I recenti clamorosi fatti di cronaca riguardanti da una parte le indagini sulla caserma dei Carabinieri di Piacenza (la “Levante”) e dall'altra quella che ha coinvolto alcuni ufficiali di Esercito, Aeronautica e Guardia di Finanza, riguardo alcuni appalti presuntivamente truccati, destinati proprio alle Forze Armate, hanno portato numerosi lettori a chiederci un parere sul rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale con riguardo proprio ai militari, domandandosi, i suddetti, del perchè, in alcuni casi, a quanto riportato da certa stampa, non fossero ancora stati emessi, dopo diverso tempo dalla scoperta dei fatti contestati, quantomeno, dei provvedimenti cautelari o disciplinari in capo agli indagati.
Per quanto ci riguarda, siamo sempre stati garantisti nei confronti di chi, anche d’eccellenza, sia stato sottoposto a procedimento penale, per le più disparate cause, ed è quello che continueremo a fare anche in questi casi, sebbene l’evidenza delle fonti di prova sembri, in alcuni frangenti, praticamente incontrovertibile.
Ma lo facciamo nell’intimo convincimento che, da una parte, un processo mediatico non possa mai anticipare quello giudiziario (semmai, aiutarlo, attraverso un sano giornalismo d’inchiesta), dall’altro nell’altrettanto, a volte ovvia, evidenza che, spesso, indagini altisonanti si siano poi rivelate, nel tempo e secondo lo svolgersi processuale conseguitone, una “bolla di sapone”.
Peraltro, non avendo alcun documento riguardante né la prima né la seconda delle vicende citate, non potremmo, neanche lontanamente, provare a farci un’idea dell’accaduto ed ipotizzare, per puro esercizio accademico, e comunque con tutte le cautele del caso, una eventuale responsabilità in capo a qualcuno.
Ciò doverosamente premesso, e parlando quindi in linea generale, vi è da dire che il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, riguardo i militari, ha subito una radicale riforma, nel tempo.
Lo “spartiacque” è stata la c.d. legge Madia1, intervenuta nel 2015: prima di essa, infatti, nel caso in cui un militare fosse stato sottoposto a procedimento penale, il procedimento disciplinare non poteva essere promosso fino al termine del primo e, se già iniziato, doveva essere sospeso. E ciò anche se ad esso (militare) fosse stata applicata dall’autorità giudiziaria una delle misure previste dall’articolo 915, comma 1 del C.O.M. (fermo, arresto, misure cautelari coercitive limitative della libertà personale, misure cautelari interdittive o coercitive tali da impedire la prestazione del servizio, misure di prevenzione provvisorie, la cui applicazione renda impossibile la prestazione del servizio).
Con l’entrata in vigore della succitata legge, invece, è stata estesa anche ai militari la disciplina in materia prevista per gli impiegati pubblici, contenuta nel decreto legislativo n. 168 del 2001 e, più in particolare, quella di cui all’ articolo 55-ter dello stesso.
In base ad esso - ed è questa la svolta, rispetto al precedente - il procedimento disciplinare avente ad oggetto fatti in relazione ai quali stia procedendo l’autorità giudiziaria deve essere avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale.
Tale disposizione, però, subisce una deroga, laddove sussistano particolari difficoltà nell’istruttoria per l’accertamento dei fatti: l’attuale art. 1393 del Codice dell’Ordinamento Militare, modificato, per l’appunto, tenendo conto di quanto detto poc’anzi, recita infatti che, per quel che qui più interessa, “Per le infrazioni disciplinari di maggiore gravità, punibili con la consegna di rigore di cui all'articolo 1362 o con le sanzioni disciplinari di stato di cui all'articolo 1357, l'autorità competente, solo nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al militare ovvero qualora, all'esito di accertamenti preliminari, non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, promuove il procedimento disciplinare al termine di quello penale”.
Dunque, nel caso in cui i fatti contestati nel procedimento penale siano tali da comportare, anche a livello disciplinare, le sanzioni massime previste (consegna di rigore o sanzioni di stato), il procedimento che riguarderà questo secondo aspetto verrà sospeso qualora gli accertamenti dei suddetti siano di particolare complessità oppure quando, all’esito di quelli preliminari, l’amministrazione non disponga di elementi sufficienti per addivenire ad una sua valutazione propria.
Lo stesso articolo, subito dopo, afferma, ancora, che: “Il procedimento disciplinare non è comunque promosso e, se già iniziato, è sospeso fino alla data in cui l'Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che concludono il procedimento penale, ovvero del provvedimento di archiviazione, nel caso in cui riguardi atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio”, prevedendo dunque un’altra deroga importante all’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione disciplinare in capo al soggetto interessato.
Ovviamente, se, da una parte, è vero tutto quanto fin qui detto, è, altresì, da sottolineare che, nei casi succitati (sospensione o mancato avvio del procedimento disciplinare), l’Amministrazione potrà comunque, nelle more del procedimento penale, decidere di adottare la sospensione precauzionale dall'impiego di cui all'articolo 916 C.O.M.2; mentre dovrà applicare quella obbligatoria, di cui all’art. 915 C.O.M.3, nel caso in cui il militare indagato sia stato sottoposto a misura restrittiva della libertà personale, interdittiva o di altra natura, tale da rendere impossibile il servizio, con la doverosa precisazione che, comunque, mai si potrebbe parlare, in tali casi, di sanzioni ma, appunto, di misure “precauzionali”.
Se queste sono, in sintesi, alcune considerazioni tecniche che possono concorrere a far sì che qualsiasi lettore, attento e volenteroso, possa accrescere la sua conoscenza del quadro d’insieme , sotto altri aspetti occorre ribadire che, in un panorama generale che, per tanti versi, potrebbe sembrare, ed anzi essere, scoraggiante (vedasi, ad esempio, il terremoto che ha scosso la magistratura, con il caso Palamara ma anche con quello Berlusconi, e non solo), noi siamo tra quelli che non perderanno mai la fiducia nelle Istituzioni in quanto tali. Lo stesso Giovanni Falcone, che, parlando di mafia, era spesso anche molto “critico” (giustamente) nei confronti delle stesse (Istituzioni), riconosceva che, nonostante tutto, ve ne fossero di buone: “La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.
Al netto di quanto detto, occorre, certamente, che simili accadimenti servano per una attenta riflessione su eventuali riforme da compiere (criteri di avanzamento di carriera in primis: è assurdo, infatti, leggere di avanzamenti o encomi legati, a quanto pare, al numero di arresti, perché il tutto, allora, si dovrebbe valutare alla fine dei processi) o, a livello di mentalità, per ridimensionare “il carrierismo fine a sé stesso”4.
Ma, al di là dei dubbi - legittimi - che, in casi come quelli citati ma anche in altri, possano nascere pure sotto l’aspetto prettamente morale (giusto o sbagliato, ad esempio, che i vertici delle Armi coinvolte, al di là di tutto, si dimettano?), occorre rimanere saldi nelle fiducia con cui guardare ad esse (Istituzioni) e ad esse rivolgersi. Perché, a fronte di episodi che potrebbero mettere in cattiva luce intere schiere di uomini e quello che essi rappresentano, ve ne sono infiniti altri che, al contrario, pongono quegli uomini ad un altro livello rispetto a tanti, come esempio da seguire ed emulare. Certamente, di cui andare fieri. Come popolo, come Nazione.
Avendo in mente - per rimanere in tema di lotta alle mafie - le parole del Capitano Ultimo che, in un post sul suo profilo Facebook del 13 luglio scorso (anniversario della creazione dell’Arma dei Carabinieri) così scriveva: “#13luglio 1814 istituzione dell' #Arma dei #Carabinieri L' abito era turchino, in panno di lana, stivali neri, cappello alto a due punte, e la coccarda azzurra dei #Savoia sul davanti ed erano armati con l’inseparabile carabina e la spada.
Sì Siamo ancora qua, a testa alta a guardarvi negli occhi. #capitanoUltimo”.
E, come vale per i Carabinieri, vale certamente per tutte le altre Istituzioni: a testa alta, a guardare i cittadini negli occhi.
1 Legge 124/2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 del 13 agosto 2015.
2 Art. 916 Sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale: 1. La sospensione precauzionale può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso e' imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado.
3 Art. 915 Sospensione precauzionale obbligatoria: 1. La sospensione precauzionale dall'impiego e' sempre applicata nei confronti del militare se sono adottati a suo carico: a) il fermo o l'arresto; b) le misure cautelari coercitive limitative della libertà personale; c) le misure cautelari interdittive o coercitive, tali da impedire la prestazione del servizio; d) le misure di prevenzione provvisorie, la cui applicazione renda impossibile la prestazione del servizio. 2. La sospensione obbligatoria viene meno con la revoca dei provvedimenti previsti dal comma 1, salva la potestà dell'amministrazione di applicare la sospensione facoltativa ((...)), se la revoca stessa non e' stata disposta per carenza di gravi indizi di colpevolezza.
4 Vedasi l’intervista rilasciata dal procuratore militare presso la Corte d’Appello di Roma, Marco De Paolis, rinvenibile al link https://www.corriere.it/cronache/20_luglio_25/carabinieri-piacenza-procu...