Nasrallah è morto, viva Nasrallah

(di Gino Lanzara)
28/09/24

È finita com’era cominciata. E come probabilmente continuerà. Come Abbas al Musawi, suo predecessore, così Hasan Nasr Allah è caduto sotto il fuoco israeliano.

Seguendo il paradigma di Moshe Dayan, Gerusalemme continua ad interpretare il ruolo del cane pazzo che non può e non deve percepire un pericolo per la sua esistenza. Il rischio è tuttavia, come sempre, quello di rimanere ancora più solo di quanto giù non sia.

C’erano alternative? Probabilmente no. Il fatto che la realtà non goda di adeguata propaganda e diffusione narrativa, non cancella il fatto che negli ultimi mesi il pungolo sciita di Hezbollah abbia provocato sfollati e danni in territorio israeliano, fino alla recente uccisione di bambini drusi in un campo di calcio.

Sia chiaro, l’oggettività degli eventi non pratica sconti a nessuno, ma impone valutazioni complessive che, mai come ora, fanno vedere il tempo degli Accordi di Oslo come miraggi impossibili.

La reazione particolarmente violenta di Israele era da mettere in conto, come era ed è da porre in adeguata considerazione la lontananza geografica del dominus iraniano, valido ispiratore ideologico ma non altrettanto animatore di reazioni dirette. Che Teheran soffi sul fuoco è noto, ma è altrettanto risaputo che la presenza e l’operato di proxies riversi su questi ultimi i pesanti strali israeliani.

Siria, Iraq e Libano conoscono bene l’impietosa realtà della guerra. Eppure, mai come ora, per un principio di credibilità politica, l’Iran deve reagire affrontando le incognite di un possibile conflitto sempre più rischioso. Se è vero che l’instabilità danneggia l’Occidente, è anche vero che l’arco di resistenza iraniano potrebbe cominciare ad accusare il colpo di reazioni particolarmente violente. 

Ma guai a pensare che sia finita con la morte di Nasrallah, chiaro esempio, fino a poche ore fa, di come si perpetuino idee e spinte belliciste; guai a pensare che tutto possa finire in un Paese come il Libano dove Hezbollah si è ormai da tempo sostituito allo Stato e dove dispone di una forza militare dotata in gran misura di mezzi temibili.

Va accettato il fatto che il Libano, in quanto soggetto politico dalla demografia anomala e complessa, non esiste più da tempo, e va preso atto che le sue capacità ormai coincidono con quelle di un partito padrone della scena.

Pur concedendo il tempo di ungere sacralmente un sostituto votato alla lotta ed alla vita clandestina, deve rimanere ben viva per Israele la consapevolezza di un accentuato senso di accerchiamento, con la società libanese gioco forza avvinta ad Hezbollah, visto che gli sciiti sono tanti e che Hezbollah è un’autorità dove l’autorità ormai da decenni non esiste più. Il sistema volente o nolente regge, a maggior ragione in una situazione in cui il caos agevola il conflitto.

Hezbollah è ferito, ma non è finito. La guerra, continua.

Foto: IRNA