵃ divisione aerea) tenente generale Wilhelm Süssmann, che doveva condurre l’assalto su Maleme, fu vittima assieme ai componenti del suo stato maggiore di un incidente mortale. L’aliante sui cui viaggiava era precipitato sull’isola di Egina, dopo che un Henkel He 111 ne aveva tranciato il cavo di rimorchio.
Furono commessi anche errori tattici a causa dell’inefficienza del servizio informazioni tedesco. Che, tra l’altro, ignorava il fatto che il generale Bernard Freyberg era stato allertato dall’intelligence inglese (che grazie al dispositivo Ultra decifrava i messaggi tedeschi trasmessi con la macchina cifrante Enigma) sull’attacco dal cielo delle forze tedesche.
I tedeschi, inoltre, a causa degli errori dei servizi segreti avevano sottovalutato la forza dei difensori, erroneamente valutata in 12.000 soldati. In realtà i difensori erano 42.450, dei quali 32.150 tra britannici e alleati, e 10.300 soldati greci.
Questi dati rettificati delle forze nemiche furono comunicati appena prima dell’imbarco al maggior generale Eugen Meindl, comandante del Luftlande Sturmregiment che aveva la missione di prendere l’aeroporto di Maleme. Ma oramai era troppo tardi per modificare il piano d’attacco.
I servizi segreti tedeschi, inoltre, avevano sottovalutato anche la determinazione della popolazione cretese nel difendere le proprie case.
L’attacco del Luftlande Sturmregiment sull’obiettivo principale, l’aeroporto di Maleme e l’area ad ovest, riuscì solo in parte. I paracadutisti sbarcarono dagli alianti sul letto del Tavronitis e conquistarono il ponte sul fiume. Tuttavia nel corso dell’azione subirono perdite notevoli, tra cui il maggiore Franz Braun e il tenente Wolf von Plessen, che furono uccisi.
I tedeschi si attestarono poi alla base di Quota 107 che dominava l’aeroporto e l’area circostante. Occuparono anche una parte della pista ma non tutto l’aeroporto, a causa della forte reazione nemica.
Per i paracadutisti che erano atterrati a sud-ovest di Maleme le cose andarono anche peggio. La maggior parte finì sulle postazioni nemiche, diventando così facile bersaglio dell’intenso fuoco avversario. In moltissimi furono uccisi in fase di discesa, in violazione alle convenzioni dell’Aja sulle leggi di guerra.
Altri furono massacrati appena toccarono terra; mentre tanti che erano atterrati incolumi, ma dotati solo di armi leggere, non furono in grado di difendersi con efficacia per la difficoltà di recuperare, sotto l’intenso fuoco nemico, i loro contenitori di armi pesanti.
Quando il generale Meindl si rese conto che le operazioni di sbarco stavano andando male, radunò tutte le forze a sua disposizione all’interno del perimetro dell’aeroporto e ordinò a due compagnie di conquistare Quota 107. Poco dopo Meindl fu gravemente ferito.
Andò un poco meglio, anche se le loro perdite furono alte, per i paracadutisti che sbarcarono dagli alianti a sud-est di Canea. Tuttavia, sebbene fossero dotati di armi pesanti e pronti al combattimento, anche questo gruppo di paracadutisti fallì il proprio obiettivo che era quello di conquistare Canea e il porto di Suda.
All’oscuro di tutto questo, Student dal suo quartier generale allocato presso l’albergo Gran Bretagna di Atene aveva ordinato il lancio della seconda ondata.
La seconda ondata di attacchi nel pomeriggio su Rètimo ed Heraklion, si rivelerà anch’essa un mezzo disastro. Gli aerei decollavano con ritardi fino a 17 minuti nella successione dei voli, a causa della lentezza nei rifornimenti di carburante e delle pessime condizioni di visibilità sulle piste, oscurate dalla sabbia e dalla polvere sollevata ad ogni partenza o atterraggio. Ciò aveva determinato che il lancio dei paracadutisti avvenisse in piccoli gruppi e non in massa.
Il rallentamento nei lanci affievoliva inoltre l’effetto devastante dei bombardamenti sulle postazioni dei difensori.
Le truppe paracadutiste incontrano una forte resistenza anche in queste due località, subendo perdite superiori a quelle della prima ondata. Come nel caso della prima ondata infatti i paracadutisti furono lanciati al centro delle postazioni nemiche.
Il colonnello comandante del reggimento dei paracadutisti incaricato di conquistare Rètimo, Alfred Sturm, fu catturato insieme ai suoi ufficiali.
Alla fine della prima giornata di combattimenti erano sbarcati circa 3000 paracadutisti tedeschi, ma nessuno dei loro obiettivi era stato completamente raggiunto e avevano anche subito perdite spaventose.
Tuttavia, i Fallschirmjager avevano resistito e mantenevano alcune posizioni strategiche, sebbene con difficoltà.
A questo punto, secondo lo storico inglese Peter Antill, “se Freyberg avesse sfruttato la sua superiorità di uomini e mezzi per contrattaccare, avrebbe potuto far fallire l'intera operazione tedesca”.
Intanto, da parte sua, l'VIII Fliegerkorps aveva martellato insistentemente gli Alleati per tutta la giornata contrastando qualsiasi contrattacco.
Nella notte tra il 20 e il 21 maggio per i tedeschi anche le operazione in mare non furono coronate dal successo. Un convoglio formato da 63 caicchi scortato dalla torpediniera Lupo, che trasportava le prime unità della 5ᵃ Gebirgs division in supporto ai Fallschirmjäger. fu intercettata da una forza della Royal Navy (Marina reale) composta da tre incrociatori leggeri Dido, Orion e Ajax e da quattro cacciatorpediniere.
Nell’impari scontro, gli inglesi affondarono la maggior parte del convoglio, nonostante l’intervento coraggioso del Lupo che affrontò le soverchianti forze nemiche. La torpediniera italiana fu ripetutamente colpita dal fuoco delle navi inglesi, tuttavia riuscì poi ad allontanarsi e a mettersi in salvo.
Il mattino dopo vi fu la risposta della Luftwaffe (foto) che attaccò la squadra navale britannica e affondò due incrociatori e quattro cacciatorpediniere, oltre a danneggiare altre tre navi.
Il punto di svolta
Quella stessa notte accadrà l’evento che cambierà le sorti dei combattimenti. I neozelandesi abbandonarono Quota107, poiché il loro comandante, tenente colonnello Leslie W. Andrew, avendo perso i contatti radio con le sue compagnie avanzate che avevano già ingaggiato i paracadutisti, ritenne erroneamente che fossero state sopraffatte e, pertanto, di non avere a disposizione forze per contrattaccare i tedeschi.
Tuttavia, i tedeschi lo scoprirono solo alle prime luci dell’alba, quando il dottor Heinrich Neumann, ufficiale medico dello Sturmregiment, in assenza di altri ufficiali, formò un gruppo di combattimento per assalire Quota107. Il gruppo rafforzato da una compagnia di paracadutisti incontrata lungo il percorso, ingaggiò i difensori e dopo una serie di scaramucce, conquistò la cima della collina e ne prese il controllo.
Questa azione consegnò la battaglia ai tedeschi, poiché i difensori non potevano più battere il campo di aviazione dall’alto con il fuoco diretto dell’artiglieria e delle mitragliatrici.
Intanto Student, al quale nel corso della notte continuavano ad arrivare rapporti da Maleme, era giunto alla conclusione che per poter inviare aiuti ai suoi uomini che resistevano ai margini occidentali della pista di atterraggio e ai piedi della Quota 107 bisognava assolutamente conquistare l’intera collina per consentire l’atterraggio degli aerei in quel settore dell'aeroporto, fuori dalla vista dei difensori.
Per verificare la sua ipotesi, Student inviò un Ju-52 con a bordo il capitano Kleye del suo stato maggiore, che all'alba del 21 maggio atterrò sul bordo occidentale dell’aeroporto senza essere visto dai difensori, poiché quel tratto era ad angolo morto. L’ufficiale al ritorno dalla missione riferì a Student che, rassicurato, inviò aerei con viveri e munizioni, di cui i Fallschirmjäger avevano urgente bisogno.
Alle 08:00, sei aerei con i loro carichi di rifornimenti atterrarono sulla pista. Questi velivoli poi evacuarono anche numerosi feriti gravi, tra i quali il generale Eugen Meindl.
Tuttavia la pista principale del campo d’aviazione restava a interdetta all’atterraggio degli aerei tedeschi, poiché era ancora sotto il fuoco dell’artiglieria nemica.
A questo punto, Student prese l’ulteriore decisione di spostare il suo Schwerpunkt (punto di massimo sforzo) da Heraklion a Maleme e affidò il comando dello Sturmregiment al colonnello Bernhard Ramcke, con il compito di conquistare Maleme. Ramke fu paracadutato su Maleme assieme a quei paracadutisti che non erano stati lanciati il giorno precedente, per condurre l’attacco contro i difensori dell’aeroporto.
Si trattava di una forza di circa 550 uomini che formavano quattro compagnie. Le due lanciate ad est dell’aeroporto invece di scendere dietro le file nemiche caddero direttamente sulle postazioni nemiche, subendo pesanti perdite. Tuttavia i superstiti riuscirono ad attestarsi in un villaggio sulla strada tra Maleme e Canea. I paracadutisti delle due compagnie lanciati ad ovest al contrario non incontrarono una forte resistenza. Il che consentì a Ramcke di procedere ad riorganizzare il ricostituito Luftlande Sturmregiment, ora denominato Kampfgruppe Ramcke (Gruppo di combattimento Ramcke).
L’avanzata e la resa
Nel pomeriggio del 21 maggio la situazione volgeva decisamente a favore dei tedeschi. Gli aerei da trasporto dell’XI Fliegerkorp stavano atterrando a Maleme al ritmo di 20 all’ora sbarcando le truppe del 100° Gebirgsjager Regiment della 5ᵃ Gebirgs division, nonostante la pista fosse ancora sotto il fuoco intermittente dell’artiglieria nemica.
Il 22 maggio fu anche respinta una controffensiva dei difensori.
Intanto il generale Ringel, nominato da Student comandante in capo delle forze tedesche a Creta, organizzò le sue truppe per sferrare la principale offensiva terrestre.
Gli attacchi si concentrarono contro Canea e la Baia di Suda, che il 27 maggio caddero nelle mani tedesche.
In pochi giorni le truppe tedesche erano state in grado di penetrare in profondità nelle posizioni britanniche ed alleate, costringendo i difensori a ritirarsi.
Il 28 maggio il generale Freyberg ordinò alle sue truppe di ritirarsi verso Sfakia per poter essere evacuate. Il 29 maggio il quartier generale britannico è stato costretto ad annunciare il ritiro delle truppe ad est della Baia di Suda, di fronte ai pesanti attacchi delle forze tedesche.
Dopo un ultimo contrattacco di una retroguardia britannica a nord dei monti Lefka, furono evacuate Heraklion e Rètimo .
Il 31 maggio avvenne l'ultima evacuazione delle truppe della Creforce da Sfakia verso l'Egitto.
Il 1° giugno le truppe britanniche ed alleate si arresero.
La battaglia di Creta era finita. L’isola passò sotto il controllo dei tedeschi fino alla fine del conflitto.
Intanto il decorso della guerra aveva spostato l’interesse strategico dal teatro del Mediterraneo al fronte orientale. Tuttavia, secondo lo storico militare Karl Gundelach, per i tedeschi il possesso di Creta, oltre a proteggere da sud ovest i campi petroliferi di Ploesti aveva avuto l’effetto di interdire l'Egeo ai britannici salvaguardando l’importante rotta marittima Costanza-Bosforo-Corinto-Italia.
L’isola, dunque, per tutta la durata del conflitto aveva continuato a rappresentare una minaccia latente per le posizioni della Gran Bretagna nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente.
Conclusioni
La conquista di Creta occupa un posto speciale nella storia militare, perché rappresenta la prima invasione e conquista di un'isola mediante un attacco dal cielo.
La tattica del cosiddetto ”aggiramento verticale” condotto con l’impiego di truppe della consistenza pari a due divisioni, è stata una rivoluzione nella strategia militare, che ha offerto lezioni da apprendere per le forze aviotrasportate inglesi e statunitensi.
L’esercito statunitense in un rapporto segreto dell’ottobre 1941 definirà l’assalto di Creta come una “operazione che ha avuto il movimento, il ritmo, l'armonia di una magistrale composizione d'organo”.
A questo punto va sottolineato che uno dei fattori fondamentali del successo dell’Operazione “Merkur” fu la totale supremazia dell’aviazione nel fornire supporto alle truppe di terra e il suo impatto sulle operazioni navali.
Ma un altro fattore fondamentale che, secondo molti studiosi contribuì alla vittoria delle truppe tedesche, è stato la pratica adottata nella forza armata germanica del principio dell’Auftragstaktik (tattica dell’incarico da compiere) che attribuiva l’iniziativa anche agli ufficiali di rango inferiore e agli stessi sottufficiali. Il che aveva consentito ai combattenti di Creta di svolgere i loro compiti in maniera autonoma anche se, come era accaduto nel corso della battaglia, il comandante della 7ᵃ Flieger division e molti ufficiali erano rimasti uccisi.
Questo importante principio della dottrina tedesca era stato fissato anche nel cosiddetto “Decalogo” dei paracadutisti stilato da Hitler in persona: “Devi comprendere appieno il senso di un'operazione, in modo da poter agire da solo in caso di morte del tuo comandante”.
Al contrario dei tedeschi, i britannici e alleati praticavano una leadership accentrata, per cui se non arrivava un ordine dall'alto gli stessi ufficiali superiori non prendevano alcuna iniziativa autonoma.
Tuttavia, per i tedeschi Creta sarebbe stata una “vittoria di Pirro”, secondo la famosa definizione del primo ministro inglese Wiston Churchill, a causa dell’enorme numero di vittime: "oltre 5.000 paracadutisti uccisi e un totale di 15.000 perdite tra morti, dispersi e feriti". Come scriverà lo statista inglese nella sua Storia della Seconda Guerra Mondiale.
Ma secondo la maggioranza degli storici militari è ora possibile, sulla base di fonti d’archivio di recente rese accessibili agli studiosi, ritenere le valutazioni di Churchill inattendibili.
Le stime più realistiche delle perdite tedesche ci restituiscono numeri ben diversi. Su una forza d'assalto di poco più di 22.000 uomini, i tedeschi hanno sofferto circa 6.500 vittime, di cui oltre la metà furono i morti o i dispersi in azione, e il resto feriti.
Di contro, meno pesante fu il bilancio delle forze inglesi ed alleate, con circa 3.500 vittime, di cui poco più di 1.700 morti, e circa 12.000 prigionieri. Il numero dei soldati e dei civili greci caduti non sarà mai conosciuto con esattezza.
L’elevato numero di vittime indusse probabilmente Hitler a dire a Student (foto) il 19 luglio 1941, nel corso della concessione della Ritterkreuz (Croce di Cavaliere) a venticinque eroi protagonisti delle imprese di Corinto e di Creta, che: "Creta ha dimostrato che il tempo delle truppe paracadutiste ormai è finito; l'arma del paracadutismo dipende dalla sorpresa ed il fattore sorpresa non esiste più”.
E il Führer cancellò i lanci di massa.
Gli Alleati, tre anni dopo, nell’autunno del 1944 con l’Operazione“Market Garden”avrebbero smentito la perentoria affermazione di Hitler. Ma va sottolineato che l’Operazione “Market Garden”, al contrario dell’Operazione ”Merkur”, si rivelò un completo fallimento, un vero è proprio disastro. La 1ᵃ divisione aviotrasportata britannica impiegata nell’assalto fu decimata, subendo perdite tra morti, feriti e dispersi notevolmente superiori a quelle patite dal tedeschi a Creta.
Dopo Creta i Fallschirmjäger furono impiegati come truppa di fanteria d’élite per il resto della guerra.
Intanto va ricordato che un mese dopo l’assalto a Creta, il 22 giugno 1941, lo stesso giorno dell’invasione dell’Unione Sovietica, un plotone di paracadutisti del Lehrregiment Branderburg z.b.V.8002, unità per operazioni speciali appartenente all’Heer (Esercito) e non alla Luftwaffe, venne lanciato sul villaggio di Bogdanow vicino alla frontiera della Prussia orientale.
Creta segnò non solo la fine delle operazioni aviotrasportate di massa, ma comportò anche la sospensione per circa un biennio, dal 1941 al maggio 1943, di qualsivoglia operazione aviotrasportata anche su piccola scala.
Soltanto nel 1943 la Germania riprese l’attività aviotrasportata e condusse fino al termine del conflitto ben sette operazioni, che però impiegarono in tutto solo poche centinaia di uomini, incluse alcune operazioni speciali. Quali ad esempio, nell’estate del 1943, la liberazione di Mussolini al Gran Sasso e nel maggio del 1944, la tentata cattura “vivo o morto” del capo della resistenza jugoslava, maresciallo Joseph Tito a Drvar, da parte dello SS-Fallschirmjäger-bataillon 500.
Il timore di Student che dopo Creta Hitler potesse decidere di sciogliere la specialità si dimostrò infondato.
L’Operazione “Merkur” aveva rafforzato nell’opinione pubblica tedesca il mito del successo della gloriosa macchina da guerra tedesca. I Fallschirmjäger venivano considerati come i migliori soldati del mondo e continuavano ad attirare nelle loro file gli elementi più dotati della Hitler Jugend. Furono costituite nuove scuole di paracadutismo, in cui affluirono migliaia di giovani volontari. Fu ricostituita la 1ᵃ divisione Fallschirmjäger.
Hitler stesso ebbe ad affermare che i Fallschirmjäger in combattimento si erano dimostrati addirittura superiori alle Waffen SS.
Riferimenti bibliografici
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Foto:Web