Ilaria Salis, insegnante di 39 anni originaria di Monza, è detenuta in Ungheria da 11 mesi, accusata di aver partecipato all'aggressione di due neonazisti durante una contromanifestazione a Budapest l'11 febbraio 2023, in occasione del "Giorno dell'onore", un raduno di gruppi di estrema destra europei.
La Procura ungherese ha richiesto per lei 11 anni di carcere, ma il suo avvocato sostiene che non ci sono prove concrete contro di lei e che l'accusa si basa su presupposti infondati, tra cui l'associazione per delinquere con altri due coimputati tedeschi.
Salis, che ha negato le accuse, si è trovata in difficoltà nel difendersi a causa della barriera linguistica e della mancata traduzione degli atti processuali, oltre a non aver avuto accesso alle immagini che costituiscono la prova principale dell'accusa. Le condizioni di detenzione descritte sono particolarmente severe, con restrizioni significative ai contatti con la famiglia e le autorità italiane, e sono state criticate per la loro durezza, paragonate a quelle riservate a terroristi internazionali.
La vicenda ha suscitato reazioni a livello internazionale, compresa la diplomazia italiana che si sta mobilitando per supportare la richiesta di trasferire Salis agli arresti domiciliari in Italia.
È una novità? Tutt'altro! Ordinario rischio per chi si trova all'estero e ha cittadinanza italiana. Perché dunque tanto clamore per questo caso?
Ne discutiamo domenica 4 febbraio alle 18.00 con alcuni connazionali: Andrea Costantino, Marco Zennaro, Ferruccio Cerruti e l'avv. Giuseppe Rossodivita.
Vi aspettiamo!