“Attualmente, è quasi impossibile fare previsioni attendibili… La pandemia del coronavirus ci presenta sfide operative e finanziarie sconosciute. Allo stesso tempo, ci sono preoccupazioni per un impatto economico sostenuto", ha affermato il direttore finanziario del gruppo Volkswagen Frank Witter1. “In questo quadro - secondo il mensile Quattroruote - rientra la decisione di sospendere le attività nella maggior parte degli stabilimenti europei per almeno due settimane”, allo scopo, nelle parole del CEO Herbet Diess, di “rallentare la diffusione del virus". Il gruppo ha chiuso perciò le fabbriche in Italia (Lamborghini e Ducati), Portogallo, Slovacchia e Spagna. Sempre secondo Quattroruote, il gruppo “ha attribuito la serrata al significativo peggioramento della domanda di mercato e alle interruzioni delle catene delle forniture”. Tutto questo accade a un’azienda che ha varato due anni fa - parola del Sole 24 Ore2 - “un grande programma di investimenti, 46 miliardi di euro per l’intero gruppo nei prossimi cinque anni, di cui 30 solo per il marchio Vw e le sue controllate”. E pensare che il 2019 si era concluso con la leadership del duo Volkswagen-Audi nel mercato del Dragone con quasi 4 milioni di auto vendute (quasi due quinti delle vendite globali del gruppo…) su 21 milioni di immatricolazioni in Cina. Detto mercato nel febbraio 2020 è sceso di ben il 77% a causa del COVID-19 e a marzo non promette di fare una gran performance: la Cina vive ancora nell’incubo del “contagio di ritorno”, riportato da cinesi residenti all’estero e viaggiatori stranieri.
Ci sono molti di voi, lettori, che dopo il 3 aprile avranno voglia di correre a firmare un contratto per la consegna di un’auto nuova di pacca? Ecco, c’è da dubitare che i Cinesi siano meno prudenti e preoccupati di voi. Secondo Ferdinand Dudenhöffer, un veterano del settore che ora è responsabile dell'analisi automobilistica presso l'Università di San Gallo in Svizzera, riportato da Fortune3, “le prospettive sono desolate per un settore che è già schiacciato dai costi del cambiamento tecnologico e dalle guerre commerciali del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Anche in uno scenario ottimistico, che non presuppone fallimenti bancari e l'inizio di una ripresa per l'economia europea dopo circa tre mesi, si osserva qualcosa simile a un decennio perduto: il mercato dell'Europa occidentale per le autovetture tornerà ai livelli del 2019 solo nel 2030”. In definitiva, “se le persone non hanno soldi non compreranno nessuna macchina", ha detto a Fortune. Questo apre molte questioni sulla sopravvivenza stessa delle grandi imprese, non solo quelle automobilistiche, ma soprattutto sull’impatto di questa crisi senza precedenti e di durata imprevedibile sul sistema bancario.
Il New York Times, parlando dell’Italia4 (ma avrebbe potuto estendere il discorso a Spagna, Germania, ecc.), ha scritto che con l’intera Nazione “effettivamente messa in quarantena, la sua industria chiusa e la spesa dei consumatori ridotta a niente più che cibo e medicine, l'economia dovrebbe contrarsi del 3% quest'anno, secondo una recente previsione di Oxford Economics”.
I lettori terrapiattisti stanno per tirarci addosso le scarpe per il nostro catastrofismo? Beh, imparino l’inglese e leggano che questo scenario (la caduta del PIL del 3% nel 2020), ha buone possibilità di essere persino ottimistico, secondo lo stesso istituto di ricerca. “Le misure volte a fermare la diffusione del coronavirus - sia in Italia che nel mondo - potrebbero ulteriormente deprimere l'attività economica, rendendo sempre più probabile una recessione globale”.
Sempre il New York Times pone bene in evidenza che se la crisi del COVID-19 continua, “molte aziende italiane potrebbero trovarsi a corto di fondi necessari per rimborsare i loro prestiti. Ciò potrebbe indebolire i bilanci bancari fino al punto di crisi”. "È probabile che le banche dovranno essere salvate", ha detto al quotidiano americano Nicola Borri, professore di finanza presso l’università LUISS di Roma. “L'economia è stata sostanzialmente fermata. Probabilmente, vedremo grandi fallimenti Chiaramente, le banche italiane saranno colpite duramente”. Verrebbe da discutere sulle condizioni di un prevedibile soccorso europeo, se la crisi non colpisse allo stesso modo tutti e 27 i Paesi, con Francia, Spagna ecc. ferme per settimane al pari dell’Italia, spesso con le frontiere sbarrate persino alle merci e con doganieri propensi a sequestrare.
Circa l’Italia, lasciamo dire al quotidiano newyorkese quello che né il premier Conte né i leader politici hanno il coraggio di raccontarci: il pacchetto di spese del valore di 25 miliardi di euro per aiutare il sistema sanitario, le aziende e le famiglie a sostenere i costi economici della pandemia probabilmente è del tutto insufficiente e sarà “necessario un pacchetto molto più robusto, forse 10 volte più grande. Ma il governo italiano ha paura di spendere di più per timore di perdere (la fiducia de)gli investitori internazionali, che potrebbero vendere i titoli di stato e aumentare i costi di finanziamento del debito pubblico”.
Non che altrove le cose vadano meglio che da noi: anche se ancora sentite giornalisti main stream parlare di un’economia cinese in calo di pochi decimi di punto percentuale, la prospettiva più realistica per il 2020 è che si verifichi la prima recessione / contrazione del PIL dal 1976 e che il colpo non sarà soft.
Allo stesso New York Times ha detto Cao Heping, economista dell'Università di Pechino5. “Le persone non possono essere convinte a ricominciare a spendere: lo shock della domanda potrebbe diffondersi nell'Asia orientale e poi in Europa e negli Stati Uniti - e il mondo potrebbe affrontare un disastro". Questo succede perché “fermare la seconda economia più grande del mondo si è rivelato più facile che farla ripartire… Potrebbero volerci mesi, se non di più, prima che il Paese sia di nuovo funzionante. Secondo le statistiche ufficiali, la maggior parte delle fabbriche in Cina sono state riaperte, dopo essere state chiuse dopo le vacanze lunari di Capodanno. Ma stanno operando a due terzi della loro capacità”. E non è solo un problema di produzione: i negozi economici come le boutique di lusso di Pechino e Shanghai sono desolatamente vuoti, anche se il COVID-19 non circola più come prima.
Non che nel resto dell’Estremo Oriente la crisi non colpisca duro: la banca centrale del Giappone ha affermato che intende raddoppiare gli acquisti di azioni e aiutare le aziende a ottenere prestiti in risposta alla pandemia di coronavirus, “ma la mossa non è riuscita a impressionare più di tanto gli investitori”, secondo il Wall Street Journal6.
Per il resto del mondo, il crollo dell'attività economiche potrebbe interessare tutti i settori, come è successo alla seconda più grande economia del pianeta, poiché “le misure draconiane progettate per contenerla - così scrive CNN - hanno prodotto uno shock senza precedenti… Siamo in un periodo di tempo davvero senza uguali". In Cina, a fronte di un calo previsto del 5% del PIL nel miglior scenario del primo trimestre del 2020, si è assistito a una crescita preoccupante della disoccupazione: dal 5,2 al 6,3%, una tragedia per un Paese che deve sfamare 1,4 miliardi di persone. Ma anche l’Europa ha oltre mezzo miliardo di bocche da sfamare e potrebbe subire uno shock terribile: "La diffusione di COVID-19 in quasi tutti i paesi significa che la domanda globale si arresterà bruscamente e le supply chain globali saranno ancora interrotte quando le fabbriche di tutto il mondo sospenderanno le operazioni" ha detto a CNN Iris Pang, capo economista di ING.
Deutsche Bank in una nota7 ha annunciato che il PIL degli Stati Uniti potrebbe crollare - è proprio il caso di dirlo - del 13% nel secondo trimestre, vale a dire una volta e mezza la contrazione più marcata durante la crisi finanziaria del 2008-2009. Non esiste nelle serie storiche dell’economia americana un crollo di queste proporzioni. La caduta contemporanea -e probabilmente da record- delle economie delle tre più grandi economie del mondo è un fatto che veramente non permette di fare previsioni perché non era mai accaduto.
Quello che per le grandi imprese è una tragedia - la mancanza di liquidità dovuta prima al fermo dell’economia e poi al crollo della spesa privata - per le piccole e medie aziende vuol dire il fallimento, senza speranze: si può stare fermi un mese, ma solo se c’è la prospettiva di ricominciare a vendere e comprare nel brevissimo periodo. E non pensate, se siete trinariciuti statalisti, che la spesa pubblica possa sostituire quelle privata: gli Stati - anche per merito di un lungo ciclo di inflazione bassa o negativa che a questo punto potrà solo prolungarsi - si sono indebitati in modo pauroso e, probabilmente, per soccorre la sanità, i settori produttivi e le famiglie, nei prossimi 12-24 mesi faranno crescere di almeno la metà il loro debito sovrano. Se non del doppio. Loro stessi si troveranno presto con la cassa vuota.
L’unica soluzione sarà aumentare l’indebitamento, magari spostandolo - nel caso dell’Europa - dai Governi all’Unione europea stessa. Ma sempre di debito si tratterà. E non miliardi ma migliaia di miliardi.
Nei prossimi 2-3 anni, il mondo dovrà attraversare una landa sconosciuta spostandosi al buio e con i fari spenti: quanto si sente la mancanza dei grandi statisti del XX secolo…
7https://finance.yahoo.com/news/coronavirus-will-send-us-gdp-down-a-start...
Foto: United States Department of Agriculture