Kim Jong-un, il “Rispettato leader” della Repubblica Popolare democratica di Corea, sarebbe ancora in uno stato vegetativo senza prospettive di ripresa.
La notizia si era diffusa lo scorso 21 aprile, pubblicata dalla testata online sudcoreana NK, e subito rimbalzato in tutto il mondo dalla CNN1.
Due giorni fa, l’avvenuto decesso era stato confermato dalla vicedirettrice del canale satellitare di Hong Kong “HKSTV”, Qing Feng, con un servizio la cui singolare credibilità derivava dal fatto che a firmarlo era la nipote di un ex ministro degli Esteri di Pechino, Li Zhaoxing.
In un post su Weibo, il principale social cinese, la giornalista sosteneva “di avere fonti molto solide secondo cui le autorità di Pyongyang starebbero prendendo tempo prima di dare l'annuncio ufficiale della morte di Kim”.
Qualcosa è certamente nell’aria, pochi ma significativi indicatori che portano a desumere una fase cruciale del regime nordcoreano. Come l’arrivo la settimana scorsa2, nel “complesso presidenziale” di Wonsan del treno personale di Kim Jong Un. O quello di un team medico cinese che in queste ore starebbe supportando i colleghi nord coreani nelle difficili fasi seguite all’intervento cardiaco.
Si apre ora un momento delicato, che durerà sino a quando il processo di successione non sarà terminato.
La prima discriminante sarà capire se questa volta nella linea di sangue a prevalere non saranno considerazioni di genere, nel qual caso la più accreditata a succedere sembrerebbe essere la sorella Kim Yo Jong. Rappresenterebbe una rivoluzione copernicana per una società patriarcale e gerontocratica come quella di Pyongyang, costruita attorno al culto (maschile) delle personalità del fondatore, Kim Il-sung, di suo figlio, Kim Jong-il, nonno e padre di Kim, e del leader in carica.
Quella della successione (femminile) è al momento una questione aperta e complessa, in cui entrano in gioco più fattori, non ultimo quello dell’accettazione di una donna e per di più giovane, da parte di un popolo arretrato e rigidamente ancorato ai principi confuciani e alla suddivisione dei ruoli in seno alla società e la famiglia.
È pur vero che Kim Jong-un ha un figlio di 10 anni mai apparso in pubblico, troppo giovane per essere preso in considerazione, e un fratello più giovane, Kim Jong Chul, interessato maggiormente a suonare la chitarra e fare buona musica.
Del nipote, Kim Han Sol, si sono invece perse le tracce dopo che questi denunciò il regime, e non si sa neppure se sia ancora in vita o se il Capo Supremo gli abbia riservato la stessa sorte del fratellastro e dello zio, entrambi uccisi.
Un potenziale successore, stando a quanto riferisce l’ex n. 2 dell'ambasciata della Corea del Nord a Londra, Thae Yong Ho, oggi transfugo a Seul, potrebbe essere lo zio Kim Pyong Il, l'unico dei figli del fondatore, Kim Il Sung, ancora in vita, che è rientrato da poco nel paese dopo quattro decenni di servizio diplomatico.
La partita risulta pertanto aperta, e procedendo per esclusione dei possibili contendenti mediante un criterio di età (la giovane età del figlio e quella troppo anziana dello zio) e di attitudini (quelle del fratello poco inclini alle responsabilità di governo), una possibile soluzione potrebbe essere proprio l’investitura della sorella, al cui scopo la giovane sarebbe stata preparata.
Classe 1988 (o 1989) e formazione universitaria in Svizzera, Kim Yo Jong da tempo affianca il fratello nel cerimonie pubbliche; come sua ombra nel caso dell’incontro con Trump a Singapore (2018), o addirittura in sua vece nella cerimonia di inaugurazione delle olimpiadi invernali di Seoul (2018), durante la quale le fu riservato il posto dietro quello del vicepresidente USA Pence.
Nel 2014 fu vicedirettore del dipartimento di propaganda del partito, e dal 2017 è membro supplente del Politburo, il massimo organo dello Stato: seconda donna, dopo sua zia, a ricoprire la posizione.
Di recente, il tono e il contenuto di alcune sue affermazioni pubbliche ne hanno ritagliato peso e rango all’interno dell’apparato.
Come quando parlò di “cane spaventato che abbaia” riferendosi alle reazioni di Seul dopo il lancio di esercitazioni militari vicino al confine; o come quando affermò, a proposito dei rapporto con gli USA, che “confidiamo nel giorno in cui le relazioni tra i due paesi saranno buone come quelle tra i loro due leader, ma deve essere lasciato al tempo e bisogna vedere se può effettivamente accadere” salvo però concludere che, nel frattempo, era necessario “non perdere tempo, e diventare sempre più potenti."
In alternativa, il regime potrebbe optare per una sua reggenza pro-tempore col compito di guidare il paese e preparare il giovane nipote al ruolo di guida suprema.
In tale prospettiva, una possibile resistenza interna potrebbe giungere dalla nomenclatura militare (tutta maschile) che detiene il controllo dell’arsenale nucleare del paese, da cui dipende la sopravvivenza stessa del regime.
Ma forse non sarebbe cosi impossibile conquistarne la devozione confermandole lo status e i moltissimi privilegi di cui gode.
2https://www.38north.org/2020/04/wonsancompound042520/
Foto: web / The White House