La politica filo turca proseguirà anche con il nuovo consigliere diplomatico di Draghi?

(di Tiziano Ciocchetti)
17/02/21

L’ambasciatore Luigi Mattiolo è stato nominato consigliere diplomatico del presidente del consiglio dei ministri Mario Draghi.

Anch’egli, come il suo predecessore Piero Benassi, come ultimo incarico ha ricoperto il ruolo di ambasciatore presso la sede diplomatica di Berlino.

Tuttavia attira più l’attenzione il fatto che Mattiolo abbia ricoperto anche l’incarico di ambasciatore in Turchia, dal 2015 al 2018, per poi sostituire lo stesso Benassi (nominato consigliere diplomatico del presidente Conte) quale ambasciatore in Germania.

I governi Conte 1 e 2 hanno condotto una politica estera quanto mai ondivaga, perdendo peso in contesti geopolitici importanti come la Libia (sia quella controllata da Haftar che quella sotto la giurisdizione del premier internazionalmente riconosciuto al-Sarraj), un Paese fondamentale per i nostri approvvigionamenti energetici, nonché per la gestione dei flussi migratori dal continente africano.

Il ruolo dell’Italia nel Paese dell’ex dittatore Gheddafi è stato preso dalla Turchia del presidente Erdoğan.

La svolta si è avuta con l’accordo di cooperazione, sia in ambito economico che militare, firmato dal governo di al-Sarraj e Ankara il 27 novembre del 2019, il seguito al quale la Turchia cominciò ad inviare in Tripolitania materiale militare e miliziani “siriani”. Tripoli, in quel momento, si trovava sotto assedio da parte delle truppe del generale Haftar, quest’ultimo sostenuto apertamente da Egitto, EAU e Arabia Saudita, mentre la Russia e la Francia lo facevano in maniera più velata.

Grazie soprattutto all’artiglieria e ai droni armati (TB2 Bayraktar), i turchi riuscirono a mettere fine all’assedio di Tripoli, in special modo dopo la conquista dell’aeroporto di al-Watiyya da parte delle truppe di al-Sarraj.

Dopo anni di inutili appelli all’Italia e all’Unione Europea per ricevere aiuti militari, il premier riconosciuto al-Sarraj aveva trovato un valido alleato nel presidente Erdoğan che gli permettesse di mantenere in piedi il suo governo (anche se il potere effettivo non lo ha mai detenuto, in quanto costretto fin dall’inizio del suo mandato ad appoggiarsi alle milizie di origine turca di Misurata).

Infatti, è proprio questo il punto: l’Italia ha negato per anni aiuti militari al fragile premier al-Sarraj, nonostante fosse stato sponsorizzato dai vari governi della passata legislatura.

Il successivo governo Conte ha mantenuto questa linea, ignorando che altri attori si stavano inserendo nella crisi libica. Anzi, è sembrato che la politica italiana fosse accondiscendente alla Turchia, favorendo de facto l’occupazione turca della Tripolitania.

Sintomatico il caso della Saipem 12000 - nave per prospezioni petrolifere - che nel 2018 venne allontanata da unità navali turche nella ZEE (Zona Esclusiva Economica) di Cipro (v.articolo).

Inoltre, appare del tutto privo di fondamento la possibilità che Ankara limiti i flussi migratori che partono dalle coste della Tripolitania. Nel recente passato Erdoğan ha utilizzato i migranti come leva di ricatto nei confronti dell’Unione Europea.

Gli eventi di questi ultimi due anni hanno dimostrato come il lassismo italiano, generato da una politica estera priva di obiettivi strategici, abbia invece incrementato la politica espansionistica turca, non solo nel Mediterraneo Orientale.

Ecco perché ora è lecito chiedersi che politica seguirà il presidente Draghi nei confronti della Turchia, tenendo conto che ha conoscenze di relazioni internazionali nettamente superiori rispetto al suo predecessore.

Un consiglio che potremmo dare al consigliere diplomatico Mattiolo è quello di essere meno remissivi nei confronti del turco e far valere, almeno per una volta, anche i nostri interessi nazionali.

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