Habbaniya 1941: l’assedio che salvò il Medio Oriente dal Terzo Reich

(di Lorenzo Lena)
04/12/24

All’alba del 30 aprile 1941 la guarnigione della base area britannica di Habbaniya in Iraq, meno di duemila uomini, fu sorpresa dal dispiegamento di una forza irachena sulle alture circostanti. In tutto oltre un migliaio di uomini con artiglieria e mezzi corazzati, che sarebbero rapidamente aumentati di quasi dieci volte. Prendeva avvio la fase culminante di quella che sarebbe stata la guerra anglo-irachena del 1941, iniziata di fatto con il colpo di Stato del primo aprile.

Le relazioni tra Gran Bretagna e Regno Hascemita dell’Iraq (indipendente dal 1932) erano andate più o meno rapidamente peggiorando soprattutto per il fervente nazionalismo di una parte della classe dirigente irachena, affascinata dall’ideologia nazifascista e rappresentata da personaggi come l’avvocato Rashid Ali el-Gailani (nella foto seguente, a destra) che venne nominato primo ministro dal cosiddetto Golden Square, un gruppo di ufficiali ultranazionalisti che presero l’effettivo controllo del Paese. In Iraq era rifugiato inoltre Amin al-Husayni, ricercato nel Mandato di Palestina per avere scatenato la Rivolta Araba del 1936 e sempre impegnato nel sostegno ideologico a ogni causa antibritannica.

L’ambasciatore tedesco Fritz Grobba, fervente sostenitore di una alleanza tra nazismo e rivoluzionari islamici, cercò in ogni modo di portare sostegno ai golpisti iracheni.

La risposta britannica al cambio di regime non fu immediata, soprattutto perché mancavano le risorse militari e tra Nord Africa e Mediterraneo la guerra andava abbastanza male da voler evitare di aggiungere un nuovo impegno in Medio Oriente.

Per alcune settimane i rapporti proseguirono in modo ambiguo, sulla base del trattato anglo-iracheno del 1930, mentre da Londra e dall’India si premeva per un’azione che ristabilisse la posizione britannica e Rashid Ali si convinceva, erroneamente, che in uno scontro aperto avrebbe ricevuto l’immediato e diretto sostegno tedesco e italiano.

Il 19 aprile le prime unità angloindiane furono sbarcate a Bassora incontrando scarsa resistenza, una mossa che spiazzò il regime iracheno e mise Berlino davanti alla scelta se aiutare concretamente il Golden Square o abbandonarlo alla reazione inglese. Il 29 aprile, un secondo sbarco a Bassora mise definitivamente in crisi Rashid Ali portandolo a optare per un’azione dimostrativa contro Habbaniya, base della RAF vicina a Baghdad dove avevano trovato rifugio centinaia di civili inglesi fuggiti dalla città. Nelle sue intenzioni la minaccia di una battaglia, che si sarebbe risolta in una sicura sconfitta e un probabile massacro, avrebbe costretto gli inglesi a cedere senza combattere, anche perché le forze appena sbarcate nel sud non sarebbero mai arrivate in tempo per portare soccorso agli assediati.

Questa guerra psicologica avrebbe forse funzionato, se i soldati iracheni fossero stati consapevoli della situazione in cui erano coinvolti e preparati per affrontarla. Al contrario, molti erano convinti si trattasse di una esercitazione o al massimo, come era certo anche il governo, una dimostrazione di forza che si sarebbe conclusa con una resa dei britannici costretti in una posizione indifendibile.

La reazione dei 39 piloti di Habbaniya, molti in addestramento (la base era sede della No. 4 Flying Training School trasferita dalla Gran Bretagna nel 1939), e delle poche centinaia di soldati della guarnigione fu talmente brutale e inaspettata da lasciare come intontiti i diecimila iracheni che avrebbero potuto travolgere le difese del campo, che comunque venne colpito da aerei e artiglieria.

Le continue perdite di mezzi, e soprattutto dei già pochi piloti, vennero almeno in parte rimpiazzate e nei giorni seguenti gli attacchi non si limitarono più alle forze irachene nelle vicinanze, ma colpirono in tutta la regione fino a Falluja e Baghdad incrinando sempre di più il morale del regime. La pista di volo continuò a operare senza interruzioni, consentendo anche l’evacuazione di civili e feriti e l’invio di munizioni con un precario ponte aereo da Bassora.

Dopo una settima di scontri le forze assedianti, sconcertate dalla reazione britannica e rimaste quasi senza viveri, iniziarono a ritirarsi in quella che fu una sconfitta fatale per Rashid Ali.

Durante l’assedio si era cercato in ogni modo di organizzare l’invio di aiuti dalla Palestina e dalla Transgiordania, raccogliendo le pochissime forze disponibili in una marcia attraverso il deserto ostacolata anche dagli attacchi di una forza aerea italo-tedesca che infine era arrivata, ma così ridotta da risultare ininfluente. I rinforzi raggiunsero Habbaniya quasi due settimane dopo che l’assedio era fallito, andando a costituire il nucleo della controffensiva britannica che incontrò una determinata, ma ormai tardiva, reazione irachena.

Entro fine maggio caddero Falluja e Baghdad, con il ritorno in carica del legittimo reggente al trono; le ambasciate dove avevano trovato rifugio i cittadini europei furono messe in sicurezza. Nel vuoto di potere tra la fuga del governo di Rashid Ali in Iran e il ripristino delle precedenti istituzioni, violenze e saccheggi devastarono la città accanendosi soprattutto sul quartiere ebraico, con un pogrom che uccise o ferì un migliaio di persone. Nella prima settimana di giugno vennero prese Kirkuk e Mosul nel nord riportando l’intero Paese sotto controllo.

Dando seguito al successo iracheno iniziò quasi immediatamente l’invasione dei possedimenti francesi di Vichy, in Siria e Libano. A dispetto dell’accanita resistenza franco-araba, che inflisse agli inglesi dolorose perdite, entro inizio luglio caddero Damasco e Beirut cancellando ogni residua presenza organizzata filonazista dal Medio Oriente. Tra agosto e settembre fu il turno dell’Iran, ultimo nella zona del Golfo a mantenere una posizione fino troppo sbilanciata verso la Germania, che venne occupato di concerto con i sovietici intanto entrati in guerra.

È difficile immaginare come sarebbe proseguita la fase mediorientale del conflitto se Habbaniya fosse stata consegnata senza resistenza. Questo avrebbe inferto un colpo forse irrecuperabile al prestigio britannico nella regione, nel momento in cui Erwin Rommel avanzava incontrastato verso l’Egitto, con conseguenze imprevedibili.

La determinazione del governo a non concedere nulla a Rashid Ali, che aveva creduto di trovarsi nella condizione ideale per ottenere un compromesso politico, e la tenacia dei soldati della guarnigione (in gran parte reclute locali di origine assira) impedirono che l’Iraq venisse consegnato all’Asse e posero le premesse per l’effetto domino nei Paesi vicini. Tutti i maggiori responsabili del colpo di Stato riuscirono a fuggire – tra quanti vennero invece arrestati ci fu Khairallah Talfah, zio di Saddam Hussein che sarebbe stato nominato dal nipote governatore di Baghdad nel 1979.

Il fallito e tragico bluff del Golden Square per aprire al Terzo Reich il cuore del Medio Oriente resta uno dei meno ricordati momenti critici della Seconda Guerra Mondiale e dimostra come una situazione in apparenza senza speranza possa essere rovesciata da una inflessibile risolutezza.

Foto: web