F-35C, potrebbe essere sostituito da un drone: la nuova strategia aeronavale degli Stati Uniti

(di Franco Iacch)
21/10/15

“Forse sarebbe meglio dimenticare i miliardi investiti nell’F-35C e concentrare gli sforzi per creare droni assassini”. E’ quanto suggeriscono dal Center for New American Security, think-tank militare tenuto in grande considerazione dall’amministrazione Obama, in un nuovo rapporto pubblicato a firma dell’ex pilota navale Jerry Hendrix dal titolo “RETREAT FROM RANGE: The Rise and Fall of Carrier Aviation”.

Scrivono dall’istituto di ricerca indipendente “L’F-35C non sarà in grado di affrontare le minacce moderne. I progressi ottenuti dai cinesi, comportano una nuova strategia che ponga al riparo dalle armi a lunga gittata le portaerei americane. Un vettore equipaggiato con droni, sarebbe più economico da gestire e potrebbe colpire a distanze maggiore in sicurezza”.

Le portaerei americane sono il simbolo della proiezione della potenza USA nel mondo. I vettori possono operare soltanto in determinati contesti permissivi: praticamente ovunque poco dopo la guerra fredda. L’ascesa di nuove potenze, tra cui la Cina (il pensiero va al carrier killer Dong Feng-21), impongono alla Marina di operare a distanza di sicurezza. Ciò significa una limitazione alla capacità di proiezione del potere USA nel globo e la rivisitazione della strategia aeronavale americana.

Dalla seconda guerra mondiale ad oggi, i vettori americani sono stati pensati per supportare piattaforme in grado di assestare un colpo mortale contro i centri nevralgici del nemico. Dal Vietnam a Desert Storm, la marina USA ha continuato a perfezionare la sua capacità di colpire il nemico in profondità, imbarcando a bordo delle portaerei fino ad 80 velivoli multiruolo (negli anni continuamente modificati). La fine della guerra fredda, però, è considerato il punto di rottura. Iniziano ad uscire di scena piattaforme pensate per la penetrazione profonda come l’A-6 Intruder.

La decisione di cancellare anche il sostituto dell’Intruder, l’A-12 Avenger II, è oggi considerato uno degli errori più grandi della storia della marina USA. Con il ritiro del servizio dell’amatissimo Tomcat, una piattaforma missilistica per i ‘Phoenix’, la marina iniziò ad imbarcare gli F/A-18 Hornet, originariamente concepiti come caccia per il combattimento manovrato e da attacco leggero.

Analizzando la capacità di proiezione, si scopre che la marina più potente del mondo è passata da un raggio d’azione in proiezione di 800 miglia nautiche nel 1996 a 500 nel 2006. Paradossalmente, la riduzione della proiezione imbarcata USA è coincisa con l’entrata in servizio dei sistemi Anti-Access/Area Denial cinesi e con sistemi d’arma con un raggio d’azione superiore alle mille miglia nautiche.

“Considerando che i nostri vettori sono stati resi inefficaci dai sistemi difensivi in sviluppo, sarebbe opportuno investire risorse nello sviluppo di una piattaforma automatizzata, sfruttando il know-how acquisito con l’X-47B. Maggiore autonomia, potenza, raggio d’azione ed armi innovative, combinate con un drone a lungo raggio, conferirebbero ai vettori americani, la supremazia anche nel prossimo futuro”.

“Tale aereo non sarebbe economico. Un sistema da combattimento imbarcato senza pilota potrebbe costare anche 175 milioni di dollari ad esemplare, ma potrebbe essere quello più conveniente”.

Secondo le specifiche elaborate, il drone dovrebbe avere il doppio (se non il triplo) del raggio d’azione di un F-35C, maggiore capacità di carico e resistenza. Inoltre, mentre l’F-35C trascorrerà la sua vita operativa in simbiosi con la sua controparte umana, l’UCAS potrebbe essere utilizzato soltanto per le operazioni di combattimento e spostato da vettore all’altro senza limitazioni.

“Sei squadroni UCAS (90-110 velivoli), potrebbero sostituire tutti i caccia della flotta USA. Il risparmio in termini di costi per l’intera durate del programma UCAS rispetto a quello previsto per l’F-35C va dai 54 ai 170 miliardi di dollari”.

Le opzioni

Opzione A - Due squadroni Super Hornet (24 velivoli), due squadroni Joint Strike Fighter (20 caccia) ed uno squadrone UCLASS (sei velivoli) potrebbero garantire una normale transizione verso l’FA-XX di sesta generazione, previsto tra il 2025 ed il 2030. Questa opzione ha il vantaggio di continuare il piano d'appalto previsto per piattaforme logisticamente implementate. Tuttavia, una tale forza imbarcata non sarebbe abbastanza grande da coprire l’intera zona operativa e non potrebbe operare in un contesto con un potente sistema Anti-Access/Area Denial.

Opzione B - La seconda opzione prevede la fine del programma F-35C con massiccio utilizzo delle risorse risparmiate per riaprire la linea Super Hornet. I costi relativamente bassi di gestione degli Hornet, garantirebbero alla marina USA di riformare l’intera linea di volo, non sforando i vincoli del corrente bilancio della Difesa. I Super Hornet garantirebbero costi unitari più bassi e maggiore stabilità prima della conversione nel caccia di sesta generazione.

La Marina più potente del mondo dispone di 600 caccia F/A-18C Hornet e Super Hornet, ma per soltanto 340 di essi è prevista la sostituzione con i nuovi F-35C. Come si sa, l’F-35C non raggiungerà la capacità operativa iniziale prima del 2018 con produzione che si attesterà al ritmo di venti velivoli l’anno dal 2020. Saranno necessari, però, altri due anni per raggiungere la piena capacità della piattaforma F-35C. Dalle seimila ore di volo previste, la Marina spera, grazie ad un programma di estensione della vita di servizio (SLEP), di portare almeno 150 aerei ad una vita operativa di diecimila ore (il massimo tetto fissato dal Naval Air Systems Command). Ad oggi, considerando i tagli al bilancio, la Marina ha in manutenzione tra i 65 ed i 70 F/A-18C. Gli altissimi livelli di stress cui sono sottoposti i caccia, però, hanno evidenziato preoccupanti livelli di corrosione su un numero maggiore di caccia (parliamo sempre di piattaforme che operano in mare).

Secondo una recente stima, sarebbero più di cento gli Hornet che richiederebbero urgente manutenzione. Senza dimenticare che il programma di “estensione di mezza età” per i Super Hornet si è atteso per oltre un decennio.

La classe “Dong Feng”

La classe “Dong Feng” o “Vento dell’Est” è formata da una serie di vettori balistici intercontinentali a medio e lungo raggio in servizio con la Forza Strategica Missilistica cinese.

Il nemico numero uno delle portaerei USA si chiama DF-21D, un missile balistico anti-nave multitestata MARV ritenuto in grado di affondare una portaerei. Già nel 2009, commentando il sistema, la CIA disse che “se funzionasse sarebbe assolutamente in grado di perforare ogni difesa esistente”.

La versione missilistica D del “Dong Feng-21”, vola verso il bersaglio a mach 10. L’unico modo per eludere un attacco portato da un missile da mach 10 di cui si sconosce l’esatto punto di lancio, sarebbe attraverso l’utilizzo delle contromisure elettroniche.

Il DF-21D esiste, ma sulle sue capacità reali non abbiamo alcuna conferma. Dovrebbe avere un raggio d’azione di 2500 km e sistema di guida inerziale con radar attivo nella fase terminale. Non siamo di certo davanti alla classica retorica iraniana, con strumenti di cartone venduti per vettori ultra tecnologici: la Cina rappresenta il futuro nemico per gli USA, ma ci si chiede se abbia il know how necessario per armi del genere, considerando che non ci sono prove del suo impiego su un vettore in movimento. Con i soldi necessari per costruire una portaerei, però, i cinesi potrebbero acquistare non meno di 1200 missili DF-21D.

L’evoluzione del DF-21D, il DF-26 aumenterebbe il raggio d’azione a 3600 km, ma della sua entrata in servizio non c’è traccia.

(foto: Lockheed Martin / Boeing / web)