Il Pentagono ha diramato i dati delle sortite effettuate dal Raptor sopra i cieli dell’Iraq e della Siria.
Emerge, ma di certo non è una novità, che il contributo del caccia di quinta generazione è stato limitato per lo più alla scorta, con il suo potentissimo apparato software al servizio degli altri aerei della coalizione a cui è demandato il “lavoro sporco”.
“In quasi dieci mesi di attività contro lo Stato islamico, gli F-22 americani hanno effettuato 204 sortite, attaccando 60 postazioni e lanciando 270 bombe”. Numeri del tutto irrisori se paragonati agli aerei della coalizione a guida USA, che nello stesso periodo hanno effettuato 44 mila sortite ed attaccato 7900 postazioni nemiche.
Dicono dall’Air Force all’Associated Press “Il ruolo dell’F-22 è determinante. I suoi sensori contribuiscono a proteggere l’intera flotta e sono determinanti per scovare i nemici oltre il raggio visivo, anche se appare evidente che il Raptor non è stato progettato per ruoli contro-insurrezionali”.
Come dar torto all’Air Force. L’F-22 è stato progettato per eccellere in situazioni estreme di combattimento aria-aria, grazie ai suoi sistemi di difesa aerea ed al profilo stealth. Capacità superlative che gli valsero il titolo di caccia da “dominio aereo”.
Sarebbe corretto rilevare, però, che il cielo dell’Iraq non rappresenta un’ambiente con un alto livello di minaccia. Per farla breve: anche l’F-15 avrebbe potuto assolvere (e lo sta facendo) questo ruolo, senza la necessità di schierare gli esigui Raptor a disposizione. Discorso diverso, invece, per i cieli siriani, dove il governo non ha autorizzato i raid a guida USA.
La Siria è ritenuta in possesso di alcuni avanzati sistemi (acquistati dai russi) di difesa aerea che solo i Raptor potrebbero identificare ed eliminare prima di qualsiasi altro caccia alleato di quarta generazione schierato. Gli F-22, in una missione standard contro l’Isis, si limitano a scortare gli F-16, guidandoli verso i bersagli e riducendo al minimo i danni collaterali.
Appare ormai evidente: gli USA rimpiangono il momento in cui decisero la chiusura della linea Raptor. Una scelta, con il senno di poi, ritenuta totalmente errata e basata sua una caduca tranquillità mondiale. Certo, dalla sua entrata in servizio il Raptor non ha mai affrontato un caccia russo o cinese, ma l’aver chiuso la produzione degli F-22 è oggi considerato il più grande errore della storia del Pentagono.
Afflitto da numerosi problemi di progettazione, come quando nel 2011 l’intera flotta fu messa a terra per un problema di vertigini avvertito dai piloti (si scopri poi essere una valvola difettosa nei giubbotti dei piloti), il Raptor si è poi evoluto nel miglior caccia del mondo. Le sue capacità hanno un costo enorme: l’ultimo caccia uscito dallo stabilimento di Marietta, in Georgia, è costato ai contribuenti americani 190 milioni di dollari. Ad oggi, l’intero programma Raptor ha superato i 67 miliardi di dollari.
Pensato per essere l’erede dell’F-15 e per equipaggiare i reparti con non meno di 400 velivoli, e causa dei tagli al bilancio il numero si è poi ridotto a 187 esemplari con chiusura della linea di volo. Eppure chissà cosa sarebbe successo se nel settembre del 2006, il Congresso degli Stati Uniti non avesse votato all’unanimità il divieto di vendere a qualsiasi paese del mondo il Raptor, sancendo così la fine del programma.
Molti paesi, come Israele, Giappone ed Australia per esempio, non ebbero scelta ed optarono per l’F-35 (da alcuni ritenuto all’epoca “la versione a basso costo del Raptor”).
L’F-22 Raptor è stato progettato per 8000 ore di volo con una resistenza della cellula progettata per trent’anni. Sarà sostituito nel 2030 da una piattaforma di sesta generazione. Considerando che l’US Navy ha già affermato che l’F-35 sarà l’ultimo caccia con umano a bordo, tra qualche anno l’Air Force potrebbe schierare il suo fighter UAV.
Nonostante non ci siano conferme, il prototipo del caccia di sesta generazione (conosciamo già le specifiche) potrebbe già solcare i cieli in qualche base segreta americana. Se così non fosse, lo sviluppo del caccia di sesta generazione sarebbe già in ritardo.
Franco Iacch
(foto: US DoD)