Appena terminata la fase del contenimento del morbo, celebrata la scorsa settimana con la visita di Xi Jinping a Wuhan, la Cina capitalizza il successo e offre il suo aiuto in termini di assistenza medico-sanitaria (personale e materiali) e di conoscenze.
Le testate ufficiali lo annunciano trionfalmente, dal chinadaily.com.cn nella sua global Edition1, “President backs Italy’s fight against COVID 19”; al globaltimes.cn che riporta2 con ampie note la presenza di medici cinesi in Iraq, “The goal of the visit of the Chinese expert team to Baghdad is to share the Chinese experience with their Iraqi counterparts”.
Anche l’agenzia di stampa ufficiale xinhuanet.com mentre scriviamo annuncia3 che la Cina “identifies with Italy's urgent concerns, and will send more medical expert to Italy and do its best to provide medical supplies and other assistance”.
Descrivendo una collaborazione ampia (sono in arrivo 300 fra medici e paramedici) che nel corpo dell’articolo è anche finalizzata a favorire “the construction of a Health Silk Road”, lanciando un monito sibillino a chi, anche al nostro interno, è sempre contrario a una stretta cooperazione tra i due Paesi.
Questo avviene nei giorni in cui Pechino festeggia per la prima volta un numero di casi COVID-19 inferiore a quelli degli altri paesi, preoccupandosi più dei “contagi di ritorno”, quelli causati dagli stranieri e dai cinesi emigrati che fanno rientro nel Paese, ora obbligati a una quarantena collettiva, (non, come in Occidente, fiduciaria presso il proprio domicilio) con spese a carico degli interessati.
Intanto sul versante della ricerca scientifica, i ricercatori cinesi condividono nuove scoperte: alcune utili per velocizzare la fase iniziale delle diagnosi, altre, invece, nella prospettiva di un possibile vaccino.
Tra le prime, la Cina ora “offre ai medici di tutto il mondo accesso libero a uno strumento diagnostico dotato di intelligenza artificiale per l’identificazione precoce, mediante scansione del torace, di pazienti Covid-194”.
Il sistema Tianhe-1 del National Supercomputer Center di Tianjin è in grado di effettuare lo screening di centinaia di immagini generate da tomografia computerizzata (CT) fornendo una diagnosi in circa 10 secondi che permette, con una accuratezza superiore al 80%, di separare all’istante i pazienti affetti da polmonite comune da quelli con COVID-19.
Dotato di interfaccia in lingua inglese, cui è possibile accedere tramite computer o smartphone, Tianhe-1 permette una ottima stima della probabilità che una persona abbia contratto il virus, guidando il medico in quelle aree del polmone che presentano segni indicativi della sua presenza.
Fornisce inoltre suggerimenti operativi sulla base delle esperienze pregresse e delle lezioni apprese dei medici che per per primi si sono imbattuti nella situazione clinica in esame.
Il sistema è attualmente in uso in 30 ospedali di Wuhan e in molte città della regione di Hubei.
È in grado di esaminare 300 immagini TAC in dieci secondi, a fronte dei 15 minuti che occorrerebbero a un medico esperto per fare lo stesso lavoro, dimostrandosi particolarmente utile nelle fasi crescenti della curva epidemica.
Si sospetta, infatti, che nei giorni iniziali della malattia a Wuhan, diverse migliaia di pazienti non abbiano avuto accesso alle cure proprio a causa dell’intasamento degli ospedali.
Anche per questo, la Cina vuole ora condividere con il resto del mondo Tianhe-1, che si presenta come un ulteriore strumento di quella diplomazia sanitaria di cui abbiamo riferito due giorni fa su queste pagine (v.articolo).
Sempre sul versante della ricerca, giunge conferma che il COVID-19 aggredisca il corpo anche per via oculare.
A tale conclusione sarebbero giunti medici di Pechino, dopo che un loro collega, inviato a Wuhan all’inizio dell’emergenza, è risultato contagiato nonostante avesse sempre vestito tuta e maschera di protezione.
Per comprenderne il perché, i ricercatori hanno bagnato con una soluzione contenente il virus gli occhi di due cavie riscontrandone, alcuni giorni dopo, la positività al virus.
Ulteriori ricerche hanno poi mostrato che il ceppo virale può essere stato assorbito dalla congiuntiva, lo strato che ricopre il bulbo dell’occhio e la parte interna delle palpebre, per poi viaggiare attraverso il dotto lacrimale sino al tratto superiore della gola.
Significa allora che indossare una maschera facciale non è sufficiente per proteggere le persone dal virus.
Soprattutto se, come alcuni studi (sempre) cinesi sembrerebbero confermare, COVID-19 può sopravvivere per diverso tempo anche nell’aria.