È notizia apparsa in questi giorni dell'apertura di una indagine del Ministero della Difesa riguardo a quanto accaduto, lo scorso 25 Aprile, in occasione della celebrazione della Festa della Liberazione a Viterbo. Il generale Paolo Riccò, stanco delle parole offensive del segretario provinciale del’ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Enrico Mezzetti, che nel suo discorso aveva ad un certo punto iniziato a criticare duramente i soldati in missione in Afghanistan, tra cui quelli italiani, colpevoli a suo dire di aver ucciso più civili che nemici, ha abbandonato l'evento.
A tal proposito, abbiamo intervistato l’avvocato Marco Valerio Verni, esperto, tra l’altro, in diritto penale militare.
Avvocato Verni, cosa pensa, per cominciare, di quanto accaduto a Viterbo?
Penso che a Viterbo si sia consumato un altro esempio di strumentalizzazione politica di celebrazioni che dovrebbero servire a ricordare momenti importanti della nostra storia, magari anche con delle trasposizioni al presente, ma senza mai superare quel limite che trasforma tutto in intervento politico.
Anche l’ultima Via Crucis celebrata dall’attuale Papa, ad esempio, è stata criticata da più parti, essendo stata avvertita, in molti punti, più come una critica politica all’attuale Governo, soprattutto in tema di gestione dell’immigrazione, che come un ripercorrere i momenti che portarono il Figlio di Dio, Gesù Cristo, a morire per noi, per permettere la nostra salvezza.
A Viterbo, mutatis mutandis, può essere accaduto che si sia oltrepassato quel limite.
A cosa si riferisce?
A quanto sarebbe emerso dagli organi di stampa sul presidente dell’Anpi provinciale di Viterbo. Cioè dopo che il presidente dell’Anpi locale, Enrico Mezzetti, ha accusato i militari internazionali (per cui anche italiani) di aver ucciso più civili che talebani in Afghanistan, citando un report Onu.
Intanto, se il riferimento è a quello dell’”UN Assistance Mission in Afghanistan”, del 24 aprile 2019, forse esso andrebbe letto, analizzato e riportato nel suo insieme.
E, comunque, cosa c’entra con la ricorrenza della Festa della Liberazione?
Al tutto, sembrerebbe essersi aggiunto un irrituale coro “bella ciao” cantato durante la cerimonia. Non credo che questa sia una canzone istituzionale, che c’entri, formalmente, e da protocollo, con la celebrazione in questione.
Per tornare al parallelismo di cui sopra - se le cose sono andate così - mi ricorda tanto analoghe situazioni in cui dei sacerdoti, alla fine di una messa, quindi in chiesa, hanno intonato la stessa canzone.
Si stanno superando i limiti, confondendo ruoli, occasioni, circostanze. Tutto, insomma.
Il generale Riccò cosa rischia, secondo lei?
Ma, guardi: premesso che, da italiano ed ufficiale in congedo, sono molto d’accordo con l’operato del generale in questione, che peraltro ha un curriculum di tutto rispetto, a livello giuridico vorrei ricordare che il Codice dell’ordinamento miliare vieta espressamente la partecipazione di militari in uniforme a manifestazioni politiche.
L’articolo 1483 del Codice dell’Ordinamento Militare, ad esempio, rubricato “Esercizio delle libertà in ambito politico”, recita infatti che: “Le Forze armate devono in ogni circostanza mantenersi al di fuori dalle competizioni politiche. Ai militari ((che si trovino nelle condizioni di cui al comma 2 dell'articolo)) 1350, è fatto divieto di partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni ((...)) e organizzazioni politiche, nonchè di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni ((...)), organizzazioni politiche o candidati a elezioni politiche e amministrative”.
Ebbene, credo che il generale Riccò, ben interpretando la mutata situazione intervenuta sul momento, secondo cui una ricorrenza solenne e dal profilo istituzionale si fosse trasformata, “sul campo”, in altro, ossia in una manifestazione politica vera e propria, peraltro con toni molto duri contro le Forze Armate stesse, ha deciso di portare via i militari li schierati, posti sotto il suo comando.
Perché vede, al contrario mi sarei chiesto: e se, dopo quelle considerazioni sulle Forze Armate, ritenute offensive e, comunque, di natura politica, quei militari fossero rimasti lì?
Magari, tra di loro, vi erano anche dei veterani di quelle missioni, che di certo non sono state e non solo affatto facili. Li ha sottratti, per certi versi, al fuoco nemico. Come fa ogni Comandante. Peraltro, a quanto risulta, senza alzare i toni, ma con sobrietà, educazione ed eleganza.
In quel momento, quei militari rappresentavano tutte le Forze Armate: proprio quelle nate dopo la Liberazione ed il conseguente assetto costituzionale.
È evidente che, soprattutto dato il clamore, occorra capire come siano andate le cose. Ma non partendo col pregiudizio che, a sbagliare, sia stato il generale.