"Il Libano non è un Paese, è un messaggio" (San Giovanni Paolo II)

(di Nidaa Kalach Khoury)
04/09/14

Abbiamo avuto tante guerre, l’ultima quella del 2006, che ancora oggi non riesco a capire chi abbia vinto. Si respira sempre aria di guerra e spesso noi civili paghiamo il prezzo più alto: dal 1975 al 1990, più di 250 mila morti e nessuno riesce a spiegarci il perché???

Voglio raccontarvi quello che ho vissuto, condivido con voi una breve memoria della guerra (ci vorrebbero pagine e pagine per raccontarla per intero): ‘’harb el elgaa’’, si chiama, fra due partiti cristiani: Aoun e Geageaa, una adolescenza mai vissuta, rubata, indimenticabili momenti.

Avevo 13 anni quando tutto è cominciato. Ero nella scuola, vicino al mare, con le mie due sorelle; una bella zona, nel centro della citta di Debaye. Faceva bel tempo (lo ricordo perché, con la mia amica Celine, durante l’intervallo, avevamo fatto dei “selfie” con la sua istantanea Polaroid) e mentre eravamo in classe con la professoressa di francese, abbiamo sentito le bombe caderci proprio vicino. Guardando dalla finestra lo spettacolo delle bombe che cadevano in mare, sollevando alte colonne d’acqua era perfino divertente. Ma nella classe sopraggiunse subito il panico: alcuni piangevano, altri volevano poter tornare a casa dalla mamma; anche la professoressa era agitata perché aveva un figlio in un altro piano della scuola. Nonostante la grande confusione, Desirè, la professoressa, ci invitava a mantenere la calma: “passerà”, ripeteva, “non è la prima volta che succede”. Poi arrivò il prete dicendo che dovevamo andare giù, per maggiore sicurezza. Ho cominciato di piangere, chiamavo mia madre e le mie sorelle. Tutti gli studenti vennero riuniti al piano terra; eravamo tanti e aspettavamo che i nostri parenti venissero a prenderci per portarci a casa: con il bus della scuola non si poteva più, perché le bombe cadevano dappertutto! Quando mia madre arrivo, aveva il viso di colore giallo. Ci ha subito portato via e, guidando come un pazza la sua Peugeot 407, arrivammo presto a casa. Per fortuna la mia casa era vicina alla scuola, ma era sempre un rischio. Sentivo il rumore dei bombardamenti e vedevo spesso bombe cadere anche vicino a noi. Ad un certo punto una cadde proprio vicino alla macchina, facendoci sentire una forte pressione. Mia madre urlava di rimanere con la testa giù e io piangevo e dicevo “non voglio morire!”. In 3 minuti siamo arrivate a casa, un condominio di 4 piani, dove noi, con altre famiglie, eravamo all’ultimo piano. Tutti i vicini si erano riuniti nelle cantine, un posto per 20 persone in cui eravamo più di 50, senza acqua né cibo, senza elettricità per due giorni. Non si poteva uscire fuori perché le bombe cadevano ovunque, sia di notte che di giorno. A furia di sentire il sibilo delle bombe o le esplosioni, eravamo diventati capaci di capire di quanto la bomba ci aveva mancati e dove era andata a cadere. Si respirava appena e avevamo solo il permesso di salire al primo piano per andare alla toilette e prendere cibo. Una volta, mentre aspettavo il mio turno, ho visto cadere una bomba sull’albero di pino davanti a me, che si è trasformato in una bolla di fuoco. Pensai che la prossima bomba avrebbe sicuramente colpito il palazzo, misi la testa giù e, infatti, qualche secondo dopo il palazzo si scosse e poteri sentire il fragore dell’’impatto. La bomba aveva colpito il quarto piano, ma non il nostro appartamento. Grazie a Dio non ci furono né morti né feriti nella mia zona. Nei giorni seguenti seppi che la mia amica Celine era morta in questa sporca guerra; una bomba cadde in cucina, mente stavano mangiando. Anche la professoressa Desirè morì, nella sua macchina, mentre tornava a casa dalla scuola. Per fortuna suo figlio non era con lei.

Sono libanese e sono fiera di esserlo, perché ho vissuto momenti terribili e so apprezzare ogni giorno, e ogni giorno ringrazio Dio per essere viva e respirare. Per questo noi libanesi sappiamo bene come vivere: si vive una volta sola!!!

Non abbiamo mai stabilità nella mia terra, o posso dire anche nel medio oriente, perché i popoli arabi non hanno la stessa visione, non sono uniti. Tutto è questione di interesse: oro, oro nero…,non c’è giustizia, il potente - cioè il più ricco comanda, le parole non hanno più valore e nemmeno contano le azioni: quello che conta è solo la politica, che cambia sempre …e il popolo paga sempre il prezzo!

Sicuramente non sarà l’ultima guerra, e una nuova guerra fredda, ancora più dura, è alle porte….

Da Beirut…con pace.