Attriti tra Marina Militare e capitanerie di porto: meno politici e più “carabinieri”?

(di Andrea Cucco)
04/11/15

Dopo l'intervista all'ammiraglio Angrisano, ho ingenuamente considerato attenuate le tensioni relative a presunte ulteriori velleità autonomiste delle capitanerie di porto e sul loro corretto impiego in mare.

Tre diversi lettori mi hanno invitato a rivedere i discorsi tenuti alla cerimonia di passaggio delle consegne tra il vecchio ed il nuovo comandante generale delle CP, l'ammiraglio Vincenzo Melone.

L'opinione che mi sono fatto nel sentire i discorsi è semplice: la responsabilità, come troppo spesso avviene in Italia oramai, è politica.

Di fronte a tensioni all'interno di una forza armata, con precisa disciplina e gerarchia, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti non fa nulla per rasserenare gli animi ma butta benzina sul fuoco (vedi intervento del ministro).

Il governo ha ricevuto ad agosto la delega dal parlamento che per quanto attiene la “Riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato”. Il testo di legge richiede “...eliminazione delle duplicazioni organizzative, logistiche e funzionali, nonche' ottimizzazione di mezzi e infrastrutture, anche mediante forme obbligatorie di gestione associata, con rafforzamento del coordinamento tra Corpo delle capitanerie di porto e Marina militare, nella prospettiva di un'eventuale maggiore integrazione”.

Può quindi un ministro andare in direzione opposta a quanto indicato dal parlamento? Forse gli è possibile perché qualche illuminato tra i nostri legislatori ha sagacemente inserito il termine “eventuale” nel testo di legge, cosa che se nel resto del mondo sembrerebbe un arricchimento linguistico del periodo da noi lascia aperto il “dovresti, ma puoi fare anche il contrario...”

Ma non mi sorprende in fondo questa logica. E' un atteggiamento piuttosto antico della politica che come regola ha sempre seguito il celebre (fra gli addetti ai lavori) “se c'è uno spazio libero, occupalo!”. Figuriamoci quindi a rinunciare a qualche prerogativa. Ed avere alle proprie dipendenze un intero Corpo militare con notevoli competenze e funzioni non deve essere proprio indifferente.

Oggi è il 4 novembre, “Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate”. Tra i militari che vengono inquadrati in televisione ce ne sono alcuni che andrebbero presi ad esempio per il caso in questione. Sono i carabinieri.

L'Arma ha una dipendenza gerarchica dal ministero della difesa ma dipendenze funzionali da diversi altri (anche se la principale è ovviamente riferita a quello dell'interno). Ha competenze e funzioni che vanno dagli interventi in mare alla a quelli in teatri operativi lontani, da quelli a favore della tutela degli alimenti a quella ambientale. Eppure credo nessun concittadino potrà mai dubitare che un militare del Tuscania, dei NAS o un corazziere altro non sia che un carabiniere.

Perché questo non può avvenire nel nostro caso?

Perché le CP sono un Corpo della Marina e gli esempi sopracitati dei Reparti?

Il cambiamento previsto dalla legge di delega al governo è imposto da molti fattori, non ultimo quello economico. Lo stesso capo di stato maggiore della Marina potrà essere in futuro un ammiraglio della capitaneria di porto (vedi intervento).

L'ammiraglio De Giorgi è più "progressista" di un ministro di sinistra?