(Racconto di fantasia militare)
8 aprile 2017, sala comando della base aerea di Sharyat, area di Homs,Siria
Il comandante Issam Zaheralden batte nervosamente le dita sulla malconcia scrivania in legno di cedro. E’ un uomo alto, con folti baffi neri appena ingialliti sopra al labbro a causa dell’abitudine a fumare grossi sigari libanesi come quello che tiene ora fra i denti. Di tanto in tanto assume una strana smorfia con la bocca, tentando nervosamente ma invano di creare un anello di fumo subito deformato dall’aria che discende dal grande ventilatore a pale appeso al soffitto. Dopo l’attacco missilistico di ieri che fortunatamente non ha danneggiato le strutture, questa mattina un singolo missile è atterrato come gli altri distante dalla base. Questo però, a differenza dei precedenti e per un probabile difetto di fabbricazione non è esploso, atterrando in assetto quasi orizzontale sulla pista di servizio che si trova a circa 2500 metri dalla base vera e propria; qui è scivolato per tutta la lunghezza della pista stessa andando ad arrestarsi in fondo contro un cespuglio. Il comandante sta aspettando il rientro degli artificieri incaricati di disinnescare l’ ordigno.
Con stridio di pneumatici una Uaz verde oliva frena improvvisamente e si ferma proprio di fronte alla sala comando. Due miliziani scendono e con impeto irrompono nell’ufficio del comandante.
- Missione compiuta, inshallah
- Ottimo lavoro, sergente Idris, ottimo lavoro. Se non fosse per la situazione che ben conosci ti meriteresti una licenza premio.
Il sergente Idris al-Homsi è un giovane sottufficiale arruolatosi volontario nelle truppe lealiste siriane pochi mesi fa. Inserito da subito nel reparto artificieri, non ha tuttavia ricevuto alcuna formazione ed è alla sua prima missione operativa, il che spiega l’espressione di grande orgoglio che gli illumina il volto.
- Ecco, comandante, però ….io…...io……non so…...
- Dimmi, figliolo
Con espressione incuriosita il comandante osserva l’imbarazzato subalterno che si sta sbottonando la divisa sdrucita sotto alla quale all’altezza del petto spicca un lieve rigonfiamento. Infilata delicatamente la mano sotto la giacca, il sergente estrae un piccolo fagottino verde e lo appoggia altrettanto delicatamente sulla scrivania. Il comandante Issam rimane impietrito e un silenzio di piombo scende sulla sala. Ma ecco che improvvisamente il fagottino prende forma ergendosi proprio sul bordo del tavolo.
Una voce gracchiante squarcia il silenzio:
“obiettivo mancatoOOOOHHH………. obiettivo mancatoOOOOHHH………. obiettivo mancatoOOOOHHH…….”
Dal petto gonfio di orgoglio del piccolo pappagallino verde pende malinconica una larga striscia di nastro adesivo. Il nastro reca la scritta: U.S. Navy……………….
16 aprile 2017, ponte di comando del cacciatorpediniere Lincoln, classe Mitscher, al largo delle coste egiziane
A seguito dell’ordine di avvicendamento ricevuto ieri la nave procede verso il canale di Suez con destinazione la base navale di Diego Garcia, Oceano Indiano, dove è prevista una sosta a tempo indeterminato in attesa dell’arrivo delle batterie di missili Tomahawk dotate del nuovo sistema di innesco piezoelettrico avanzato.
Il comandante Wilson, alle prese con l’ennesima fetta di pane tostato impreziosita dal consueto spesso strato di burro di arachidi, sta pregustando la lunga vacanza (i missili destinati alla nave sono ancora sulle linee di assemblaggio della Mcdonnel). Ah, il sole di Diego Garcia! Il mare turchino, la brezza leggera, i pomeriggi in ozio all’ombra delle grandi palme da cocco………
D’improvviso un marinaio irrompe come una furia nella sala di comando. E’ il tenente Frank Catozzo, addetto alla batteria missili di prua.
- Comandante, comandante, stavo osservando un passaggio di tonni quando……...là…...là…...a ore 12!
Il comandante si alza in piedi e volge lo sguardo attraverso la grande vetrata di prua. La nera sagoma di un sommergibile si staglia sulle acque a non più di due miglia di distanza.
- Mmmhhh….russo, vero?
- Credo di si.
- Cosa dicono dalla sala sonar?
- Nulla, signore. Nessuna traccia sonar. E’….è….gigantesco! Non si è mai vista una cosa simile. Almeno 300 metri! Classe non identificata. Stazza a occhio 50.000 tonnellate!
- Sono tante, Catozzo?
- Beh, tenuto conto che il peschereccio più grande di Mazara del Vallo….
- Tenente Catozzo! Non ho tempo di ascoltare queste baggianate! Assumere immediatamente l’assetto da battaglia! Tutti ai posti di combattimento! Suonare le sirene! Attivare i dispositivi di difesa elettronica!
- Perdoni signore, riterrei inutile attivare la difesa elettronica: quelli se vogliono ci sparano a vista! Premono un pulsante e……..puff! Game over….
- Allora non attiviamoli! Allarme rosso! Allarme rosso!
Avventatosi sul microfono di bordo il comandante Wilson comincia a scandire con voce solenne:
- Attenzione, attenzione! E’ il vostro comandante ammiraglio Wilson che vi parla. E’ stata avvistata un’unità non identificata a circa due miglia a ore 12. Mantenete la calma, ciascuno al proprio posto e prepararsi all’ingaggio. Comunicazione alla sala operativa: sparare tre colpi di avvertimento, ripeto, sparare tre colpi di avvertimento in direzione dell’unità nemica!
Dopo due minuti un altro marinaio irrompe nella sala. E’ il capitano Ralf O’Connor, addetto ai cannoni Mk 45 da 127 mm.
- Signore, se mi posso permettere, siamo sicuri che l’unità avvistata sia da considerarsi nemica?
- Capitano, per favore! Secondo lei quale marina può disporre di un simile….di una simile cosa? Gli egiziani forse?
- Certo che no signore, ma mica siamo in guerra con la Russia noi!
- Basta! Ho detto e ripeto: sparare tre colpi di avvertimento!
Un altro marinaio entra correndo nella sala ma scivolando sullo zerbino cade a terra. E’ il nostromo Rick Barry. Da terra dove si trova e senza rialzarsi con trono stridulo:
- Comandante, l’unità non identificata si mantiene ostinatamente in posizione perpendicolare alla nostra, prestandoci il fianco. Non è questo certo da considerarsi un assetto da ingaggio!
- BASTAAA! Chi comanda su questa nave? Per l’ultima volta: SPARARE TRE COLPI DI AVVERTIMENTO!
Dopo due minuti si avvertono distintamente tre colpi. Pochi secondi e in fronte alla prua del sommergibile si alzano in successione tre alte colonne d’acqua, ma quasi simultaneamente dal ponte del sommergibile stesso si dipartono sette lunghe scie multicolori ascendenti; le scie si innalzano inclinate verso destra sino a circa cento metri di altezza e poi ricadono terminando la corsa in acqua, così descrivendo nel cielo un arco nei colori rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto.
Il comandante Wilson, lo sguardo incollato alla vetrata mormora:
- Razzi multicolori….non ho idea di cosa….
Il nostromo in seconda Bob Cousy irrompe nella sala comando, calpestando la mano destra del nostromo Barry ancora a terra e mentre questi emette un alto gemito:
- Comandante, comandante, l’unità non identificata ci trasmette codice arcobaleno!
Lo sguardo attonito del comandante non dà adito a dubbi: il comandante stesso ignora totalmente il significato del codice. Con grande sensibilità e senza scomporsi il nostromo Cousy lo toglie d’impaccio così dettagliando:
- Il codice arcobaleno non rientra negli standard internazionali di segnalazione marittima ed è stato adottato unilateralmente dalla marina sovietica ai tempi della guerra fredda. L’unico precedente dell’utilizzo di tale codice risale al 17 di agosto del 1991. Nel tentativo di alzare il prezzo della trattativa sul disarmo allora in corso, su ordine dell’alto comando delle forze di difesa dell’Unione Sovietica e all’insaputa del presidente Gorbaciov un vecchio e rumoroso sommergibile diesel emerse al largo della foce dell’Hudson, minacciando New York. Dopo pochi istanti dal sommergibile vennero lanciati i razzi arcobaleno. La nostra difesa costiera che li stava tenendo in osservazione già da alcune ore, non sapendo interpretare la segnalazione entrò in allarme. Nei minuti che seguirono ci furono consultazioni frenetiche e qualcuno propose una ritorsione dimostrativa immediata con lancio di due missili balistici a testata nucleare su Mosca e Leningrado. Si materializzò i rischio di una guerra atomica. Fortunatamente e con grande sangue freddo il presidente George W. Bush senior si mise immediatamente in contatto tramite il telefono rosso con il suo omologo sovietico Michail Gorbaciov il quale dapprima addusse scuse vaghe e poco convincenti, poi si vide costretto a scusarsi giurando sui suoi figli che la cosa non si sarebbe più ripetuta. Si scoprì così che il codice arcobaleno segnala intenzione non ostile.
- E il caso fu chiuso….
- Non esattamente, signore. Due giorni dopo e precisamente il 19 di agosto un gruppo di alti ufficiali russi che si sentivano umiliati da quanto accaduto, guidati dal vicepresidente Janaev depose Gorbaciov trattenendolo in Crimea.
Di nuovo la porta si spalanca e l’ufficiale marconista entra trafelato agitando un foglio, calpestando per la seconda volta la mano del povero Barry il quale comincia a singhiozzare.
- Comandante, l’unità non identificata ha stabilito il contatto radio e ci manda un comunicato. Ecco qui.
“Qui sommergibile Novosibirsk, della Marina Militare della Federazione Russa in missione operativa. Abbiamo intenzioni amichevoli. Il nostro comandante ammiraglio Igor Vusky, chiede l’onore di un incontro con il vostro comandante ammiraglio Williams. A vostra risposta affermativa ne discuteremo i dettagli tecnici.”
Il colorito del comandante diviene terreo, tenta di dire qualcosa ma nemmeno un filo di voce gli esce dalla gola. Poi finalmente:
- Igor Vusky…...ma è….è…
- Si signore, è proprio lui. Il comandante in capo della flotta del Baltico. Nella marina russa è considerato un mito. A suo padre, l’ammiraglio Jurij Vusky, si ispirò John Mc Tiernan per girare “Caccia a ottobre rosso”, alla cui proiezione ci costringevano ad assistere tutte le domeniche all’Accademia. Contrariamente a quanto narrato nel film, Vusky padre non lasciò mai la madrepatria ed ora sta godendosi la vecchiaia nella sua dacia immersa nelle foreste della taiga di Arcangelo nel nord della Russia, anche se in realtà pare sia ancora in attività….
- Attività di che tipo?
- Ufficialmente è testimonial nelle iniziative di varie associazioni di animalisti. In realtà sappiamo che trascorre le giornate nella foresta al riparo da sguardi indiscreti, addestrando scoiattoli spia da impiegarsi in missioni di disturbo dietro alle linee nemiche. L’unica sua immagine di cui disponiamo è una foto scattata da un satellite spia che lo ritrae in una radura mentre, in divisa mimetica, sprona e incoraggia le truppe con un discorso. Di fronte a lui l’intera unità speciale al suo comando, perfettamente e ordinatamente allineata lo ascolta sull’attenti. Si nota la particolare e meticolosa cura posta alla coreografia: si va dai soggetti più minuscoli alti poco più di una margherita che stanno in prima fila, sino all’ultima dove si vedono scoiattoli giganteschi dall’altezza stimata di oltre settanta centimetri, si pensa ottenuti da incroci con canguri australiani. Pare che tutti indistintamente siano equipaggiati con sofisticatissime e miniaturizzate apparecchiature ricetrasmittenti.
A volte e sorprendentemente il tenente Catozzo si dimostrava grande esperto di cose militari.
- Ma….conosce anche il mio nome….allora sono famoso!
- Sappiamo che l’intelligence russa è molto efficiente. Inoltre è evidente che se cercano di stabilire un contatto con noi, fatto che definirei molto singolare, il minimo che ci si può aspettare è che conoscano vita morte e miracoli della nostra nave e di quasi tutto l’equipaggio.
- La flotta del Baltico….ma cosa ci fanno qui? E come sono entrati nel Mediterraneo?
- Verosimilmente da Gibilterra
- E i sonar non li hanno intercettati? Oltretutto lo Stretto è…. è….è così…... stretto! E questo “bestione” è così grosso!…. Devono averlo scambiato per un capodoglio….
- Probabilmente si tratta di una unità di ultima generazione appena entrata in servizio e della quale infatti non abbiamo notizie. Sembrerebbe che si siano dotati di una tecnologia stealth della quale non sappiamo ancora nulla. Forse stanno testando proprio l’invisibiltà ai nostri sistemi sonar.
- Mmmhhhh…. d’accordo. Diamo la nostra disponibilità. E speriamo in bene. A me, sembra quasi una trappola.
La trattativa via radio appare dall’inizio ardua e difficile. La prima proposta dei russi di incontrarsi sul ponte del sommergibile ottiene subito un netto rifiuto. Alla controproposta degli americani di una birra al bar “Nasser” del Cairo la controparte oppone un secco “niet”. Dopo circa tre ore i verricelli delle scialuppe della Lincoln entrano in funzione: le parti si incontreranno in mare aperto su due scialuppe con a bordo i comandanti e una scorta di dodici marinai per parte.
Il mare è solo leggermente mosso, il cielo è terso e il vento quasi assente. Le due barche sono a una decina di metri tra loro quando un grande altoparlante montato sulla prua dei russi inizia a diffondere ad alto volume le prime note della musica dell’inno della Federazione mentre l’equipaggio sull’attenti intona le parole.
- Dannazione, ecco! La solita figura di m….E noi non abbiamo nemmeno una radiolina!
- Signore, forse ce la possiamo ancora cavare. Credo di aver memorizzato nello smartphone tutti gli inni passati, presenti e futuri delle Forze Armate degli Stati Uniti.
Il sorriso e l’atteggiamento sicuro del tenente Catozzo rassicura il comandante.
- Dunque, vediamo un po’….
- Velocemente Catozzo, dobbiamo suonare l’inno appena terminano i russi!
- Si, ecco, mi sembra……...ecco….esplora file…..
- Veloce, Catozzo!
- Un attimo signore, non ho ancora fatto pratica con questo arnese…..
L’arnese in questione è un Apple di ultima generazione. Al termine di una lunga trattativa è stato acquistato un mese fa su una bancarella del porto di Beirut per 253 dollari, un vero affare. Il tenente Catozzo non ha ancora notato che la mela del logo Apple serigrafata sul coperchio della batteria presenta il tipico “morso” sul lato sinistro anziché sul destro, segno evidente che trattasi di un clone cinese.
- Cosa preferisce signore? Inno della Marina? Inno degli States? Inno…..
- Catozzo, stanno finendo!!!!!!!
Si spengono le ultime note provenienti dalla scialuppa dirimpetto; pur titubante ma con perfetto tempismo il tenente preme il tasto “Play” e improvvisamente il piccolo apparecchio comincia ad altissimo volume a diffondere le note marziali dell’inno….
“Vitti ‘na crozza suuuupra lu cannuuuniiiii…..”
Ed ecco che con inaspettata prontezza di riflessi e con quello che in termine tattico potrebbe essere definito un rapido e deciso “colpo di mano”, il comandante Williams fa volare lo sfortunato Apple in mare. Il silenzio che ne segue è rotto solo dallo sciabordìo delle onde. Nella solennità del momento il comandante Vusky prende la parola:
- E’ con grande onore che vi porto i saluti e il benvenuto a nome di tutto il popolo russo che qui rappresento. Vi porto inoltre il mio personale augurio per un sereno proseguimento della vostra attività in mare, attività che sono sicuro svolgete e svolgerete con grande professionalità ed equilibrio e che riteniamo indispensabile per la pace e la sicurezza internazionale. Spero che questo incontro sia il segnale che dia inizio a una sempre più intensa collaborazione ed amicizia tra i nostri popoli e i nostri equipaggi. E per suggellare questo evento propongo personalmente a lei, ammiraglio Williams, un brindisi nel rispetto della grande tradizione russa di ospitalità e solidarietà.
Il comandante Williams non aveva notato il piccolo tavolo in mogano sulla scialuppa dei russi sopra il quale poggiava un vassoio con una bottiglia di vodka da 500 ml. e due bicchieri già colmi. Non una goccia di vodka era stata versata grazie all’ingegnoso meccanismo giroscopico celato nella base del tavolino. Con grande maestrìa, un membro dell’equipaggio russo porge il vassoio prima al comandante americano, quindi a quello russo. Entrambi d’un fiato vuotano i bicchieri. Dopo l’applauso che ne segue l’ammiraglio Vusky prende di nuovo la parola:
- Ho ricevuto questo incarico personalmente dal presidente Vladimir Vladimirovic Putin che Vi porge i suoi più calorosi saluti. Questo incontro è stato caldamente auspicato da Sua Santità l’Arcivescovo Kirili I, patriarca della Chiesa Ortodossa di Mosca e di tutte le Russie che vi benedice e saluta. Ed è a nome di entrambi che vi prego di accettare questo modesto ricordo realizzato per l’occasione e frutto del paziente lavoro degli artigiani vetrai della regione di Smolensk.
Come per magia compare tra le mani del comandante russo uno splendido oggetto alto circa quaranta centimetri a pianta ottagonale. La struttura portante è costituita da un’intelaiatura di oro massiccio finemente cesellato; su ciascuno dei pannelli laterali a colori vivaci sono dipinti soggetti alternativamente a carattere civile (il Cremlino, il Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo, l’aurora di Murmansk, l’arboreto di Sochi) e sacro (i santi Cirillo, Metodio, Leone e Macario nell’atto di incoronare lo zar Ivan il Grande). La parte superiore si sviluppa a cuspide, anch’essa ottagonale, raffigurante un cielo stellato e termina con un piccolo anello pure in oro massiccio. La superficie di tutti i pannelli è finemente traforata, verosimilmente per permettere a una luce posta all’interno di fuoriuscire illuminando una sala e far risaltare le splendide decorazioni a smalto.
Il comandante Vusky affida l’oggetto alle mani tremanti dell’omologo americano il quale, rivolto sottovoce al tenente Catozzo:
- Questa faccenda mi ricorda tanto la storiella europea di quel cavallo di legno, il cavallo di….. di…..
Un pudore residuo gli impedisce di pronunciare la parola, in segno di rispetto per nonno Brennon e le sue note frequentazioni gli epici tempi del “Sexy bazooka” di Seul.
Il comandante russo prende commiato con queste parole:
- E’ con la gioia nel cuore che abbiamo tutti vissuto questo momento storico. Augurandovi una buona navigazione mi impegno personalmente e sin d’ora a non disturbare più la vostra missione e i vostri…..sonar.
Con sottile ironia ha aggiunto l‘ultima parola con tono smorzato e celando a malapena un malizioso sorriso.
E’ giunto il momento dell’addio. I due equipaggi sono sull’attenti e tutti salutano militarmente, tranne qualche americano che agita la manina come si vede sotto le pensiline delle stazioni ferroviarie, mentre più di una guancia è solcata dai rivoli di sincere e copiose lacrime di commozione. Mentre i motori delle scialuppe ronzando sommessamente fanno da colonna sonora alla scena kafkiana, dall’interno del prezioso oggetto smaltato fuoriesce una voce dal tono gracchiante:
“spassibahhh……...dasvidanijaahhh…….spassibaahh…….”