La vita di un militare è piena di trasferimenti. In ogni destinazione ci si arricchisce di esperienze nuove. Questa storiella riferisce di un banalissimo fatto avvenuto nei primi anni del nuovo secolo (e nuovo millennio).
Ero appena arrivato in una nuova sede e mi capita di dover telefonare ad un comando per avere informazioni circa un messaggio dal contenuto "interpretabile". Trattandosi di diverse centinaia di migliaia di euro, ritengo opportuno chiarire gli esatti termini del problema, ma faccio l’imperdonabile errore di sbagliare l'ultima cifra del numero telefonico.
Sento rispondere
Colonnello Tizio".
Ovviamente non volevo disturbare un così alto ufficiale, tanto più che i rumors che sempre circolano sui colleghi di giubba non lo quotavano nello specifico settore amministrativo, trattandosi di persona validissima in altre più nobili faccende.
Quindi soggiungo...
Signor colonnello, mi scusi, sono il maggiore Caio. La sto chiamando dal Comando XXX . Mi scusi, ho sbagliato numero, volevo parlare con il maresciallo Pinco, riguardo....
Ma mi interrompe, intimando:
Mi faccia parlare con il suo Capo Servizio"
Aggiungo.. .
Signor colonnello, se vuole riferisco al tenente colonnello Sempronio che lei vuole parlare con lui; tuttavia, ai fini del presente colloquio, qualora vi possano essere stati interferenze sulla linea che non le abbiano ben fatto udire quanto da me testé riferito, vorrei nuovamente scusarmi per il disturbo arrecato alla serenissima S.V. ribadendo, e me ne scuso ancora, di aver erroneamente digitato l'ultima cifra componendo il Suo augusto numero invece di quello dell'umile maresciallo Pinco....."
Mi faccia parlare con il tenente colonnello Rossoverde
Colonnello, mi spiace davvero di non poter soddisfare con la rapidità che Ella desidererebbe la Sua richiesta. Invano mi affaccenderei, dacché il tenente colonnello Rossoverde era il mio capo servizio nella precedente destinazione. Tuttavia mentre ora egli rimane colà destinato, io, da circa 15 giorni sono in questa nuova sede, come chiaramente ho esplicitato all'atto dell'avvio, da parte mia, ed ancora me ne scuso, di questa, se la S.V. me lo permette, amena conversazione.
Vabbè, per questa volta passi.
Colonnello, lieto di averle offerto la giornaliera possibilità di esercitare la virtù cristiana del perdono, La saluto con immutata stima e, se la S.V. non ha avuto modo di udire lo sbattito dei miei tacchi, La prego di volermi impartire l'ordine di stare sul riposo, in modo che io possa abbassare la cornetta stante che nella più rigida posizione marziale, non riesco a riporre la cornetta senza affrontare il rischio di dover - successivamente - recarmi all'ospedale militare. Con i miei più deferenti saluti, subordinatamente la saluto.
La conversazione avvenne "in viva voce" davanti a due marescialli, che nel sentirla cominciarono a credere alle cose che andavo raccontando circa la scleroticità di certi personaggi mai usciti dal ministero dopo l'accademia, avvezzi a trattare le persone - purché con anzianità inferiori e magari risicate, come allievi al primo anno di corso.Tra me e me pensai una massima che ho registrato a caratteri cubitali nel mio cervello "un vaffa ed un mannaggia non si negano a nessuno".Perciò, di quella conversazione, dopo un "mannaggia", ricordo un bel "vaffa".