Nei giorni scorsi il Pakistan è stato scosso da violenti scontri tra le forze dell'ordine e i sostenitori dell'ex presidente Imran Khan. I disordini sono iniziati martedì, in seguito al mandato di arresto emesso dall'Alta Corte di Giustizia del Punjab nei confronti di Khan. L'ex presidente dovrebbe comparire davanti alla Corte come imputato in un processo di corruzione per fatti risalenti al periodo della sua presidenza.
Nella notte tra martedì e mercoledì, le autorità del Punjab hanno ordinato ai Rangers, il corpo di polizia regionale, di eseguire l'arresto. Alla notizia i sostenitori di Kahn, per lo più appartenenti al suo partito, Movimento per la Giustizia del Pakistan (PTI), si sono mobilitati per impedirne la cattura, sostenendo che si tratterebbe di una congiura per escludere Khan dalle prossime elezioni.
Il culmine della tensione si è raggiunto nella serata del 15 marzo, alle ore 19 italiane, quando il tentativo dei Ranger di irrompere nella villa di Zaman Park per arrestare l'ex presidente è stato sventato dalla folla che si era schierata a protezione della villa. Ne è seguito uno scontro tra manifestanti e forze dell'ordine, con un bilancio di 29 feriti tra polizia e manifestanti.
Lo stesso Khan, scampato all'arresto, ha gettato benzina sul fuoco in un videomessaggio divulgato in serata sposando la teoria della congiura e denunciando l'intenzione dell'attuale governo e delle istituzioni pakistane di impedirgli di ricandidarsi alla presidenza. Khan ha proseguito esortando i suoi elettori a continuare a protestare contro quella che definisce una tirannia, anche nel caso fosse arrestato o persino ucciso.
Alla divulgazione del videomessaggio gli scontri si sono estesi alla capitale Islamabad e ai centri urbani più popolosi. Per arginare i disordini e limitare il coordinamento delle proteste le autorità hanno impedito l'accesso ad internet in diverse aree del paese. Dopo quasi 24 ore di scontri e ripetuti tentativi di sfondare le difese dei manifestanti, l'Alta Corte di Lahore mercoledì sera ha ordinato alla polizia di interrompere l'operazione.
Considerato l'ampio supporto popolare di cui gode il presidente, sopratutto nelle aree più abitate del paese, l'episodio rischia di inasprire il clima già teso in cui il paese si avvia alle elezioni presidenziali, previste per il prossimo ottobre. Già a gennaio le autorità avevano accusato Khan di agire irresponsabilmente dopo che i membri del suo partito, dimettendosi, avevano fatto cadere il governo delle importanti regioni del Punjab e del Khyber.
Il ministro delle Finanze alza i toni con il Fondo Monetario Internazionale
I disordini avvengono inoltre in un momento delicato per il paese dal punto di vista economico. Il Pakistan, le cui riserve di valuta straniera sono prosciugate in seguito ad una lunga crisi economica, sta trattando con il Fondo Monetario Internazionale per ricevere un prestito da 1,1 mld di dollari.
Al termine dell'ultimo incontro con le autorità pakistane, i rappresentanti del FMI hanno dichiarato di ritenere non soddisfatte le condizioni del prestito, tra cui vi sarebbe la realizzazione di riforme del sistema fiscale, lotta alla corruzione e la realizzazione di interventi infrastrutturali nelle aree più povere del paese.
Nella relazione di ieri al parlamento, il ministro delle Finanze Ishaq Dar ha acceso i toni sul tema, affermando l'FMI starebbe ritardando l'erogazione del prestito a causa del programma nucleare pakistano. Sul tema, nelle parole del ministro, il paese non sarebbe disposto a compromessi, nella salvaguardia dell'interesse nazionale.
Il ruolo del Pakistan nella regione Indo Pacifica
Se la disputa territoriale con l'India è tutt'altro che sopita, nell'ultimo decennio si è assistito ad un aumento delle relazioni con la Cina. Proprio con la presidenza Khan il Pakistan ha intensificato il partenariato nell'ambito della Belt And Road Initiative, offrendo con il corridoio Cina-Pakistan uno sbocco sull'oceano Indiano al commercio cinese. Inoltre il paese, all'indomani della presa del potere a Kabul da parte dei Talebani, resta particolarmente soggetto alla penetrazione dell'estremismo islamico.
La prospettiva di una crisi politica - in aggiunta a quella economica - mina pertanto la stabilità di un paese che, oltre ad essere una potenza nucleare, è centrale nei delicati equilibri della regione indo pacifica.