A 7 mesi dalla caduta in una evidente trappola (vedi articolo) la parola “guerra” non era ancora stata ufficialmente utilizzata dal presidente russo in riferimento al conflitto ucraino. Anche se usata una singola volta nel discorso odierno e riferita al conflitto in corso dal 2014, è ora inequivocabilmente apparsa.
La mobilitazione parziale rivela senza equivoci la dimensione in cui è entrato il paese: “...quei cittadini che sono nelle riserve e soprattutto, coloro che hanno prestato servizio nelle forze armate, hanno determinate specializzazioni militari ed un’esperienza rilevante saranno soggetti a coscrizione”.
Ci sono voluti molti mesi tra rimodulazione di forze e di fronti, purghe di comandanti e soprattutto... decine di migliaia tra morti e feriti per arrivare alla decisione.
Mossa tardiva, non “disperata”
Già da tempo il presidente ucraino dichiarava come obiettivo il ripristino integrale dei confini, Crimea compresa. La “integrità territoriale” della Russia dunque era già a rischio; non saranno di certo dei referendum (già scritti) di adesione alla Federazione a cambiare qualcosa o a giustificare la possibile escalation.
Dal canto loro i vertici delle forze armate russe non hanno atteso le formalizzazioni: da settimane, mezzi moderni (come i T-90M - foto apertura) si stanno ammassando in varie aree a ridosso del confine ucraino.
Arriva la tempesta?
Una lenta ma costante avanzata, negli ultimi mesi si era trasformata in una guerra di posizione che, tra trincee e massacri di civili, aveva fatto tornare alla mente (rispettivamente) i precedenti conflitti mondiali.
Le forze in campo nella “operazione speciale” non erano adeguate alla presa di posizioni difensive rafforzate da mesi di lavori. È possibile che qualche ufficiale si sia chiesto se la strategia da adottare non fosse quella di arretrare invece che dissanguarsi in avanti?
Se così fosse, lasciato velocemente un territorio – preparato e già ben conosciuto – fatte uscire allo scoperto forze le ucraine (ubriache di vittoria anche a causa dalla propria incontenibile propaganda), i russi potrebbero a breve sferrare un colpo micidiale potendo sferrare incursioni lungo i quasi 2500 chilometri di confine (contando anche quello Bielorusso).
Ricordiamo la regola di base nella partita in corso: il territorio russo non si tocca (lo sconfinamento giustificherebbe un immediato “upgrade” bellico da parte di Mosca). Tale regola è ancora valida? Certamente, gli ucraini possono avanzare solo lungo il territorio conteso, a casa loro. Violarla porterebbe ad una mobilitazione totale concedendo immensa forza morale a chi fino ad oggi si è più o meno inevitabilmente sentito un invasore.
Cosa potrebbero fare i russi ora? Raddoppiare i finanziamenti (internazionali) per la stessa propaganda avversaria: le “sveglie” improvvise ed inaspettate non fanno talvolta rialzare da terra chi viene sorpreso.
Ad Ovest serve invece pazienza e – più di tutto – non sottovalutare un avversario che non può permettersi una sconfitta anche sul terreno.
"Politicamente" la Russia ha già perso lo stesso 24 febbraio: ha distrutto una posizione internazionale guadagnata in decenni di lavoro per divenire serva di una superpotenza (la Repubblica Popolare Cinese) che ufficialmente può anche permettersi distanze formali o perfino un'ipocrita mediazione. Tanto sempre alla sua mano dovrà andare a mangiare...
Bisogna dunque prepararsi ad incassare una controffensiva tremenda, lasciando spazio e parola ai soli professionisti in divisa.
Questo anche nell'informazione: i propagandisti da due soldi fanno sorridere per un po' ma alla lunga sono sempre controproducenti.
La pace è lontana. E per l'ennesima volta nella Storia sarà decisa dalle armi, non dalle buone intenzioni.
In Italia, al di là dei "siamo pronti", siamo davvero pronti? (A tirar fuori la testa da un buco nel terreno)
Foto: Уралвагонзавод / MoD Federazione russa / Cremlino