“Lo scopo della guerra non è morire per il proprio paese bensì fare in modo che l'altro bastardo muoia per il suo”. E noi, siamo in guerra. E per combattere il fondamentalismo, chissà quanto sarebbe stato utile avere ancora in vita uno dei più grandi strateghi militari della storia, George Patton.
Al di là dei riferimenti storici, quello che passerà alla storia come l’11 settembre parigino, conferma ancora una volta lo stato di guerra, dichiarato e persistente, in cui versa l’Occidente civilizzato (quando in realtà sappiamo che l’episodio terroristico non è localizzato). Concetto da prendere in maniera universale, quest’ultimo, perché le vittime del terrore hanno pari dignità in ogni parte del mondo.
Il mondo civilizzato è ritornato questa notte nel caos. I terroristi, le cui dinamiche saranno note nelle prossime ore, hanno colpito i simboli dell’Occidente: un teatro, uno stadio. Hanno colpito gli esempi che caratterizzano l’Occidente civilizzato rispetto le caverne dell’Afghanistan, come i ristoranti, i pub. Pianificazione quindi, nel colpire il cuore di una delle più belle capitali mondiali ed instillare la paura, componente fondamentale. E dire che poco prima che il mondo si scioccasse dal sangue parigino, in molti già iniziavano a sollevare questioni morali e di carattere giuridico sui diritti violati del boia, probabilmente eliminato poche ore fa da un drone. Ecco che allora, un certo atteggiamento occidentale, nonostante le barbarie di un individuo che amava decapitare degli indifesi, ritornava nella sua assurda iperbole: “violati i diritti di John”. Forse, Dostoevskij, vedendo le immagini di ieri sera, avrebbe messo da parte alcuni dei suoi splendidi aforismi sulla compassione.
Il problema è uno: siamo in guerra. Le trattative sono fallite, quindi sarebbe opportuno comportarsi e pensare come un paese in guerra. Che Parigi fosse ritornata in cima alla lista, dopo l’invio della De Gaulle per la lotta contro l’Isis, c’erano pochi dubbi. Sorprende, invece, la tempistica relativamente breve trascorsa tra un attentato ed un altro.
Quel piano “rosso-alfa”, scattato ieri sera dopo gli attentati, di fatto fortifica il paese concedendo massimi poteri alla carica principale di Francia che decide autonomamente limitandosi ad informare. E’ un protocollo di sicurezza che prevede l’impiego di tutte le risorse militari per proteggere i luoghi sensibili, reagire in forze in più contesti asimmetrici e chiudere le frontiere. Una sorta di autoprotezione dello Stato.
Purtroppo, quanti speravano in un discorso alle Nazioni Unite di al-Baghdadi, si dovranno ricredere. O questo è l’auspicio, considerando che altri pazzi criminali nella storia si sono seduti al tavolo delle trattative. Ma siamo in guerra, lo siamo da anni. E di certo, non si può sperare che la guerra non ci raggiunga solo perché si sta combattendo a migliaia di chilometri di distanza. Mondo scioccato, poche ore fa.
Parigi gronda sangue. Chissà cosa avranno aver provato quanti, usciti da casa per trascorrere qualche ora in allegria, si sono visti puntare un’arma automatica al cuore. Terribile solo a pensarsi. Ma l’eccezionalità di un evento terroristico, inteso tale dall’Occidente, rappresenta la normalità per i fondamentalisti.
Fino a quando la tolleranza ad oltranza potrà nascondere la nostra debolezza? Fino a quando, l’esasperato concetto di cristianità dovrà salvarli dalla risposta armata dell’Occidente? Perché la guerra o la si fa con tutti i crismi e per vincere oppure non si fa. E se decidessimo di non farla, sarebbe opportuno spegnere la tv e pensare agli affari di casa nostra. Ma ci hanno detto che dobbiamo “salvare” il mondo.
I massacri parigini, mondo scioccato. Eppure in pochi ricordano che le torture, gli omicidi di massa, gli stupri, rappresentano le pene classiche elevate da quei macabri tribunali religiosi ogni giorno. Ogni giorno. In pochi rammentano che una donna, sotto la bandiera dell’Isis, è seppellita viva se esce da casa senza un uomo. Questo è il loro ideale di libertà.
Il Boia dovrebbe essere stato eliminato nei pressi di una piazza, la stessa utilizzata dai fondamentalisti per le esecuzioni pubbliche. Il mondo è scioccato da Parigi, per quell’efferatezza dei terroristi, ma si sbaglia. Non è efferatezza, quella vista ieri sera, ma è modus operandi. Congenito, instillato, acquisito, indottrinato. Pensate che mentre mitragliavano i civili vestiti in giacca, qualcuno dei terroristi abbia provato pietà o magari avuto un rimorso di coscienza? No. Abbagliati da quella distorta idea di paradiso, hanno proceduto come niente fosse, cresciuti in quel barbaro contesto che chiamano casa. E siamo certi che qualcuno, mentre il sangue bagnava le strade di Parigi, avrà anche pensato che questi terroristi avrebbero meritato l’integrazione o la compassione, in uno dei paesi dove proprio l’integrazione è ai più alti livelli e dove c’è un corpo, La Legione Straniera, che della multirazzialità ha fatto un marchio di fabbrica.
Li chiamiamo terroristi. Quell’estremismo ideologizzato che predilige il terrore per stravolgere le coscienze del mondo libero, quell’arma sistematica che non conosce confini. E sarà solo una questione probabilistica prima che i terroristi attacchino l’Italia. Il non vederci impegnati a sganciare bombe, non ci salverà, al di là di quanto la retorica dei burocrati possa affermare. Cosa colpiranno? Il popolo, senza dubbio.
Quanto tempo passerà prima che inizieranno a fare saltare le nostre chiese e quanto tempo dovremo attendere prima di estirpare dalla terra questa piaga? Chissà. Se lo facessero davvero, si creerebbe una sorta di crociata, ma sono fin troppo intelligenti (la mano che li comanda, non gli esecutori materiali) per non spingersi fino a quel livello. Ma il popolo, quello si. Quello si può colpire, magari mentre si rilassa, magari in una piazza dove in molti non sanno cosa sia il burqa.
Integrazione. Ma ci siamo mai chiesti se vogliono essere integrati e fino a che punto il compromesso dovrebbe arrivare per far mediare le parti? Quanto ancora dovremo provare ad integrare quei fanatici indifferenti alla sacralità umana? Quante altre vite saranno spezzate nell’attesa? Il mondo libero ha assunto il ruolo di esportare la “democrazia”, non chiedendosi se i destinatari la volessero. Il mondo civilizzato si è eretto a paladino del Medio Oriente (solo per fare un esempio), non chiedendosi se quest’ultimo volesse nuovi eroi. Ed un giorno, toccherà all’Italia, paese dove continuano a giungere migranti, e dove, a volte, l’accoglienza nasconde interessi economici. Chissà.
Oggi piangiamo le vittime di Francia, dovremmo tremare al pensiero delle future vittime italiane. Perché sarà solo un questione temporale, prima o poi inizieranno ad esplodere bombe anche da noi. Solo allora, forse, capiremo di essere in guerra.