Nonostante i continui proclami, da parte della politica nazionale, l’Unione Europea si è dimostrata ancora una volta inadeguata nell’affrontare una crisi internazionale di larga portata.
Quando l’Unione asserisce che la Russia ha aggredito l’Ucraina violando il Diritto Internazionale, il quale dovrebbe regolare la convivenza tra le nazioni, è giuridicamente corretto.
Quindi, una nazione che si ponesse al di fuori del conflitto attualmente in corso sceglierebbe una posizione di neutralità rispetto alle parti in lotta, in quanto secondo lo stesso Diritto, un intervento militare costituirebbe un atto di aggressione nei confronti della Russia.
Tuttavia, diversi Stati hanno deciso di inviare armi all’Ucraina, uscendo de facto dalla condizione di neutralità.
La condizione di neutralità è un istituto giuridico ben delineato nelle Relazioni Internazionali. Qualora si appoggiasse, direttamente o indirettamente, una delle parti coinvolte in un conflitto, la posizione di neutralità verrebbe meno.
Nella guerra russo-ucraina, la NATO e l’Unione Europea, hanno preso nettamente le parti dell’Ucraina. Ciò si è manifestato non solo con l’uso massiccio delle sanzioni economiche ma anche con l’invio di armamenti ai combattenti ucraini.
Con tali provvedimenti, sia la NATO che l’UE sono diventati cobelligeranti di Kiev contro la Federazione Russa.
Come detto in precedenza, la cobelligeranza occidentale non può essere motivata nemmeno dal principio di “legittima difesa” che, nel Diritto Internazionale, esprime un significato giuridico differente da quello applicato - da qualunque Codice Penale - a un singolo cittadino. Tutto ciò è motivato dalla necessità di operare una distinzione netta tra lo Ius ad bellum, ovvero il Diritto di ogni Stato di poter utilizzare la violenza al fine di tutelare i propri interessi se questi dovessero essere minacciati da un'altra entità statuale (quindi anche il diritto di difendersi se attaccati) e lo Ius in bello, ovvero il Diritto nella guerra, il quale costituisce una parte molto importante del Diritto Internazionale Pubblico: include sia le regole che, in tempo di conflitto armato proteggono le persone che non prendono o non prendono più parte alle ostilità, sia le norme che pongono limiti all'impiego di armamenti, mezzi e metodi di guerra (già previsto nella prima Convenzione di Ginevra del 1864).
In questo ambito non esiste nessuna ipotetica distinzione tra guerra “giusta” o “ingiusta” (come non esiste nessuna distinzione tra aggressore e aggredito). Infatti il Diritto Internazionale umanitario si applica a prescindere dalle cause che hanno originato le ostilità e senza nessun riguardo alle responsabilità alla base del conflitto.
Sotto lo Ius in Bello tutte le parti coinvolte in uno scontro armato godono degli stessi diritti e sono obbligati a rispettare gli stessi vincoli internazionali.
Quest’ultimo rimane efficace se riesce a svolgere la precisa funzione di “limitare” una possibile espansione (contenimento) del conflitto. Ovvero se non sussista distinzione tra aggredito e aggressore, ai fini di determinare il principio di neutralità.
Nel caso delle forniture militari agli ucraini, l’altra parte in lotta (la Russia) potrebbe adottare misure ostili nei confronti di quegli Stati che sostengono la resistenza di Kiev, nella piena conformità del Diritto Internazionale (tanto sbandierato dai politici nostrani), quale giusta rappresaglia alla violazione del principio di neutralità.
Foto: NATO / MoD Ucraina / presidenza del consiglio dei ministri