E poi succede che grazie a Facebook o a chissà quale altro “social” si riesce a ricontattare quello che stava nell’ufficio in fondo al corridoio dove venivano registrate le licenze demaniali. Si scambiano due parole e si scopre che ora fa l’architetto e che è rimasto in contatto con l’altro, quello un po’ strano, che invece si è dedicato alla boxe, Krav maga e a tempo perso ha fatto l’attore in una compagnia di teatro dialettale. E, come dice quella canzone di Edoardo Vianello… ”se prima eravamo in due a cantare l’hully gully, adesso siamo in tre a cantare l’hully gully”.
Per farla breve, con il sostegno della tecnologia è ora facile ricontattare i vecchi “compagni d’arme”. Quando ero piccolo, leggevo sovente, in varie riviste, trafiletti di soldati, spesso reduci di guerra, che cercavano di contattare i vecchi commilitoni. Adesso, con la nuova frontiera digitale, quelle patetiche richieste, sintonizzate sull’onda greve della nostalgia, non sono scomparse; si sono solo adeguate. E ci siamo cascati, con tutti i piedi!
Insomma, lo scorso 5 agosto, per la seconda volta e dopo 25 anni, alcuni marinai in congedo (mai dire “ex marinai” che suona grave come una bestemmia in chiesa!) si sono dati appuntamento a Genova per una allegra cena cameratesca, nell’incantevole scenario della città vecchia, quella che De Andrè dipingeva da par suo, illustrando la difficoltà, perfino per i raggi del sole del buon Dio, a penetrarne le vie.
E poi succede che si incomincia a sciorinare i ricordi, le guardie subite, da giovane recluta, le guardie e le comandate fatte perché qualcuno le deve pur fare - fosse anche la famosa guardia al bidone, guardia armata, ma rigorosamente senza caricatore! – e le guardie fatte fare, ma con moderazione, come si usava in Marina, perché l’anziano “ha già dato”. Ci si racconta di quel maresciallo che “cristonava” davanti al monitor a dimensione di “mezzo foglio A4”, fondo verde e caratteri bianchi, che è vero che gli permetteva di usare sempre lo stesso format, però, santo cielo benedetto, è vero anche che il capo della sezione demanio, il severo quanto tollerante anziano capitano di fregata, gli trovava sempre qualche errore…
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Ma se stiamo autorizzando il Comune di Sestri levante a fare i fuochi d’artificio, perché due righe sotto autorizziamo il Comune di Cogoleto?
Per non dire, poi, di quando il capo sezione, fidandosi dell’anzianità dei suoi uomini, affidava il compito di scrivere lettere indicando per sommi capi il contenuto, senza minutarne il testo.
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Mi scusi, signor Tizio, se la disturbo… il comandante mi ha chiesto di scrivere una lettera indicando questo e quello… Può darmici un’occhiata?
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Ma certo, capo1, ci mancherebbe. Mi faccia vedere. Hmmmm, credo di aver capito il succo, ma mi permette una aggiustatina alla forma?
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Faccia pure, la prego…
…e insomma, non si trasformava certamente una filastrocca per bambini in un canto della Divina commedia, ma insomma, certamente il compito poteva dirsi ben evaso.
Ci si racconta del sergente che dormiva con la testa sul tavolo per avere fatto una notte brava e che chiedeva, supplicava, di essere coperto “che poi quando saremo di guardia insieme vi faccio andare a nanna un po’ prima…”
Salta fuori la storia di quello che gestiva il turno di guardia dei sottocapi,2 e che si era appecoronato alle premure di un sottosegretario, che aveva il figlio proprio in quella caserma, stravolgendo le regole – formatesi nel tempo ed induritesi come un argine invalicabile - aveva alleggerito il turno al bamboccione. Bamboccione che non saprà mai dell’enorme quantità di sconcezze riversatesi nella sua gamella…
A parte le facezie, viene poi il momento di confrontarsi con quel che si è, ed è allora che si vede che ognuno ha compiuto la sua strada, nei più diversi settori, ma che ognuno considera l’esperienza della leva come fondamentale per la propria crescita. C’è perfino chi, a distanza di 25 anni, si dice amareggiato per non aver avuto la voglia di affrontare il corso AUC, preferendo terminare prima la leva, piuttosto che ripartire con un nuovo giro d’orologio.
C’è quello che ora lavora nell’ufficio relazioni esterne di importanti aziende e che ricorda che, alla fine, il servizio militare gli ha dato la capacità di lavorare – onestamente e duramente – anche in settori in cui la propria creatività letteraria era messa in gabbia (addetto alla gestione del database informatico!). C’è quello che adesso organizza i turni di servizio degli autisti della Società di trasporto e che allora si voleva rifiutare di lavorare con il ritmo che gli veniva imposto “perché ci sono marinai che alle 14.00 sono già in branda e io invece devo sgobbare fine al cessa lavori!”. Adesso sa che cosa rispondere a chi si lamenta per i turni: “O si fa così, oppure non si fa, e non facendo si fa pure peggio. D’altra parte, se vuoi rispondere tu, al comandante (il famoso capitano di fregata severo, eccome se era severo!), del lavoro assegnato, accomodati!”
Ci si racconta le proprie storie, ci si accorge che anche nelle disgrazie, nelle dure prove della vita, qualcuno ha sofferto più di noi, e ci si accontenta di quel che si è, si chiude il conto con quel che è passato, si è soddisfatti del poco che si ha.
Non tornerà più la leva. In una struttura ormai organizzata professionalmente, non si ha più modo di gestire i servizi con l’approssimazione che la leva offriva (e che è sempre stato il grande alibi dei molti nullafacenti-c’ho-il-posto-fisso-e chi-mi-schioda del servizio permanente). Ma è un grande peccato che i giovani non abbiano più il modo di incontrarsi in una organizzazione che, con tutti i difetti del caso, permetteva ai giovani di sentirsi parte di un grande servizio, confrontarsi con le diverse culture geografiche, le diverse abitudini e, soprattutto, insegnava che la Patria si serve in silenzio e anche con i piccoli gesti.
E poi, viene il momento di salutarsi, di promettersi un nuovo prossimo incontro. La prossima volta, però, chiedendo alla Capitaneria di Porto, la più importante d’Italia – del mondo, per noi! – di permetterci una visita, dopo tanti e tanti anni, e, magari, di concederci l’onore di una foto con il comandante e con l’adorata bandiera.
1 - In Marina, ai sottufficiali dal grado equivalente a quello di sergente maggiore e fino a quello di aiutante, competeva il titolo di “capo”.
2 - Sottocapo è il grado corrispondente al caporalmaggiore.